Caro Direttore,
love is love pertanto mi trovo nuovamente nella sgradevole situazione di non poter condividere la linea del suo giornale riguardo ai matrimoni gay. In particolare a seguito della storica sentenza della Corte Suprema statunitense, la quale ha sancito che il matrimonio è un istituto che non riguarda necessariamente un uomo e una donna. Ciò è giustamente stato salutato con autorevolezza dalla filosofa Michela Marzano sulle pagine di Repubblica come la vittoria della libertà di tutti.
Purtroppo però questa vittoria è incompleta, e molta strada resta da fare per raggiungere la piena libertà. Il dibattimento della Corte Suprema si è tenuto in lingua inglese e ciò ha impedito ai signori giudici di notare che il verbo to marry, sposarsi, in italiano è riflessivo. Deve pertanto essere consentito, quanto meno ai cittadini italiani o piuttosto a tutti coloro i quali parlano la lingua italiana, di sposare sé stessi per favorire l’autostima e coronare l’amor proprio.
Il battesimo, poi, dovrebbe essere riconosciuto quale istituto che non riguarda necessariamente un bambino. Se stamattina ho voglia di andare in chiesa a farmi battezzare non devo essere trattenuto dall’evenienza che ho 32 anni e l’artrosi, né dal caso che all’età di quattro mesi e mezzo – quando, si badi bene, non potevo esprimere esplicito consenso né tampoco opporre circostanziato rifiuto – una coppia sposata peraltro spregevolmente composta da un uomo e una donna abbia ritenuto di provvedere in mio luogo a farmi battezzare. Ciò deve inoltre consentire a qualsiasi coppia di organizzare battesimi a iosa senza dover necessariamente fare figli, con quel che costano oggigiorno.
In linea ideale la confessione non dovrebbe necessariamente prevedere la presenza di un sacerdote; ma si può trovare una saggia soluzione di compromesso nell’accordo che, se il sacerdote confessa me, io possa confessare il sacerdote. Per conseguire la vittoria della libertà di tutti tuttissimi, la comunione non dovrebbe necessariamente riguardare i fedeli cattolici ma quelli di tutte le religioni, ivi compreso il culto del card. Martini praticato dal sindaco pagano di Roma, e non deve necessariamente consistere nell’erogazione di un’ostia ma di una qualsiasi forma di cibo nel pieno rispetto della biodiversità. Una significativa apertura da parte della Chiesa verrebbe col riconoscimento che l’istituto del sacerdozio non debba essere necessariamente limitato ai sacerdoti.
Molte altre cose ci sarebbero da aggiungere al riguardo ma devo fermarmi qui per correre al mio funerale: pur godendo di discreta salute, in pieno accordo con alcuni ragionevoli amici ho sancito trattarsi di un istituto il quale non debba necessariamente prevedere la presenza del deceduto, onde garantire finalmente la vittoria della sua libertà.
Cordialità
Antonio Gurrado