Gaspare Sturzo si candida in Sicilia: «È ancora il tempo dei liberi e forti»

Di Chiara Rizzo
29 Giugno 2012
Il nipote di don Luigi Sturzo "sale" in campo: «Da 30 anni siamo un paese dove si intrecciano malaffari, clientele, mafie e partitocrazia. La soluzione sta nella dottrina sociale della Chiesa»

In Sicilia, proprio oggi, Gaspare Sturzo, magistrato e pronipote di quel don Luigi che fondò la Dc, ha comunicato ufficialmente l’intenzione di candidarsi alle prossime elezioni regionali alla guida del movimento “Italiani liberi e forti”. L’attuale governatore della Regione, Raffaele Lombardo, il 28 luglio prossimo scioglierà la riserva su sue dimissioni, in base a ciò che accadrà a livello giudiziario per i processi che lo vedono coinvolto. Se Lombardo si dimette, le elezioni saranno indette per il prossimo ottobre.  Nel centrosinistra si profila la discesa in campo dell’ex sindaco comunista di Gela, e ora europarlamentare, Rosario Crocetta.

Gaspare Sturzo, perché scende in campo?
Noi veramente diciamo che è una salita in campo. Nella logica dei “liberi e forti” la politica è un’arte di servire il prossimo e quindi non una discesa, ma un modo di nobilitare e servire l’essere. Oggi è ancora il tempo dei liberi e forti: anzi è il tempo dei liberi e forti almeno da 30 anni, da quando cioè Enrico Berlinguer sollevò la questione morale. Da allora il paese ha fatto dei grandi passi indietro.

Che cosa intende dire?
Nell’81 Berlinguer ha indicato uno dei nostri grandi problemi, quello della questione morale appunto, ma indicando solo la responsabilità di una parte dei partiti dell’epoca, cioè Psi e Dc. Eppure sin dall’affaire Lockheed, in Italia c’era un sistema di lobby che gestivano il potere, non per la libertà delle imprese, delle famiglie, delle persone, ma per interessi di gruppi economici, oligopolistici e di potere. Berlinguer lo aveva indicato bene il problema, ma nessuno ci ha poi messo mano e il paese è andato indietro, mentre questi intrecci di interessi si sono ampliati e hanno ridotto lo spazio dell’economia, della libertà di scelta di chi eleggere, della capacità di essere rappresentati sul territorio da interessi legittimi. Basta andare a leggere la relazione della Corte dei conti di ieri per scoprire che gli appalti di beni e servizi in Italia costano il 40 per cento in più, e che questa quota è quella pagata ai sistemi malavitosi e di malaffare. E in Calabria, Sicilia, lo spread di questa quota si alza ancora di più.

Perché dice che si è ridotta la libertà di scegliere chi eleggere? Non siamo in una dittatura.
Perché il sistema è la cooptazione. Si viene eletti su parametri di fiducia personale, che con la libertà di indicazione dei cittadini hanno poco a che vedere. Come dice il filosofo Antiseri chi è stato cooptato così, è poi diventato un ascaro una volta giunto al potere e non ha portato avanti interessi imparziali, fluidi, che riguardano tutta la società. La società non conta più. Questo è il secondo passaggio della crisi politica di oggi: c’è la mancanza di apporti alla democrazia della libertà. Le leggi che prevedono soglie di sbarramento molto alte in fondo cosa ottengono se non bruciare i voti di migliaia di italiani? È questa la democrazia? La democrazia si conquista con mediazioni oscure o con la possibilità di confrontarsi con i cittadini per un progetto condiviso? Lì dove non c’è democrazia, si generano gli scontri con i sindacati, la Confindustria, il mondo dell’agricoltura che oggi vediamo quotidianamente in atto. È troppo forte lo scollamento tra l’Italia che c’è e quella che vorremmo: è allora il momento di ritrovare nell’insegnamento sturziano la società che vorremmo: giovane, con una centralità della famiglia secondo il dettato costituzionale, con le imprese che si assumono la responsabilità di portare avanti il paese, con le istituzioni che si mettono a disposizione dei cittadini e delle imprese che hanno progetti leali e legali.

Anche Raffaele Lombardo aveva iniziato denunciando gli ascari che lo avevano preceduto, come ora fa lei. Lei come pensa di differenziarsi?
Andando in senso contrario a quello che ha fatto Lombardo. Se la pubblica amministrazione deve essere al servizio dei cittadini, la burocrazia deve diventare “facile” e comprensibile per tutti, e soprattutto dev’essere controllata. Non è possibile che la Sicilia abbia un tasso di utilizzo dei Fondi Fas tra i più bassi d’Europa. Prendiamo ad esempio quello che sta avvenendo per i fondi destinati alla formazione. La Corte dei conti regionale ha bocciato i bandi presentati dalla Regione perché erano stati fatti male. Eppure la Regione aveva pagato consulenze esterne con milioni di euro. Sono stati quindi fatti degli errori: ora qualcuno dovrà rispondere.

