“Everything Everywhere All at Once” meritava 7 Oscar? No

Di Simone Fortunato
14 Marzo 2023
Il film ha una trama inutilmente barocca, stordente, tutta giocata sul parossismo. Però ha incassato moltissimo, e tanto basta

Alla fine ci ho preso. Vi avevo detto che lo splendido indiano RRR era la cosa migliore che avessi visto nel 2022 e infatti il film di S. S. Rajamouli ha fatto il pieno: una nomination e una vittoria (per la miglior canzone originale che in effetti, assieme alle coreografie, è un pezzo di bravura).

Il problema è che ho sbagliato tutto il resto: ho scommesso su Gli spiriti dell’isola e su The Fabelmans che invece non hanno portato a casa nulla. Hollywood è strana e le logiche commerciali che stanno sotto agli Oscar sfuggono spesso a interpretazione puntuali, per cui non so mica dire perché Spielberg non abbia stravinto. Forse perché Spielberg ha già vinto tanto in precedenza, o forse perché il suo ultimo film (e ahimè anche il suo penultimo, West Side Story) hanno incassato pochissimo.

Caleidoscopio a flash

Ecco, le ragioni profonde degli Oscar sfuggono sempre ma se seguite i soldi, le cose saranno più chiare. Trovo Everything Everywhere All at Once un film del Katz in tutto e per tutto, a partire dal titolo astruso e per continuare nella trama, inutilmente barocca, stordente, tutta giocata sul parossismo.

Meritava i 7 premi (su 11 nomination)? No: però è un film che ha incassato ed è furbo quanto basta per giocarsi le proprie carte in Oriente come in Occidente. E forse proprio per il suo presentarsi come un caleidoscopio virtuosistico dove c’è tutto e il contrario di tutto ma solo a flash, non scontenta nessuno: 10 minuti di musical, 4 scene mélò, Michelle Yeoh che è straordinaria e mena in continuazione. Tarantino giustapposto alla Pixar; action alla Matrix che convive con il kung fu, Jackie Chan, Inception e compagnia.

Tutto e il suo contrario

È vero cinema? Sono quasi due ore e mezza di sovrapposizione senza soluzione di continuità (e spesso senza troppa logica) in cui l’impressione è che la coppia di registi abbia dato sfoggio del proprio virtuosismo, sparando però anche nel mucchio: se io faccio un classicone, pieno di dramma, morte, tristezza, tipo Spielberg, hai voglia a intercettare il pubblico postpandemico. Se invece monto in modo frenetico minuscoli frammenti di cinema, dall’horror alla fantascienza, il pubblico si allargherà.

Così è stato, ma al di là dei premi e del numero delle statuette (hanno preso 7 statuette film come Schindler’s List, Balla coi lupi, Lawrence D’Arabia), la sensazione che lascia un film come Everything Everywhere All at Once è uno stordimento dovuto all’accumulo di immagini, musiche, colori che maschera fino a un certo punto il terribile vuoto ideale che permea l’intera opera. Alla fine, infatti, non conta davvero un katz, nemmeno il Cinema, perché se può esistere tutto il contrario di tutto, in questo sistema di più universi che esistono più o meno aggrovigliati e che si annullano, allora, davvero, nulla ha senso e non ha nemmeno così senso raccontarlo.

La A24 Roma Teramo

Credo che sia centrale il lavoro del produttore, che guarda un po’ si chiama Daniel Katz che una decina di anni fa mette in piedi una piccola casa di produzione, la A24 (il cui nome, narrano la leggende, deriverebbe dalla nostra A24, la Roma-Teramo, su cui stava viaggiando il futuro produttore quando gli venne l’idea di fondare una casa di produzione cinematografica).

La A24 da piccola che era, è ora sempre più influente e ha già inanellato una serie di premi e successi prestigiosi. I 7 Oscar di Everything si accompagnano ai 2 di The Whale che producono. E, prima, le 3 statuette vinte a sorpresa per Moonlight del 2016, nell’annus horribilis degli errori commessi a danno del favoritissimo La La Land.

Tanti film da quel 2016 in avanti e tutti segnati da uno stessa modalità di approccio: confezione da film indipendente, budget medio-piccolo, grande lavoro di lancio pubblicitario. Sono prodotti A24, tra gli altri, l’ultimo film dei fratelli Coen, Macbeth, uscito direttamente su Apple Tv+ e, per il piccolo schermo, la serie Euphoria che tanto ha condizionato negli ultimi anni l’immaginario giovanile.

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