Elogio della signora Ricucci, vittima dell’invidia dei liberal d’Italia

Di Reibman Yasha
27 Aprile 2006

Viva Anna Falchi. La moglie di Stefano Ricucci deve resistere in questi giorni al livore di un assedio che si maschera con l’ironia, ma nasconde solo un triste e antico sentimento: l’invidia. Non poter raggiungere gli oggetti dei propri desideri e volere che pertanto questi siano distrutti. Se non posso averli io, farò in modo che nessun altro possa farlo. Giornalisti, commentatori e commentatrici, maestri di costume, si sono sentiti finalmente liberi. Hanno annusato il sangue e si sono avventati sulla preda in difficoltà. Questo non avviene se un Agnelli è in difficoltà. Gli Agnelli di oggi sono degli eredi, dei nobili, la nostra famiglia reale, e non hanno la colpa di essere partiti come uno qualunque tra noi e di essere diventati invece miliardari. Ricucci sì, lui è colpevole. È arrivato dove io, tu, noi non siamo giunti. Avremmo potuto, lui lo dimostra. E non lo abbiamo fatto, lui ce lo ricorda. Colpire Anna Falchi è colpire anche Ricucci. Malignare sulla coppia in crisi, su divorzi, rotture, furbizie, un patrimonio da salvare e quindi, necessariamente, da trafugare. Tutto questo arriverà a lui. Giù botte, finalmente. Cade il compleanno di lei, nessuna migliore occasione per farle sentire il peso della colpa. Fino a impedire ai due di vedersi per i cronisti in agguato. Si può dirlo a voce alta, se lui ha fatto fortuna è perché avrà rubato, per forza, altrimenti ci sarei riuscito pure io. Poi il clamore si spegne. E si cambia argomento. Fino alla prossima preda. Forza Anna.

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