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Basterà una donna presidente per cambiare l’Honduras?

Domani inizia la fine del più lungo mandato presidenziale nella storia del paese centroamericano, accusato di essere diventato un narcostato. Favorita la socialista Xiomara Castro

Paolo Manzo
27/11/2021 - 6:23
Esteri
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Xiomara Castro, candidata alla presidenza dell’Honduras per Libertad y Refundacion, durante un comizio elettorale (foto Ansa)

Le elezioni di domenica 28 novembre in Honduras segneranno l’inizio della fine del più lungo mandato presidenziale nella storia del paese, quello del conservatore Juan Orlando Hernández, o più semplicemente JOH, l’acronimo con cui tutti lo conoscono a Tegucigalpa. Una figura dominante nell’impoverita nazione centroamericana, essendo stato per quattro anni (dal 2010 al 2014) a capo del Parlamento e poi, per due mandati consecutivi, presidente della Repubblica (dal 2014 al 2018 e poi dal 2018 sino alla scadenza del mandato, nel gennaio 2022).

La favorita è la candidata di sinistra

Un’anomalia, visto che in Honduras, in teoria, sarebbe vietata dalla Costituzione la rielezione. Ma soprattutto una figura molto discussa visto che la sua credibilità, sul piano internazionale e nazionale è stata fortemente indebolita dalla condanna all’ergastolo inflitta dal Tribunale degli Stati Uniti per il distretto meridionale di New York a suo fratello Juan Antonio “Tony” Hernández, nel marzo di quest’anno. I motivi della condanna al fine pena mai del fratello presidenziale? Avere portato 185 tonnellate di droga negli Stati Uniti negli ultimi dieci anni. Per i pm di New York il presidente Hernandez era un partner chiave di suo fratello “Tony”, anche se, sino ad oggi, non è stato ancora incriminato negli Stati Uniti.

«Andiamo in massa a rovesciare la dittatura». La frase è di Xiomara Castro, la candidata del partito di sinistra Libertad y Refundación che aspira a essere la prima donna a governare l’Honduras. È lei il quasi certo successore di JOH a detta di tutti i sondaggi e ha un cognome importante nella politica honduregna. Il 28 giugno 2009, suo marito, l’ex presidente Manuel Zelaya, era stato infatti spodestato ed espulso dal paese dalle forze armate, arrestato da casa sua sotto la minaccia di una pistola mentre era in pigiama. Da allora, la Castro ha cercato la presidenza due volte. Quella di domenica prossima sarà la terza.

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I sondaggi la danno avanti con ampio margine, con il 38 per cento delle intenzioni di voto. Gli altri due candidati, il filogovernativo Nasry Asfura e l’ex detenuto Yani Rose Senthal, candidato del Partito Liberale, hanno invece meno del 20 per cento. Ma nulla è certo in un Honduras abituato alle anomalie. «Una donna è necessaria per gestire i fondi con trasparenza. Diremo no alla corruzione», ha proclamato la Castro qualche giorno fa.

Il «socialismo democratico» di Castro

Un discorso molto populista ma, del resto, “fare la morale” è diventato un luogo comune nel paese centroamericano. Gli otto anni di presidenza di Juan Orlando Hernández sono stati segnati dagli scandali. I suoi critici dicono che ha trasformato l’Honduras in un narcostato, con i cartelli della droga che hanno diretto acceso alle stanze del potere. Il tentacolare schema criminale che ha portato all’ergastolo negli Stati Uniti di suo fratello, del resto, ha fatto sì che JOH e il suo entourage siano da anni sotto inchiesta a New York, dove sono accusati di contrabbando di cocaina in Honduras. La Castro sostiene che, se vince, porterà avanti un governo di “riconciliazione” e “perdono”, anche se non chiarisce chi ne beneficerà. Promette anche di ricostruire l’Honduras sulla base del “socialismo democratico”.

Questa parola, socialismo, provoca tuttavia il panico tra un’élite molto conservatrice. «È arrivato il momento di sconfiggere il comunismo, è arrivato il momento di mettere fine a quegli aerei e jet che il Chapo Guzmán ha mandato a Mel Zelaya», controbatte Asfura, il candidato filogovernativo appoggiato da JOH e sindaco di Tegucigalpa, a sua volta sotto inchiesta per appropriazione indebita di fondi.

Il problema di contare i voti in Honduras

Si prevede che circa 5,2 milioni di persone si recheranno alle urne, dove saranno scelti anche tre vicepresidenti, 128 membri del Parlamento e 298 sindaci. Il conteggio dei voti non sarà privo di tensioni e per l’ufficializzazione del risultato è probabile si debba aspettare qualche giorno. Di sicuro c’è che il nuovo presidente presterà giuramento il prossimo 27 gennaio e che il futuro giudiziario di JOH, che lascerà il potere una settimana prima, è tutt’altro che roseo e c’è anzi il serio rischio che possa finire in un carcere degli Stati Uniti, a tenere compagnia a suo fratello.

Tags: hondurassud america
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