
Entusiasmo già finito per Starmer. E non avete ancora visto la finanziaria

L’ora della verità per il governo laburista di Keir Starmer, vincitore assoluto delle elezioni del 4 luglio scorso, scoccherà il 30 ottobre, quando il ministro delle Finanze Rachel Reeves presenterà la prima finanziaria del nuovo esecutivo. Ci si aspetta una manovra da 40 miliardi di sterline (47,8 miliardi di euro) fra nuove tasse e tagli di spesa che provocherà certamente critiche e proteste, ma che almeno diraderà le nebbie circa la direzione che i laburisti, tornati al governo dopo 14 anni di confinamento all’opposizione, intendono imprimere al Regno Unito.
I poco più di 100 giorni trascorsi dalle elezioni politiche sono stati un vero calvario per il nuovo premier e la sua squadra, precipitati nei sondaggi e sommersi dalle critiche dei media per una serie di iniziali passi falsi. In un sondaggio del 5-7 ottobre scorso nelle intenzioni di voto il partito laburista ha appena un punto percentuale di vantaggio sui conservatori (29 contro 28 per cento), che alle elezioni erano stati sconfitti con un divario di 10 punti (33,7 contro 23,7), mentre la popolarità di Keir Starmer è scesa addirittura al di sotto di quella dello sconfitto premier conservatore Rishi Sunak: solo il 23 per cento degli elettori approva la performance del leader laburista (contro il 28 per cento del suo avversario).
Scandaletti, faide di partito, dimissioni eccellenti
A diffondere scetticismo nell’opinione pubblica circa le capacità di Starmer e del nuovo governo sono stati inizialmente eventi che poco hanno a che fare con la sua linea politica. Sono venuti alla luce omaggi e regalie ricevuti dal primo ministro e dal suo entourage da parte del membro laburista della Camera dei Lord Waheed Alli, magnate dei media: abbigliamento per un importo di 32 mila sterline e hotel pagati per 20 mila sterline. Le elargizioni sono state viste come un tentativo di influenzare le nomine ministeriali. Pure 2.800 sterline di biglietti gratuiti a Starmer per i concerti di Taylor Swift sono finiti nel mirino, in quanto associati al trattamento che la star avrebbe ricevuto a Londra, dove era stata scortata dal corpo speciale della polizia londinese pur non avendone diritto.
L’altra vicenda che ha danneggiato l’immagine dei laburisti è quella relativa alle dimissioni (forzate) del capo di gabinetto Sue Grey, che era stata assunta nel 2023 con uno stipendio da 170 mila sterline per preparare la squadra di governo laburista in vista dell’auspicata vittoria elettorale dell’anno seguente. Il 7 ottobre scorso, appena tre mesi dopo le elezioni, la Grey è stata costretta a dimettersi. Le sue colpe sarebbero i ritardi nelle nomine della squadra di governo, i cattivi rapporti con gli amministratori comunali e regionali, l’incapacità del suo team della comunicazione di gestire la crisi determinata dalle notizie su abiti, hotel e biglietti gratuiti. I laburisti hanno dato l’impressione di un partito dilaniato dalle lotte di potere.
Il dispetto alle scuole private un danno per le statali
Il giudizio sugli atti di governo veri e propri dei laburisti nei primi 100 giorni del loro esecutivo è contrastato, ma pende dalla parte del negativo. Di Starmer è stata apprezzata la mano pesante nella gestione delle violenze a sfondo razzista seguite all’uccisione di tre bambine a Southport alla fine di luglio, l’accordo sui salari che ha messo fine allo sciopero dei medici, la sospensione della vendita di alcune armi a Israele, la soppressione del divieto di installazione di nuovi impianti eolici sulla terraferma, il progetto di legge per la rinazionalizzazione della rete ferroviaria.
Altri provvedimenti sono molto discussi. L’imposizione di un’Iva del 20 per cento sulle tasse d’iscrizione alle scuole private a partire dal 1° gennaio è contestata perché provocherà un esodo di studenti verso le scuole statali (stimato in 90 mila unità), che queste ultime avranno difficoltà a gestire, soprattutto nel caso di alunni con esigenze speciali; inoltre la data scelta per l’entrata in vigore del provvedimento provocherà grossi problemi contabili e amministrativi agli istituti, che si sarebbero evitati se la nuova tassa fosse stata introdotta a partire dal prossimo anno scolastico.
