Che cosa non ha capito della guerra chi oggi sciopera per il clima
Bruxelles. Leggendo le motivazioni dello sciopero globale per il clima che si terrà oggi anche in molte città italiane, sembra di fare un viaggio del tempo ed essere catapultati nel 2019. Già, perché i militanti di Fridays for Future sembrano non essersi accorti che nel frattempo sono avvenuti due eventi epocali come la pandemia e la guerra in Ucraina.
La crisi del clima e la guerra
Un evento, quest’ultimo, che ha segnato una cesura (e sotto molti punti di vista un punto di non ritorno per i prossimi anni) rispetto alla propaganda ambientalista. Sono bastati pochi giorni di guerra e la conseguente impennata dei prezzi dell’energia per mandare in soffitta l’intero impianto di pensiero dell’ambientalismo ideologizzato. A onor del vero, già l’impennata dei prezzi di gas ed elettricità a fine del 2021 avevano aperto il dibattito sull’opportunità di realizzare la transizione ecologica con le modalità prefissate negli anni passati, ovvero seguire solo la strada delle rinnovabili abbandonando altre fonti di energia tra cui anche il gas e il nucleare di ultima generazione.
Eppure i Fridays For Future scendono in piazza anche per protestare contro la guerra in Ucraina affermando che «la causa della crisi climatica – i combustibili fossili come il gas – è anche tra le principali cause di guerre e conflitti, e i profitti fossili finanziano dittatori e armi in tutto il mondo. Liberarci il prima possibile dalla loro dipendenza permetterà di non finanziare missili, armi e invasioni. Liberarsi da questa dipendenza crea le condizioni per una maggiore giustizia».
La debolezza energetica dell’Unione Europea
Peccato che sia esattamente l’opposto. La debolezza dell’Unione Europea nel conflitto ucraino nasce dal fatto che non siamo indipendenti energeticamente proprio perché negli ultimi anni abbiamo chiuso varie fonti energetiche tradizionali (emblematico il caso delle centrali nucleari tedesche) e perciò dipendiamo dall’import di gas dalla Russia.
La strada corretta da intraprendere è diversificare l’approvvigionamento di gas e non eliminarne l’utilizzo come chiedono i Fridays for future poiché, sebbene sia necessario aumentare l’utilizzo delle rinnovabili, da sole non sono sufficienti per garantire il nostro fabbisogno energetico e, aver chiuso negli anni passati numerosi impianti considerati inquinanti per seguire la transizione ecologica, ci ha portato a essere fragili.
Il problema delle materie prime
Il conflitto in Russia pone poi un altro problema legato all’approvvigionamento delle materie prime per garantire il passaggio a fonti di energia considerate meno inquinanti come l’elettrico poiché la Russia è uno dei principali produttori ed esportatori al mondo di nichel, fondamentale per realizzare le batterie elettriche. Una situazione che dovrebbe rappresentare un monito per l’Europa, dato che potrebbe esserci un problema analogo in futuro nel caso di uno scontro (non per forza militare) con la Cina, proprietaria delle principali miniere di litio in Africa.
Per questo è impossibile non notare le contraddizioni alla base dei ragionamento degli scioperanti per il clima che affermano: «La reazione all’attacco può consistere solo in una politica coerente di giustizia climatica che ci allontani dalla dipendenza dai fossili e dal sostegno ai regimi che su di essi costruiscono il loro potere».
L’ennesima occasione persa
Come si coniugano queste parole con la necessità di materie prime imprescindibili per realizzare le auto elettriche? E ancora, come possiamo rinunciare dalla dipendenza dai fossili se non abbiamo una valida alternativa alla luce dell’impossibilità di utilizzare le rinnovabili come unica fonte di energia? Ancora una volta alle parole e a una visione utopica della società e del tema energetico, non corrispondono i fatti e lo sciopero per l’ambiente rischia di essere l’ennesima occasione persa.
Intanto, proprio in concomitanza allo sciopero globale del clima, a Bruxelles al consiglio d’Europa si discute la proposta della Commissione europea per un piano di “sovranità energetica europea” che preveda acquisti comuni di gas e riempire gli stoccaggi per l’inverno. Se invece di ascoltare la propaganda di un certo ambientalismo fossimo andati in questa direzione già anni fa diversificando le fonti di approvvigionamento per realizzare un imprescindibile mix energetico, oggi non ci troveremmo nella situazione di dover dipendere dal gas russo.
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