
Esegesi del linguaggio iperbolico del Cav. (noia lo colga chi non ride)
Uno degli impoverimenti educativi che si mostrano a ridosso della battaglia politica si vede dalle miserie in cui è ridotto il linguaggio. Nelle fasi, come questa, di scontro è un fiorire di slogan anodini e balbettanti e di frasi fatte. Al contrario il nostro premier usa e forse abusa di metafore e iperboli. Non solo ha adottato per se stesso similitudini che vanno da Napoleone in su (e per i suoi avversari da Stalin in giù), ma ricorre spesso al suo talento da battutista. La sua risposta a Casini che invocava toni più bassi («è il proporzionale, bellezza!» citando Humphrey Bogart) è stato un capolavoro. Così come la definizione di «ossario» appiccicata a Fassino. Si tratta evidentemente di iperboli e metafore sparate al massimo. L’impoverimento non è nel suo ‘abuso’: una lingua che fa anche divertire è sviluppata, non a caso si dice che gli intellettuali della sinistra ormai siano i comici. La miseria si nota piuttosto dal fatto che tali ‘trucchi’ linguistici non vengono più percepiti come tali, e, presi seriosamente alla lettera, diventano spunto per polemiche noiose e verbose. Una ricezione povera e stizzita di un linguaggio ricco, esagerato ed esuberante è un segno più che di educazione e fair play, di diseducazione linguistica.
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