
Ebbene sì, i maoisti avevano un debole per la carne umana
Chi ha riso dell’uscita di Berlusconi sui cadaveri di bambini bolliti in Cina negli anni del “grande balzo in avanti” potrebbe farsi qualche risata da umorismo nero leggendo quello che famosi italiani hanno scritto sulla Rivoluzione culturale voluta da Mao Zedong. Per esempio Dario Fo, il cui ottantesimo compleanno è stato celebrato in stile culto della personalità maoista sul blog di Beppe Grillo, scriveva: «La politica rivoluzionaria di ogni Stato comunista per quanto riguarda l’organizzazione nazionale… di tutta la nuova dimensione dell’uomo socialista e della sua “morale” va obbligatoriamente di pari passo con la politica internazionale (…). E fino a prova contraria fino ad oggi in Cina la rivoluzione culturale vince completamente e in continuazione». Mario Capanna, all’indomani dell’occupazione dell’università Cattolica di Milano, rispondeva ad un intervistatore: «ll marxismo, nella sua accezione più vasta, da Marx a Mao fino a Fidel Castro anche, è a tutt’oggi la teoria più scientifica, più plausibile, più realistica, se vogliamo la più semplice, per chi voglia rendersi ragione fino in fondo dei complessi problemi della società attuale».
Secondo gli storici la Rivoluzione culturale aizzata da Mao (1966-71) ha causato dai 2 ai 4 mi-lioni di morti. Vennero uccisi o costretti al suicidio 142 mila insegnanti, 53 mila tecnici e scienziati, 500 professori di medicina, 2.600 tra scrittori e artisti. Racconta la moglie di una vittima: «Arri-vano le guardie di notte, all’improvviso mentre tutti noi dormivamo. Presero mio marito a schiaffi e a calci in faccia. “Ammazzalo, ammazzalo!” urlava una delle guardie… presero mio marito ormai inerte e lo tagliarono lentamente con delle sciabole che portavano. Gli tagliarono la testa e l’affissero fuori, all’entrata della capanna, e con freddezza cominciarono a cucinare quei poveri resti costringendo me e i miei figli a mangiarne il fegato ed il cuore». Era macabra usanza lasciare le teste dei proprietari in bella vista con la scritta: «Questa è la testa di un merdoso proprietario».
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