L’eliminazione dei voucher è «una mossa sbagliatissima»
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La Commissione lavoro della Camera ha deciso di abrogare gli articoli 48, 49 e 50 del Jobs Act, eliminando i voucher, i buoni lavoro utilizzati per remunerare prestazioni lavorative occasionali. Se il governo tradurrà l’emendamento in decreto, si eviterà il referendum del 28 maggio, voluto dalla Cgil che chiedeva la cancellazione dei ticket e visto con preoccupazione dal Partito democratico. Emmanuele Massagli, presidente di Adapt, definisce questa decisione «puramente politica»: «È una mossa sbagliatissima, che non si pone in alcun modo un problema tecnico. È legata alla paura per il referendum e molto probabilmente si tratta di un tatticismo in vista delle primarie».
[pubblicita_articolo allineam=”destra”]LAVORO NERO. I primi a patirne le conseguenze, secondo Massagli, «saranno i lavoratori che utilizzano i voucher perché ora si trovano senza l’unica forma regolare che consentiva loro di essere pagati per lavori saltuari. La legge può abrogare uno strumento, ma non la realtà. E dato che i lavori occasionali esistono, è un dato di fatto, ora la sola alternativa che rimane è il lavoro in nero. Per così poche ore lavorative e uno stipendio così esiguo, nessuno attiverebbe, per esempio, un lavoro part time, che costa di più solo per consulente del lavoro». I penalizzati sono soprattutto di giovani, «anche fino a 30-34 anni, perché i buoni lavoro sono largamente impiegati in settori che, per loro natura, offrono impieghi di breve durata, come il commercio, il turismo e la ristorazione. Tra gli utilizzatori dei voucher ci sono molte donne e anche stranieri impiegati soprattutto nelle attività stagionali dell’agricoltura».
I NUMERI. Bisogna poi ribadire un punto fondamentale della questione, già sottolineato in più sedi: «I buoni rappresentavano solo lo 0,3 per cento dell’ammontare delle ore lavorate in Italia. Se trasliamo il numero di voucher in numero di lavoratori a tempo pieno, ci rendiamo conto che stiamo parlando più o meno di 70 mila persone (su 22 milioni e mezzo di persone che lavorano in Italia). Invece che abrogarli, dovremmo ampliare l’utilizzo dei voucher, perché costituiscono uno strumento preziosissimo per combattere il lavoro in nero». Inizialmente, prima di deciderne l’eliminazione, si era parlato di restringerli limitandoli alle famiglie, ma «questa mossa sarebbe comunque equivalsa all’abrogazione della legge, perché i servizi alle famiglie non sono l’ambito maggiore in cui i buoni vengono utilizzati».
IL PD E LA CGIL. Considerando dunque «l’impiego ristretto dei voucher e il fatto che chi ne usufruisce guadagna all’incirca 400 euro all’anno, è chiaro che la Cgil si è accanita contro i buoni perché costituiscono un bersaglio facile. Invece, non si occupa di temi più urgenti, come i 2 milioni di lavoratori che lavorano in nero assoluto, soprattutto nel centro e sud Italia, i circa 1 milione e mezzo di precari nella pubblica amministrazione o nella scuola, o i 340 mila tirocinanti extra curriculari che continuano a passare da uno stage all’altro (una forma contrattuale molto più precaria dei voucher)». L’eliminazione dei voucher quindi è, in ultima analisi, un «danno d’immagine per il Pd che sancisce la vittoria della Cgil».
Foto Ansa
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