Esultare fa male

Di Roberto Perrone
10 Novembre 2000
Il campo degli Emiliani di Rapallo, dove si sono dipanate la gran parte delle mie gesta pallonare, aveva un muro dietro una porta e una scarpata, che poi diventava un burrone dietro l’altra

Il campo degli Emiliani di Rapallo, dove si sono dipanate la gran parte delle mie gesta pallonare, aveva un muro dietro una porta e una scarpata, che poi diventava un burrone (sotto c’era un altro campo), dietro l’altra. Esultare correndo verso un’immaginaria curva era impossibile o pericoloso. Di qualche “ospite” incauto si perdevano le tracce, specialmente se andava a festeggiare avventurandosi nella scarpata. Di lui restava un grido, un tonfo e nulla più. Il ricordo mi è tornato alla mente vedendo il povero Italiano, giocatore del Verona, espulso per essere andato sotto la curva (seconda ammonizione) dopo lo strepitoso gol all’Inter. Se fosse stato a San Siro o Marassi non lo avrebbero cacciato: molti giocatori si sono salvati perché, pur nella stessa situazione di Italiano, con la testa egualmente frollata, si sono trovati contro un’inferriata. Regola spietata, ma educativa: credo che un gol non possa far perdere il lume della ragione. Io ne facevo tanti ma, dopo due saltelli andavo ad abbracciare il mio amico Maurizio che, nove volte su dieci, era l’autore dell’ultimo decisivo passaggio. Non ho mai pianto per quelli che sparivano nella scarpata, non piango, come tanti, per un giocatore col cervello fumato, che si era dimenticato di essere stato ammonito un attimo prima.

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