I precedenti, certo, non mancano, anche a dispetto del sistema elettorale maggioritario, che vorrebbe i parlamentari strettamente legati al collegio dove vengono eletti: legati nel senso che vi provengono, vi risiedono, vi lavorano, ne conoscono e avvertono profondamente i problemi. Già il bolognese Pierferdinando Casini, per esempio, si è dovuto candidare a Maglie, in Puglia, per farsi eleggere deputato. L’abruzzese Ottaviano Del Turco è arrivato al Senato da Grosseto; il molisano Antonio Di Pietro dal blindatissimo collegio rosso di Firenze Mugello procuratogli da D’Alema; il siculo Giuseppe Ayala da Molfetta, in provincia di Bari, il milanese di nascita e romano di adozione Franco Bassanini dal Chianti; il fiorentino Franco Zeffirelli da Catania. E si potrebbe continuare ancora per molto. Eppure fa una certa, penosa impressione immaginare la milanese, intransigente, nuovissima Irene Pievetti, la ex pulzella leghista assurta nel 1994 alla presidenza della Camera a poco più di trent’anni, costretta da un ormai scarsissimo seguito elettorale fra le sue genti padane, sperimentato nelle votazioni europee di giugno, a farsi candidare la prossima volta nel Sud pur di tornare a Montecitorio. Lo ha promesso, anzi annunciato, il suo nuovo mentore Clemente Mastella, che intanto le ha regalato la presidenza dell’Udeur incoronandola a Telese, alla festa del Campanile. Il marito, rigorosamente Brambilla, retribuito come suo assistente parlamentare, ne sarà particolarmente contento, forse più dei nuovi, inconsapevoli elettori.
Reg. del Trib. di Milano n. 332 dell’11/6/1994
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