Venerdì il Corriere ha organizzato una diretta dai Navigli, «ecco cosa accade dopo che ieri i giovani senza mascherina hanno fatto infuriare il sindaco Sala». Quale ragazzino sano di mente e Costituzione avrebbe osato farlo, cercare divertimento senza precauzioni piuttosto che una buona ragione per indignarsi grazie agli occhi della telecamera fissa sull’Alzaia? La risposta è: tutti quelli (nel senso solo quelli) che si sono visti nei video e nelle fotografie (sempre le stesse, teleobiettivo party) proposte dai cronisti addivanati di tutta Italia. Roba da far sembrare il conciliabolo serale delle comari di paese sotto al portichetto giornalismo d’assalto.
Dagli all’untore
A Milano si gira senza mascherina? No. Ci si assembra? No. Chi lo ha fatto ha fatto bene? No. Non pensate ai vostri morti? Sì. E proprio perché ci pensiamo ci chiediamo se, dopo oltre due mesi, la gestione di una pandemia sia davvero affidata alla nostra sola mascherina, e la strategia epidemiologica al “dagli all’untore” che sta sui Navigli semplicemente perché è consentito. E ci chiediamo un’altra cosa: Beppe Sala ha fatto un video incazzato perché «Milano ha bisogno di la-vo-ra-re e riaprire non è un vezzo ma una necessità», «e io sto dalla parte di quelle famiglie che fanno fatica arrivare a fi-ne-me-se, quelli che vanno a la-vo-ra-re, non a divertirsi», «e non permetterò che quattro scalmanati senza mascherina mettano in discussione tutto ciò», «o le cose cambiano oggi, non domani, non è un penultimatum, è un ultimatum, o io domani chiudo i Navigli», «e poi lo spiegate voi ai baristi». Davvero stiamo impiccando il destino di chi lavora al cappio di chi “va a divertirsi”?
Giochetto mediatico
Nella classifica dei capri espiatori da additare in pubblico quando la curva dei contagi tornerà a salire i milanesi che fanno l’aperitivo sui Navigli occupano un posto speciale. Col fotografo accampato sui Navigli è cominciata la Fase 1 e col fotografo accampato sui Navigli sarebbe iniziata la Fase 2. Il giochetto mediatico è sempre il solito: qualcuno fa una foto “ad altezza uomo” alle persone che dopo le sei di sera passeggiano all’aperto e bevono birre da asporto. La mancanza di profondità dello scatto fa sembrare tutti assembrati e irresponsabili. A quel punto basta pubblicarla su un social per scatenare l’indignazione generale. Giornalisti influencer che negli ultimi due mesi si sono sentiti investire del compito di guardiani del popolo iniziano a fare i sarcastici trasformando un centinaio di persone che in realtà viste dall’alto mantengono comunque le distanze in «i milanesi che non rispettano le regole».
L’opinionista virologo
Dai tweet si passa agli articoli sui giornali online e di carta: sembra che tutta Milano si sia riversata in strada a bere, toccarsi, strusciarsi, mentre il resto d’Italia stava chiuso in casa a leggere i giornali. «Non indossavano le mascherine e non rispettavano le distanze di sicurezza», scrivono i cronisti d’assalto dai loro appartamenti, invocando controlli di polizia. A quel punto è un attimo: politica e scienza non possono esimersi dal rendere pubblico un commento paternalista e agitare minacce. I media che a partire da una foto hanno lanciato l’allarme chiedono un parere all’autorevole virologo. Il quale – i quali – invece di rispondere che lui commenta solo dati ufficiali che gli arrivano dagli ospedali e dalla protezione civile, dà la sua opinione anche sulle immagini degli aperitivi sui Navigli: gravissimo, se fate così ci toccherà chiudere tutto. Quindi è il turno del sindaco eccetera.
Cosa sì, cosa no
Questo cortocircuito durerebbe meno di un Campari non fosse alimentato dal popolarissimo piacere della delazione di chi secondo noi non si comporta come dovrebbe e il saperci dalla parte giusta. Di fatto ci siamo illusi che un’emergenza servisse a spazzare via i vizi del mondo, tanto che tra le mura domestiche del lockdown sono già nate due categorie ben distinte in cui incasellare i nostri comportamenti: quelli che hanno un valore sociale e quelli che non ce l’hanno. Andare al supermercato o in farmacia, portare il cane a passeggio, cantare Bella Ciao in piazza naturalmente ce l’hanno. Riaprire bar e parrucchieri, andare a messa, portare i bambini al parco e condividere la passeggiata con un amico a un metro no.
Auguri per la Fase 3
I bar possono vendere birre, meno male che c’è ancora qualcuno che ha voglia di berle. Sapete chi compare nelle immagini incriminate? Soprattutto ventenni con le mascherine che chiacchierano a un metro di distanza l’uno dall’altro, non happy hour nella sala mensa di una Rsa. Ventenni che eseguono gli ordini. Sotto lo sguardo vigile di sceriffi con lo smartphone pronti a coglierli in fallo. Auguri per la Fase 3.
Foto Ansa