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Eutanasia, «mobilitiamoci perché la Corte non compia il passo fatale»

«O riesco a guarirti, oppure è meglio farla finita». Se la Consulta dichiarerà l’incostituzionalità dell’articolo 580 sarà il trionfo dell'onnipotenza terapeutica. E nessun parlamento potrà tornare indietro

Rodolfo Casadei
14/09/2019 - 2:30
Interni
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Marco Cappato raccoglie firme per la legalizzazione dell'eutanasia

«Su temi che riguardano tutti, il contributo culturale dei cattolici è non solo doveroso, ma anche atteso da una società che cerca punti di riferimento. Ci è chiesto infatti, come Chiesa, di andare oltre la pura testimonianza, per saper dare ragione di quello che sosteniamo». Peppino Zola scandisce bene le parole, tratte dall’intervento del presidente della Cei, il cardinale Gualtiero Bassetti, all’evento pubblico «Eutanasia e suicidio assistito. Quale dignità della morte e del morire?» promosso a Roma l’11 settembre scorso dal tavolo Famiglia e Vita, con l’adesione di 76 sigle associative del laicato cattolico. L’incontro milanese “Il diritto di essere uccisi – Verso la morte del diritto?” promosso da alcune delle 76 sigle associative che il presidente della Cei ha ringraziato a Roma (Alleanza Cattolica, Associazione Nonni 2.0, Centro culturale Rosetum, Centro studi Rosario Livatino, Esserci, Movimento Cristiano Lavoratori) è stata la prima risposta milanese alla sua autorevole indicazione. Coordinati dall’ex pro sindaco di Milano, un esponente di associazione laicale, un magistrato e un medico di terapia intensiva sono intervenuti per mettere in guardia dalla calamità che da un momento all’altro può abbattersi sulla società italiana: la legalizzazione del suicidio assistito.

LO SCACCO AL PARLAMENTO

Il prologo è noto: rispondendo a una questione di costituzionalità sollevata dalla Corte d’Assise di Milano nel processo contro Marco Cappato per agevolazione del suicidio del dj Fabiano Antonioni, la Corte costituzionale ha emesso un’ordinanza (n. 207/2018) che impone al Parlamento di legiferare in modo tale da correggere l’articolo 580 del Codice penale laddove questo chiude completamente le porte al suicidio assistito. Nel caso che il parlamento non provvedesse entro il 24 settembre p.v., in quello stesso giorno la Corte costituzionale si pronuncerà sulla costituzionalità dell’articolo 580, ed è pressoché certo, stante ciò che c’è scritto nell’ordinanza, che la norma verrà dichiarata incostituzionale. La data indicata è molto prossima, e il parlamento non ha provveduto a riformare l’articolo oggetto dell’ordinanza della Corte costituzionale. Il rischio molto concreto che si profila è che la Corte dichiari incostituzionale l’articolo e si apra un vuoto legislativo che renderebbe legale qualunque pratica di assistenza al suicidio.

DAI DESIDERI AI DIRITTI ASSOLUTI

Che fare, in una contingenza tanto drammatica? «Il nostro è il tempo di una trasformazione antropologica non riconosciuta traslata in ambito giuridico e raccontata secondo il linguaggio dei nuovi diritti», ha affermato Laura Boccenti, dirigente di Alleanza Cattolica. «Ci troviamo di fronte a una distorsione del concetto di diritto. Diritto significa tre cose: potere giuridico, norma positiva, giustizia oggettiva. Con Hobbes è iniziato il processo che ha condotto al positivismo giuridico, dove la norma vale solo perché è norma. Questo è stato rimesso in discussione dalle vicende della Seconda Guerra mondiale, quando i nazisti cercarono di giustificare gli orrori di cui erano colpevoli affermando di avere agito in base alle leggi vigenti. La revisione però non ha avuto buon esito, perché a partire dal Sessantotto al vecchio positivismo giuridico si è sostituita l’idea che i desideri debbano essere considerati diritti. Il diritto è assolutizzato come espressione del potere soggettivo, che si esprime nell’autodeterminazione. In nome della quale si richiedono tante cose, non ultima il suicidio assistito».

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«NOI MEDICI RIDOTTI AL RANGO DI TECNICI»

