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Fumo, in arrivo nuovi divieti. Appassionata arringa difensiva di un gran gourmet del sigaro

Intervista a Francesco Minetti, presidente della Cigar Club Association: «In Italia sono rimasti tre i posti dove si può fumare senza disturbi di coscienza: il Parlamento, le carceri e i circoli privati. E casa propria, sempre che non ci vietino pure questo».

Elisabetta Longo
17/01/2015 - 3:00
Società
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Sono passati dieci anni dalla famosa legge Sirchia, che nel 2005 stravolse le abitudini dei fumatori italiani. Venne approvata nel 2003, ma il Parlamento diede due anni di tempo ai locali pubblici per entrare nell’ottica che nulla più sarebbe stato lo stesso. A distanza di dieci anni, per esempio, sono in pochi a rimpiangere il fatto che non si possa più fumare pranzando, e non è più un trauma dover uscire dal ristorante per fare una pausa “tabagista” tra una portata e l’altra. Rispetto al 2003, i dati dicono che i fumatori siano calati del 18 per cento, mentre le vendite addirittura del 25 per cento, perché magari chi fuma ancora lo fa meno di un tempo, e non solo grazie ai divieti ma anche a causa dei costi.

Con il termine “fumatori” di solito si intende gli irriducibili delle bionde, ma mentre questa fetta di popolazione cala, cresce quella degli appassionati del tabacco “vero”, fatto con cura e senza agenti chimici, quello dei sigari. Sempre più appassionati si ritrovano a fumare e degustare toscani, cubani e simili, e proprio con questo intento nel 1999 è nato il Cigar Club Association, che conta sempre più iscritti. Francesco Minetti, il presidente, racconta a tempi.it come mai sta crescendo questo tipo di interesse.

Quando nasce l’idea di dare vita a un’associazione dedicata al mondo dei sigari?
Nasce molto prima della legge Sirchia. Il nucleo originario era composto da tre amici di Bologna che sentivano l’esigenza di ritrovarsi con altri appassionati, io sono subentrato più avanti, nel 2010. Con il passare degli anni il numero dei soci (e quindi dei club nati in tutta Italia) è cresciuto fino ad arrivare a 17 associazioni. Va detto che proprio nel 2005-2006, con l’entrata in vigore della legge Sirchia, il numero si è fermato. Oggi a dieci anni di distanza da quella legge siamo arrivati a 31 club, perché l’interesse è cresciuto. Due di questi sono al di fuori dell’Italia, uno in Grecia e uno in Svizzera. Allo stesso tempo è diventato più facile il reperimento dei prodotti.

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Quando si parla di sigari si fa riferimento al cosiddetto “fumo lento”. Cosa significa esattamente?
Cambia completamente il concetto di fumare. Le sigarette si fumano per abitudine, perché si è nervosi, per fare una pausa veloce. I sigari, al contrario, si fumano quando si ha parecchio tempo, quando si vuole meditare. È la differenza che passa tra il cibo mangiato per nutrirsi e quello per piacere. Un buon sigaro si può degustare, analizzandolo sotto vari aspetti, proprio come si fa con un vino, con tecniche che insegniamo nei nostri corsi. O lo si può semplicemente gustare, vivendo un momento speciale di relax.

Molti ex fumatori di bionde passano ai sigari, cambiando così abitudini. Quali sono i sigari più apprezzati in tal senso?
Lei direbbe mai che i vini bianchi sono migliori di quelli rossi? Allo stesso modo i sigari, ma abbiamo comunque tre macro aree in cui poterli distinguere. Ci sono i cubani, i più famosi, fatti con solo cinque foglie, della stessa tipologia. I “non cubani”, con foglie miste provenienti da vari Paesi del Sudamerica e i “toscani”. Solo a parlarne mi è venuta voglia di fumare, le spiace se me ne accendo uno?

Faccia pure. Non si è mai sentito ghettizzato in quanto fumatore?
Il fumatore di sigaro si sentiva un po’ ghettizzato già da prima, perché sa che a qualcuno potrebbe dar fastidio un fumo così denso e con aroma persistente. Per dire, a casa mia mi sono fatto una stanza apposita, così da non sentire brontolii. Lo stesso cerchiamo di fare con i nostri club, ma in Italia la situazione continua a rimanere grigia.

In che senso?
Nel senso che in altri Stati, dove pure ci sono leggi sul fumo ancora più rigide delle nostre, i bar non hanno problemi a proporsi come locali per fumatori. Negli Stati Uniti, dove è proibito fumare perfino nelle zone limitrofe all’entrata dei locali, ci sono moltissimi “cigar bar”. In Italia abbiamo fatto la legge Sirchia in fretta e furia per adeguarci all’onda salutista generale, e l’abbiamo fatta male. Per come sono le cose adesso, un locale che decidesse di voler aprire un’area fumatori dovrebbe avere accorgimenti simili a quelli di una sala operatoria. Le pareti dovrebbero essere stagne, il numero di posti a sedere tra i fumatori non dovrebbe superare il 30 per cento del totale, i camerieri dovrebbero firmare una liberatoria e ci sarebbe posizionato un display per tenere il conto dei presenti aggiornato. In queste condizioni, a chi verrebbe mai voglia di accendersi un buon sigaro.

Proprio in questi giorni il ministro della Salute Beatrice Lorenzin vuole proporre un ulteriore inasprimento della legge Sirchia, vietando il fumo in automobile e magari anche nei parchi.
Come al solito partiamo dal presupposto che agli italiani manchi il buonsenso, che ci sia per forza bisogno di regole ferree. A chi verrebbe mai in mente di fumare in un’auto con un neonato? Ma perché per sgridare un genitore incosciente devo vietare a un automobilista, dopo una giornata di lavoro, di accendersi una sigaretta? Mi pare un controsenso. In Italia sono rimasti tre i posti dove si può fumare senza disturbi di coscienza: il Parlamento, le carceri e i circoli privati. E casa propria, sperando che in futuro vicino non ci vietino pure questo.

Tags: divieto fumofumolegge anti fumosigarette
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