«Fa male credere male»

Di Tempi
16 Gennaio 2003
Riccardo Stagliano, “La felicità è una formula: ecco i segreti per misurarla”, la Repubblica, 7 gennaio.

Riccardo Stagliano, “La felicità è una formula: ecco i segreti per misurarla”, la Repubblica, 7 gennaio.
«La felicità si può ridurre a un’equazione il cui risultato è la somma di più elementi – sostiene la psicologa britannica Carol Rothwell -: P + (5 x E) + (3 x H)». Il valore di P si otterrebbe quantificando il proprio livello di socievolezza e adattamento; E quantificando la salute, il denaro e gli amici; il valore di H, soppesando l’autosufficienza nel realizzare desideri e progetti.

Umberto Eco, “Grandi guerre, piccole paci”, L’Espresso, 9 gennaio.
«All’inizio c’è la guerra, l’uomo è lupo per l’uomo e l’evoluzione comporta una lotta per la vita. La pace universale è come il desiderio dell’immortalità, così difficile da soddisfare che le religioni promettono l’immortalità non prima ma dopo la morte. Una piccola pace invece è come un gesto del medico che guarisce una ferita. Non una promessa d’immortalità ma almeno un modo per ritardare la morte».

Commento
Tante sono le guerre ai nostri giorni; tante le ingiustizie; tanta la violenza. Possiamo allora dire che la realtà è tutta male, la si può descrivere solo con i morti e con gli uomini malvagi? Si può dire che l’aggettivo più adatto all’uomo sia quello di “feroce”? I fatti della nostra vita personale fanno rispondere no a questa domanda, perché il bene esiste: infatti, quando si desidera, si desidera un bene che c’è, cioè qualcosa che porta al risultato positivo che cerchiamo. Invece: Umberto Eco dice che augurarsi la pace universale è proprio degli imbelli; la psicologa Rothwell pensa che essendo insaziabile il desiderio di felicità, allora tanto vale fare una specie di misurometro, che ci consoli con cifre superiori allo zero. Come dire: il massimo è dieci, io ho 7, ma di cosa mi preoccupo? Sono distante solo di tre e ho comunque superato la metà. L’uomo però, non è fatto per accontentarsi del parziale, ma è fatto per l’infinito e questo infinito va difeso. Va difeso il nostro diritto a desiderare tutto quello che è bene per noi; va difesa la nostra umanità. Nella canzone Non è più il momento, Giorgio Gaber, intelligentemente, scriveva: «Razza già finita senza neanche cominciare, razza disossata già in attesa di morire. No, non fa male credere, fa molto male credere male». Se la cultura di oggi si picca addirittura di imporci quanto desiderare, allora bisogna proprio cambiarla, per non finire nella spazzatura.

Senz’altro da leggere, questa volta, l’articolo di Umberto Galimberti
(U. Galimberti, “Nessun altro in famiglia”, D – Repubblica, 4 gennaio): «Per ridurre la violenza nelle famiglie paradossalmente bisogna creare distanza, non quella anaffettiva del disinteresse, ma quella dell’interesse all’alterità dell’altro, che genera quella curiosità mai sopita che prova gusto a scoprire i mondi diversi che ciascun componente della famiglia abita come sua casa anche se vive nella stessa casa».
In breve, dalla stampa
dal 5 al 12 gennaio 2003

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