Lei si candida in Sicilia, dove in questo momento si vive una situazione drammatica, con tassi di disoccupazione altissimi e fuga dei giovani altrove. La grande vitalità ed espressione dei siciliani sembra sbaragliata dalla crisi economica e dal malgoverno. Cosa propone di fare concretamente?
È vero ci sono grandissime capacità in Sicilia, eppure moltissimi giovani sono costretti ad andare fuori. Chi rischia, deve rischiare fuori dalla Sicilia proprio per colpa di politiche clientelari. Ci vuole anzitutto un grande piano per far rientrare queste forze, questo capitale umano: un modo è l’economia del dono.

Cioè?
Chiunque lavora nel pubblico e nel privato deve entrare nella logica di donare delle ore di straordinario, per dare spazio e fare rientrare i giovani. Le imprese oggi non hanno risorse per pagare nuovi contratti e assumere. Ma, siccome nelle aziende pubbliche e private c’è tanta gente che lavora, mettere in comune un monte ore di straordinario gratuito consentirà alle imprese di recuperare forze ed energia e dunque di dare lavoro.

E lei pensa sia realistico che delle persone accettino in Sicilia di lavorare gratis?
Non è utopistico. Bisogna cercare un accordo con le associazioni datoriali e sindacali, e avere il contributo dello Stato, che dia una defiscalizzazione dello straordinario volontario e una copertura assicurativa a queste ore di lavoro. Aumentando la capacità produttiva delle imprese, con questi straordinari, le si renderà più competitive sul mercato: e qui entrerà in gioco la responsabilità dell’imprenditore che, anziché mettersi in tasca queste nuove risorse, le può reinvestire per assumere giovani. Quindi tutti i lavoratori coopereranno ad un progetto comune: questo è scritto nella dottrina sociale della Chiesa ed è il nucleo dell’insegnamento di Sturzo. Assicuro che funziona.

Don Sturzo lo aveva teorizzato all’inizio del ‘900 e ancora non è stato realizzato. Perché pensa di farcela lei?
Dobbiamo solo riattualizzare le idee. Non è stato realizzato perché Sturzo era considerato una cassandra.

Lei si candida, ma non vuole allearsi né con Pd, né con Pdl, né con Terzo polo. Però ce l’ha anche con i grillini. Eppure anche il M5s critica il sistema politico analogamente a lei. Dove sta la differenza?
L’analogia con il movimento “Italiani, liberi e forti” che rappresento, sta proprio in questo: la denuncia degli effetti del sistema, le male bestie di cui parlava don Luigi. Che sono mafia, partitocrazia, statalismo regionale, clientele. Ma bisogna assolutamente essere in grado – ecco la differenza – di risalire alle cause di queste male bestie, e trovare la cura. E la cura va trovata insieme a quella politica che pure ha delle responsabilità. Il problema è che quella forza è fatta da uomini che hanno vissuto i tempi supplementari della prima repubblica e hanno fatto “biscotto”, realizzando una “cristallizzazione” dei poteri. È giunto il momento di cambiare squadra, e anche arbitro. Vediamo se ci riusciamo noi, come laicato cattolico che vuole collaborare con il laicato “costituzionale”, desideroso di dare espressione alla nostra costituzione. Non possiamo proprio per questo però allearci con chi ha creato queste difficoltà.

Il suo movimento si sente legato a Todi? Sta nascendo una nuova Dc?
Il processo è in divenire. E noi sentiamo molto nostre le analisi e le prospettive portate avanti a Todi. È un sentire comune che ci lega. Bisogna però fare rapidamente dei passi e non attendere sempre: le regionali siciliane di ottobre, sempre che ci saranno, sembrano vicinissime, e sarebbe facile rimandare con la scusa di organizzarsi meglio. Ma cosa succede così? Il paese va avanti? Quando nel ’42 De Gasperi e Spataro si incontravano nella Roma nazi-fascista si ponevano il problema di che fare? O fecero direttamente? E noi laici cattolici, con questa bella storia alle spalle non siamo in grado di rifarlo più? Non è il nostro attendismo un modo di voltare le spalle invece all’Italia? Vogliamo guardare al territorio, alle altre associazioni e movimenti, che per comune sentire possano trovare una sintesi nel nostro progetto.

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2 commenti

  1. E. Giufa

    Mi perdoni sig.ra Rizzo,
    non ho capito bene cosa avrebbe fondato don Luigi Sturzo.

    Sarebbe così gentile da documentarmi in che modo il sacerdote di Caltagirone, fondatore del Partito Popolare Italiano fondò, invece, la DC, considerato che ne rifiutò la tessera offertagli dal Murri; tornato dall’esilio non vi aderì mai e, nominato senatore a vita dal Presidente Einaudi, aderì al gruppo misto?
    Attendo con (poca) ansia e (molta) curiosità.

    Cordiali saluti
    E. Giufa

  2. Simone Ronca

    Mi è piaciuta molto la provocazione del lavoro da “donare” infatti condivido il concetto che sia importante scardinare determinate logiche prima di tutto. Se l’ottica rimarrà quella del prendere. Non ci stupiamo di coloro che avendone l’occasione afferrano, in alti casi arraffano ed in alcuni estremi rapinano e non solo il Sud ma il mondo intero.

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