Imprese e lavoratori, «un ritorno agli anni Settanta»
Grandi proteste ha sollevato il taglio dell’indennità per il riscaldamento invernale ai pensionati, che colpirà secondo le stime 780 mila anziani: il provvedimento non compariva nel programma elettorale del partito laburista. Di quest’ultimo faceva invece parte il progetto di una legge che estendesse i diritti dei lavoratori, e questa è stata presentata il 10 ottobre scorso. Prevede aumenti del salario minimo, possibilità per i lavoratori di intentare causa contro i licenziamenti sin dall’inizio del contratto (adesso è possibile solo dopo due anni), ricorso facilitato al lavoro flessibile e ai congedi per maternità o per malattia, maggiori poteri ai sindacati che si tradurranno in maggiori entrate per il partito laburista (i sindacati versano a questo partito una quota dell’iscrizione dei membri), scioperi più facili da indire (non è più necessaria la partecipazione di almeno il 40 per cento dei lavoratori all’assemblea che li decide) e senza minimi di servizi pubblici garantiti, ore pagate ai sindacalisti che partecipano a corsi di valorizzazione della “diversità” in orario di lavoro. Anche un nuovo convertito al Labour, il miliardario ex donatore conservatore John Caudwell, ha mostrato riserve al riguardo, dichiarando alla Bbc di «non essere molto entusiasta» dei piani laburisti, che sarebbero «un vero peso per le imprese». Per i conservatori si tratta di «un ritorno agli anni Settanta».
Una bella “tassa sul lavoro”
Il probabile aumento di imposta che sta sollevando le maggiori critiche nei confronti del governo di Starmer è però quello relativo alla quota di National Insurance (versamento di contributi previdenziali) in capo ai datori di lavoro. I critici l’hanno già definito “jobs tax”, perché rappresenta un aggravio del costo del lavoro per le imprese destinato a tradursi in un congelamento dei salari e quindi in un minor potere di acquisto da parte dei lavoratori. Scrive Tim Wallace sul Daily Telegraph:
«Aumentare l’importo dei contributi previdenziali a carico dei datori di lavoro è attraente per due ragioni. In primo luogo, tira su un sacco di soldi. Ogni punto percentuale in più aggiunto al tasso attuale – che è del 13,8 per cento – porta qualcosa come 13 miliardi di sterline in più all’erario. La seconda ragione è che, nominalmente, sono i datori di lavoro a pagare di più. Ma c’è un problema. Il problema sta nel fatto che economisti, imprenditori ed esperti fiscali ammoniscono che gli aumenti dei contributi previdenziali a carico dei datori di lavoro tendono, ultimamente, ad essere pagati dai lavoratori. Aumentare il tasso dei contributi da versare aumenta il costo del lavoro e implica che i lavoratori otterranno aumenti di paga ridotti».
Ciò avverrebbe in un contesto in cui i prezzi al consumo sono superiori del 20 per cento a quelli di tre anni fa, quelli alimentari del 30 per cento, quelli per il riscaldamento del 50 per cento, mentre gli stipendi, al netto di benefit e inflazione, sono inferiori di 6 sterline alla settimana a quelli del 2021.
Investimenti in arrivo, investimenti in fuga
Per scuotersi di dosso le accuse di ostilità nei confronti del mondo dell’impresa, Starmer ha voluto organizzare un International Investment Summit che si è tenuto lunedì scorso e che ha visto la partecipazione di 200 alti esponenti del mondo della finanza e della grande industria. Le reazioni sono state piuttosto interlocutorie, stante il fatto che il summit si è svolto al buio rispetto ai contenuti della prima legge di bilancio del nuovo governo, che sarà presentata il 30 ottobre. Il primo ministro ha comunque potuto vantare impegni per 63 miliardi di sterline da parte di investitori internazionali nel settore dell’”energia verde”.
Molti di questi impegni, però, datano da prima delle elezioni che hanno visto la vittoria dei laburisti. E il summit è stato preceduto da due cattive notizie sul fronte degli investimenti esteri nel Regno Unito: l’8 ottobre il fondo sovrano di Abu Dhabi ha ritirato la sua partecipazione a Thames Water, società di servizi privata britannica responsabile della fornitura di acqua e del trattamento delle acque reflue a Londra e dintorni, denunciando l’eccesso di regolamentazione del settore: sono venuti meno 263 milioni di sterline; l’11 ottobre Dp World, società di Stato emiratina dei trasporti e dei terminali marittimi, ha bloccato un investimento da 1 miliardo di sterline nel Regno Unito dopo che il ministro dei Trasporti Louise Haigh aveva criticato la sussidiaria britannica della società per licenziamenti di massa effettuati nel 2022.
A questo punto gli occhi sono tutti puntati su Rachel Reeves, che il 30 ottobre dovrà illustrare al parlamento e alla nazione come il governo intende realizzare le cinque “missioni” che si è autoassegnato al momento della sua costituzione. Queste comprendono la crescita economica, il servizio sanitario nazionale, le “opportunità per tutti”, il contrasto alla criminalità e la transizione energetica.
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