Draghi chiede di ridurre le tasse. Ha ragione, ma per ripartire bisogna investire

Di Massimo Giardina
16 Novembre 2012
Alberto Quadrio Curzio commenta le parole di Draghi in Bocconi dove ha chiesto di ridurre le spese e abbassare le tasse. «Occorre dirottare le risorse verso gli investimenti», pena la continua recessione.

La confusione regna sovrana in Europa. In Grecia il pil crolla del 7,2 per cento nel terzo trimestre, l’Italia viene bocciata da Stratfor (società di intelligence molto apprezzata) e Mario Draghi, nell’intervento alla giornata di inaugurazione dell’anno accademico in Bocconi, ha affermato che «il consolidamento fiscale ideale deve essere centrato su riduzioni di spesa corrente e non su aumento di tasse». Le parole del governatore della Bce sono macigni che giudicano senza ombra di dubbio le politiche europee basate su austerità e guidate dall’ansia del pareggio di bilancio.
Alberto Quadrio Curzio, accademico della Cattolica e economista di fama internazionale, definisce i pregi e gli errori fin qui fatti all’insegna dell’austerity e indica una via da seguire per la ricrescita.

Professore, partiamo dalla Grecia. Gli ultimi dati sul pil rimandano ad un giudizio negativo sulle politiche fino ad ora adottate. È da ormai troppo tempo che si parla di Grecia, ma non si vede una soluzione.
Ha ragione, è esattamente dal gennaio 2010 che il problema Grecia è sottoposto ad attenzione. Le parole di Draghi in Bocconi, dette da un banchiere centrale, sono quasi eroiche. Nella prassi, coloro che ricoprono tali cariche parlano di inflazione.

Quindi meno tasse. La Grecia insegna che l’austerità non salva dalla recessione.
Vorrei ampliare il problema che, come si può ben capire, non risiede solo in Grecia. Nella Comunità economica europea i dati segnalano una crescita pari a zero, mentre nell’Europa dei 27 siamo a quota 0,4, se tutto va bene; per tornare ai livelli occupazionale del 2007 abbiamo bisogno di 4 milioni di posti di lavoro. Ci sono più di 10 milioni di disoccupati a cui vanno sommati gli scoraggiati di varia natura. Qualche dato: la disoccupazione giovanile in Italia è al 35 per cento e il numero da sommare, seppur approssimativo, è di 20 punti percentuali composto da giovani scoraggiati senza lavoro e che non studiano più. Quando una fase di recessione assume queste dimensioni è utopico affermare, come si sta facendo in Europa, che verranno creati 17 milioni di nuovi posti di lavoro entro il 2020. Bisogna trovare il modo per rilanciare la crescita.

Lei come farebbe?
A parte il mio tifo per gli eurobond e i project bond, la domanda interna non riparte se non c’è fiducia. La fiducia non si incrementa se non c’è occupazione e quest’ultima non si avvia se non vengono attuati buoni investimenti. Ribaltiamo la sequenza: investimenti, occupazione, fiducia, domanda interna. Per far ripartir l’economia bisogna dare una spinta formidabile agli investimenti.

Dove prendere le risorse?
Se possibile riducendo la spesa corrente e dirottando le risorse verso gli investimenti come prospetta Draghi e, comunque, non perseguendo pareggi di bilancio così incalzanti da aggravare la recessione. Il pareggio di bilancio si può raggiungere ma, ancor più importante, è il tendenziale calo del rapporto del deficit sul Pil. Il concetto di tendenziale significa che quel rapporto deve sempre più diminuire. Dal punto di vista matematico, quel rapporto è zero nel caso non ci sia più deficit, ma può tendere allo zero per effetto dell’aumento del Pil. Prendiamo il caso degli Stati Uniti. In Europa il rapporto deficit/Pil si attesta al 3 per cento, mentre negli Usa è al 6,8, ma l’America quest’anno crescerà del 2,5 per cento grazie agli investimenti che stanno riprendendo. Se guardiamo gli investimenti in Europa e in Italia, si rende evidente un continuo calo. Non guardiamo solo al Pil: gli investimenti nel lungo periodo ci dicono se l’economia sarà in grado di espandersi o meno. La mia impressione è che l’Europa si sta avvitando in una recessione pur avendo dei fondamentali di finanza pubblica migliori degli Usa.

Non sembra che in Germania, come in altre parti d’Europa, la pensino alla stessa maniera e le dichiarazioni di ieri di Draghi non paiono andare in questa direzione.
Anche Olli Rehn ha fatto delle dichiarazioni sulla linea di Draghi e, per fortuna, persone autorevoli come loro stanno dicendo di rilanciare l’economia. È vero che occorrono le riforme strutturali del sistema, ma quanto tempo necessitano? Pur comprendendo che la buona gestione dei bilanci pubblici è importante, l’Europa, che ha dei fondamentali finanziari buoni, potrebbe fare meno rigore fiscale e avvantaggiare la crescita.

E se si abbassasse il cuneo fiscale? A parità di salari aumenterebbero i consumi.
Il cuneo fiscale ci servirebbe per guadagnare competitività verso l’estero perché determinerebbe un minor livello dei prezzi oltre ad aumenttare i valori netti per i lavoratori. In questo caso avremmo più esportazioni e avremmo una piccola spinta alla crescita. È molto utile, ma non basta. Occorre dare una spinta agli investimenti.

@giardser

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