Folli: «Dall’interpretazione di Schengen può ripartire l’Unione europea»

Di Leone Grotti
09 Aprile 2011
L'accordo raggiunto oggi tra Italia e Francia prevede il comune pattugliamento delle coste tunisine e la riproposizione del problema immigrazione davanti a tutti gli altri paesi europei. Apertura anche sull'interpretazione di Schengen. Folli a Tempi: «Incontro positivo. Pattugliare insieme significa corresponsabilità nei confronti dell'immigrazione. Da qui può ripartire l'Unione europea»

«L’accordo tra Italia e Francia è soddisfacente per l’Italia perché si attenua la tensione dei giorni scorsi, che era pericolosa in questa situazione». Stefano Folli, editorialista del Sole 24 ore, spiega a Tempi di vedere positivamente l’incontro dell’8 aprile tra il ministro dell’Interno Roberto Maroni e il suo omologo francese Claude Gueant, che oggi si sono incontrati in prefettura a Milano.

L’accordo raggiunto tra Italia e Francia prevede, secondo il ministro francese, uno sforzo comune concordato per pattugliare le coste tunisine e bloccare la partenza di barconi. «La Francia è d’accordo a rafforzare la presenza di mezzi navali» ha detto Gueant. Maroni ha chiesto di non considerare l’immigrazione come un problema «italiano, deve essere affrontato invece a livello europeo».

Distensione anche per quanto riguarda l’interpretazione delle regole del trattato di Schengen, che, a certe condizioni, prevede che chi è in possesso di permesso di soggiorno possa circolare in tutta Europa: «Le autorità francesi – ha aggiunto Maroni – sono libere di verificare, in rapporto di leale collaborazione. Tutte le questioni potranno essere risolte».

Stefano Folli, Italia e Francia sembrano essersi chiarite sulla questione immigrati.
Il pattugliamento comune è il primo segnale di una presa di corresponsabilità sul problema dell’immigrazione da parte di un paese europeo e questo non è poco. C’è poi un altro punto molto importante.

Quale?

Viene finalmente meno la tensione tra i nostri due paesi e questo in un momento di crisi è positivo. Quello che rimane da approfondire è l’interpretazione del trattato di Schengen.

Cosa pensa delle polemiche sollevate negli ultimi due giorni?

Le regole vanno rispettate e a quanto ho capito quello che dicono i francesi non è in contraddizione con Schengen, che non è un passaporto, un lasciapassare universale, una porta spalancata. Bisogna stabilire in Europa una lettura comune del trattato, anche perché noi abbiamo bisogno dell’Europa e l’Europa ha bisogno dell’Italia. Cominciare a dare una risposta comune sull’immigrazione può passare anche attraverso una comune lettura di Schengen. Da qui può partire la comune risposta europea.

I ribelli hanno chiesto all’Italia di cominciare a bombardare le forze di Gheddafi e hanno accusato la Nato di non fare abbastanza contro le truppe del colonnello, ad esempio a Misurata.
La situazione è complessa, il ritiro americano ha portato alla luce gli aspetti più velleitari dell’intervento. Senza Usa, gli europei fanno fatica. Al di là del coordinamento tecnico-militare, manca una direzione strategica e politica. In fondo, erano sempre gli americani a decidere e noi non siamo più abituati a cavarcela da soli. Si vede tutta la debolezza politica dell’Europa. L’Italia finora è rimasta un po’ in disparte ed è positivo che l’incontro tra Franco Frattini e Hillary Clinton sia andato bene perché ci aiuta a ricollocarci.

Dovremmo rispondere positivamente alle richieste dei ribelli?

Un conto è fare come la Germania, che si è defilata fin dall’inizio, ma se stiamo nella Nato dobbiamo farlo come gli altri e adeguarci agli standard militari degli altri. Anche perché abbiamo riconosciuto il Consiglio dei ribelli contro Gheddafi. Non possiamo stare a metà del guado, dobbiamo uscire dall’isolamento e condividere l’impegno politico, economico e militare dell’alleanza.

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