Che cosa «ha cambiato per sempre la vita» di Emmanuel Faber, amministratore delegato di Danone, la famosa industria alimentare francese? Che cosa lo ha «più impressionato» e formato negli anni della sua laurea alla Hec Paris, una delle più prestigiose business school del mondo? Chi ha insegnato a un top manager francese che guadagna quasi tre milioni di euro all’anno «che si può vivere con quasi niente ed essere felici?».
«MIO FRATELLO». È stato un uomo nato nel 1965 a Grenoble, più volte internato in un ospedale psichiatrico, prima operaio addetto alle riparazioni stradali, poi laureato, ingegnere agricolo, giardiniere, menestrello di strada e casearo. «Quest’uomo è morto cinque anni fa, soccombendo alla sua schizofrenia acuta. Era mio fratello».
IL MESSAGGIO QUOTIDIANO. Faber è partito dalla storia del fratello per fare il suo augurio, metà in francese e metà in inglese, lo scorso 24 giugno, ai nuovi laureati della Hec Paris. Suo fratello non dormiva a causa della schizofrenia e così girovagava tutte le notti, diventando il migliore amico dei netturbini e di «tutta una serie di persone che voi non incontrerete mai se diventerete ciò che desiderate essere». Tutti i giorni «mi lasciava un messaggio telefonico in segreteria. Dopo aver fatto il formaggio la mattina, andava a dormire il pomeriggio di fianco a un ruscello di montagna. Quando tornava, mi chiamava e senza dire un parola metteva il telefono di fianco al fiotto dell’acqua. Io ero a parlare con il governo cinese, dall’altra parte del mondo, nel mio ufficio di Shanghai o a Parigi o a Barcellona o in Messico. Ma ogni giorno avevo quella piccola voce che mi ricordava da dove provenivo».
LA BELLEZZA DELL’ALTERITÀ. La schizofrenia del fratello ha cambiato per sempre la vita dell’amministratore delegato di Danone: «Ho dovuto imparare a negoziare con una persona che possedeva delle armi ma non la ragione. Ho dovuto imparare a cercarlo di notte per le strade della città. Ho dovuto imparare a parlare in modo folle per tenermi in contatto con lui. E ho scoperto la bellezza di quel linguaggio, la bellezza dell’alterità e mi sono dovuto aprire a tutto questo. Attraverso di lui, ho imparato ad essere amico dei senzatetto, insieme ai quali vado a dormire ogni tanto. Sono stato nelle baraccopoli di New Delhi, Mumbai, Nairobi e Jakarta. Ma anche a Aubervilliers, qui vicino, e nella giungla di Calais. Ho capito che dopo tutti questi anni di crescita, la sfida dell’economia e della globalizzazione è la giustizia sociale, senza non ci sarà più economia» e non serviranno a niente gli sforzi dei «ricchi e privilegiati come noi».
«VI LASCIO CON UNA DOMANDA». Dopo aver messo in guardia i potenziali futuri leader dell’economia e della politica francese, Faber, fervente cattolico, li ha messi in guardia da tre malattie («gloria, soldi, potere») e li ha lasciati con una domanda: «Il potere ha senso solo in uno spirito di servizio e come si può trovare la strada per raggiungere questo obiettivo, che vi farà diventare ciò che siete veramente? Quindi vi lascio con una domanda: chi è vostro fratello, chi è vostra sorella? Chi è questo piccolo fratello che magari è dentro di voi e vi conosce meglio di voi stessi? Che vi ama più di voi stessi? È questa piccola voce che dice che siete più grandi di quanto immaginiate. Chi vi porta questa voce, questa melodia a cui appartenete, che è unica, e che cambierà la sinfonia del mondo attorno a voi, tanto o poco, ma lo farà? Il mondo ha bisogno di questo e voi meritate questo. Cercate vostro fratello e vostra sorella e quando li trovate, salutatemeli. Siamo già amici. Statemi bene».
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