Ecco quali sono le comunità islamiche di Milano. Il centro di via Padova chiede una moschea di quartiere
Continua il dibattito sulla costruzione di una o più moschee a Milano. In attesa del prossimo incontro fra comunità islamiche e Palazzo Marino, a riportare l’attenzione sulla costruzione di uno o più luoghi di culto è Mahmoud Asfa, presidente del consiglio direttivo della Casa della cultura islamica di via Padova, premiato nel 2009 con l’Ambrogino d’Oro.
Per Asfa, il progetto della grande moschea non è quello di cui hanno bisogno i musulmani di via Padova: «C’è necessità di una moschea di quartiere», ha detto ieri Asfa, alla presentazione della due giorni di festa della comunità indetta il 17 e il 18 maggio.
MOSCHEA IN VIA PADOVA. «Il problema logistico della nostra comunità in questa zona di Milano non può e non deve durare ancora a lungo», ha aggiunto Asfa. Anche se non si è detto contrario alla costruzione di una «moschea per i turisti dell’Expo nella zona dove si terrà l’esposizione», ritiene impensabile pensare di dirottare i musulmani del quartiere a Lampugnano, che si trova dall’altra parte della città. Per quanto riguarda la proposta del Caim, che vorrebbe trasformare il Palasharp in una grande moschea, l’importante è che ci sia «un comitato di gestione davvero collegiale».
Alla giunta e al sindaco Giuliano Pisapia il leader del centro di via Padova ha chiesto di risolvere il problema del quartiere, che «si trascina dal 1990». Occorre «un posto degno per pregare», «un’area edificabile nel quartiere per costruire la nostra moschea a nostre spese per la nostra comunità».
TUTTE LE COMUNITÀ DI MILANO. La comunità di via Padova è una delle più importanti realtà milanesi ed è nota per il suo impegno nel dialogo interreligioso. Quali sono le altre associazioni musulmane presenti nella città meneghina? La mappatura della realtà islamica milanese è complicata. In un articolo apparso a febbraio, Panorama ha provato a tracciarne un quadro generale. «A Milano vivono circa 100 mila musulmani», scrive Marco Pedersini. «Non pregano in moschea perché, ufficialmente, non ce ne sono» e «si prega in luoghi riconosciuti come centri culturali». Questi centri sono: la comunità sciita Ahl Al-Bait di via Tolstoj, che raccoglie in larga parte iraniani e dipende direttamente dal Consolato iraniano; la Confraternita sufi Jerrahi Halveti di piazza San Fedele; la Comunità religiosa islamica (Coreis) di via Meda, che professa un islam moderato e ha come riferimento l’imam Yahya Pallavicini; la Confraternita murid di via Carnevali, di cui fanno parte i musulmani senegalesi; la Comunità islamica turca Millî Görüş di via Maderna, di cui fanno parte i turchi nazionalisti.
I MENO INTEGRATI. Infine ci sono le due comunità considerate come “meno integrate”: il centro culturale di viale Jenner, che secondo il dipartimento di Difesa americano per molto tempo è stato «il principale centro operativo di al Qaeda in Italia» e l’Alleanza islamica d’Italia di viale Monza, nei cui uffici ha sede anche il Caim, il cappello che racchiude varie associazioni (la principale è la comunità di viale Jenner), considerato vicino alle posizioni dei Fratelli Musulmani e promotore della grande moschea a Lampugnano.
2 commenti
Non ci sono ancora commenti.
I commenti sono chiusi.
I commenti sono aperti solo per gli utenti registrati. Abbonati subito per commentare!