Educazione, non utopie. Prove documentarie

Di Giorgio Vittadini
14 Novembre 2002
In Argentina, in Brasile, in Kazakistan sta succedendo qualche cosa di nuovo.

In Argentina, in Brasile, in Kazakistan sta succedendo qualche cosa di nuovo. Vi sono paesi distrutti dal comunismo, dal paganesimo, dal sottosviluppo, dal colonialismo, dalla crisi economica. In questi Paesi il primo livello di disoccupazione, il primo livello di sconfitta non è la povertà, e non sono nemmeno le condizioni materiali. È il senso di abbandono, di sconfitta, di disimpegno, di passività che alberga nel cuore e nella mente. A questa negatività non rispondono certo le utopie di cambiamenti futuri, che magicamente o marxisticamente (che è la stessa cosa) fanno uscire dal sottosviluppo. Neppure i capitalisti occidentali sono disposti a investire su giovani o non giovani per i quali non è possibile calcolare il tasso di redditività. Ci sono persone che hanno cominciato a essere vicine alla gente di colore che frequenta la scuola di San Kizito a Nairobi, ai giovani di Karaganda, ai favelados, a chi soffre di una inimmaginabile crisi economica. Hanno insegnato loro a sentire una positività nel loro esistere, a non arrendersi alle condizioni materiali, a cogliere un’occasione di libertà. Timidamente stanno nascendo lavoratori specializzati, piccolissime imprese, opere di assistenza ai più bisognosi. I mass media non ne parlano, ma la prossima iniziativa delle “Tende” dell’Avsi farà conoscere questo mondo a tutta l’Italia. La nostra civiltà occidentale e il progresso, come cento anni fa, sono nate proprio così. La storia non si ripete, si rinnova.

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