
DUE DOMANDE DI DESIDERIO
Un dialogo con alcuni studenti che stanno finendo l’università apre ai problemi dei nostri giovani più qualificati. Dicono: «Due sono gli ordini di problemi che incontriamo. Purtroppo i corsi di laurea spesso deludono le aspettative di chi li ha scelti. Questo problema è particolarmente sentito da chi ha intrapreso un percorso di tipo umanistico, per certi versi più rischioso di altri. Si scommette tutto su di una materia che ha suscitato interesse, spingendo a decidere di dedicarvi gli anni degli studi universitari, in un campo che non offre immediati e “meccanici” sbocchi lavorativi. Nel momento in cui l’offerta formativa si rivela scadente o al di sotto delle aspettative e le prospettive accademiche si rivelano anguste, ci si rende conto di non essere “preparati” ad alcun tipo di lavoro. La sensazione tra noi umanisti è quella di doverci preparare ad un salto nel buio, senza avere chiaro su quali settori si possa focalizzare l’attenzione. Non conosciamo le offerte e il funzionamento del mercato del lavoro, per cui la tendenza è al “si salvi chi può, come può”».
Ma c’è un secondo problema ancora più grave. In noi, così imbevuti della mentalità comune e poco leali con la nostra esperienza, c’è una sorta di velato scetticismo nel sentire che «l’educazione del singolo io alla realtà intera, attraverso una esperienza ideale e di fede, costituisce l’origine di un nuovo possibile sviluppo» per l’Italia. Solitamente pensiamo che in prima analisi servano strategie, piani, leggi (che chiaramente servono) per il breve periodo, mentre è più difficile capire l’incidenza e l’urgenza del fattore educazione su queste dinamiche. Di fronte al panorama politico italiano odierno sembra veramente difficile poter partire dal desiderio nostro, dal desiderio dell’uomo e dal senso religioso per mettere insieme gli uomini.
Sarebbe bello muoversi secondo questa mentalità in modo che in qualsiasi campo si inizi a lavorare, si collabori a una costruzione comune “utile” non solo a se stessi. Ma quali sono i criteri che ognuno deve tener presente perché questo avvenga?
Serve una mentalità nuova, radicata nel desiderio e nell’esperienza di verità dell’uomo. Come si supera la divisione tra l’ideale vissuto e iniziative mosse solo da una reattività? Come possiamo far sì che i nostri percorsi di studi e le nostre scelte lavorative siano in funzione del desiderio e dell’ideale? Cosa rispondere a queste due domande dei nostri giovani amici?
*Presidente Fondazione Sussidiarietà
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