«Ci capita relativamente spesso di dover trattare pazienti, a volte giovani, che hanno tentato il suicidio», ha detto Tommaso Mauri, medico di rianimazione al Policlinico di Milano, «e non ho mai avuto l’impressione di trovarmi di fronte a qualcuno che aveva compiuto un atto che doveva preservare la sua dignità nella morte. Il tentativo di suicidio è l’esito di disastri umani antecedenti, di abusi vissuti. Con un eventuale provvedimento di legalizzazione del suicidio assistito, come già ora con le Dat, il medico è ridotto al rango di un tecnico. Il suicidio assistito sarebbe un atto medicalizzato: è il medico che dovrà fornire i supporti perché il paziente possa realizzarlo. Decideranno tutto giudici e pazienti, noi non potremo comportarci da medici, cioè prendere in cura il paziente e valutare le eventuali terapie: dovremo solo rendere tecnicamente possibile il suicidio». «Certo, se le sofferenze del malato diventano intollerabili, il medico deve valutare se le terapie che ha messo in atto sono proporzionate. E sono anche convinto che la vera barriera alla volontà di suicidio è un’esperienza positiva della vita. Accetterei anche un’attenuazione della sanzione penale per i parenti stretti che hanno assistito continuativamente un malato. Ma senza dimenticare che non sempre i rapporti fra familiari sono di affetto, e che in ogni caso la slippery slope, il piano inclinato scivoloso, è dietro l’angolo: in Canada e in alcuni paesi europei si sta già discutendo di “death by organ donation”, cioè di suicidio altruistico per donare organi a persone bisognose di trapianto. Queste sono prospettive agghiaccianti. Nel frattempo, in Italia le Dat hanno reso più complicato il nostro lavoro di medici che devono continuamente interrogarsi se quello che stanno facendo potrà essere impugnato; e noi medici abbiamo chiaro che la sospensione di alimentazione e idratazione, che le Dat permettono, equivale all’autorizzazione all’eutanasia: nutrizione e idratazione non sono terapie, sono sostegni vitali».

UN’ORDINANZA DA DOTTOR JEKYLL E MR HYDE

«Se l’ordinanza della Corte costituzionale fosse una sentenza da esaminare in Cassazione, andrebbe annullata per motivazione illogica e contraddittoria», ha detto provocatoriamente Alfredo Mantovano, magistrato ed ex sottosegretario agli Interni. «Nella prima parte infatti si difende la ratio dell’articolo 580, affermando che esso protegge i soggetti che presentano per vari motivi una volontà indebolita; poi però alla fine si chiede al parlamento di approvare rapidamente una legge che consenta in alcuni casi il suicidio assistito: dottor Jekyll e Mr Hyde!».

«AUTODETERMINAZIONE NON È DIGNITÀ»

«Il pensiero sottinteso è che la dignità della persona coincide con l’autodeterminazione. Ma questa non può essere illimitata: ci sono i beni indisponibili. Persino le ferie del lavoratore dipendente sono un bene indisponibile (non può rinunciarvi né chiedere che siano pagate), figuriamoci la vita umana! Autodeterminazione e dignità sono due cose diverse, la prima deve avere dei limiti, la seconda non ne ha. Si abbia allora il coraggio di dire che il suicidio assistito viene concesso come forma di autodeterminazione portata all’estremo, non si parli di dignità! Dopodiché ricordiamoci bene che questa autodeterminazione illimitata non è fine a se stessa: è finalizzata al contenimento dei costi sanitari. Le persone saranno sempre più condizionate a pensare che la loro sopravvivenza è un peso economico ed emotivo che grava sulla società e sulla loro famiglia. La qualità della vita prenderà il posto della sacralità della vita come valore più alto: sarà la qualità a decidere che cosa è umanamente dignitoso e cosa no, e perciò solo alcuni potranno permettersi di essere pienamente umani, coloro che hanno risorse. Nel momento in cui questi concetti acquisiranno valore giuridico, si apriranno scenari inquietanti».

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QUANDO VON GALEN SI È OPPOSTO A HITLER

«L’ostinazione terapeutica è presentata spesso come l’opposto dell’eutanasia, ma in realtà appartiene alla stessa famiglia culturale, quella dell’onnipotenza terapeutica: o riesco a guarirti, oppure è meglio farla finita. È la “religione della salute”, che ha preso il posto dell’etica della cura, che comporta il farsi carico anche dei malati inguaribili». «Se il 24 settembre la Corte costituzionale dichiarerà l’incostituzionalità dell’art.580 del Codice penale, si aprirà uno scenario sciagurato, che comporterà la costituzionalizzazione dell’eutanasia. L’Italia diventerà, insieme a Belgio, Olanda e Lussemburgo, il paese europeo con la normativa più permissiva. Nessun parlamento potrà modificare seriamente la situazione che si verrà a creare, perché l’azione della Corte equivarrà a una costituzionalizzazione dell’eutanasia. Dico eutanasia perché la differenza col suicidio assistito è nelle parole ma non è nella realtà: senza l’intervento di un medico il suicidio assistito non può avere luogo, dunque l’atto del medico è eutanasico. Dobbiamo tutti mobilitarci perché il 24 settembre la Corte non compia questo passo fatale. Nel 1941 il beato cardinale Von Galen denunciò il programma di eutanasia che era condotto dai nazisti sulla base dell’Aktion T-4 deliberata da Hitler e mai resa pubblica. Il regime non osò toccarlo. Se Von Galen non ha avuto paura di Hitler, noi non possiamo avere paura della Corte costituzionale italiana».

@RodolfoCasadei

Foto Ansa

Tags: fine vita
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