Se vi fossero ancora dei dubbi sull’effetto omologante dell’utilizzo ampio e diffuso dell’accusa di omofobia, due recenti episodi ne possono eliminare un buon numero. Due fatti diversi, che evidenziano come sia facile restringere gli spazi della libera espressione, operando la criminalizzazione delle posizioni non allineate.
CERRELLI NON VA A DOMENICA IN. Il primo fatto. Il giurista Giancarlo Cerelli, specialista del tema dell’omofobia e critico sulla legge in discussione in Parlamento, vice-presidente dell’Unione Giuristi Cattolici Italiani, è stato prima invitato e poi escluso dalla trasmissione “Domenica In” dove si parlerà, appunto, di omofobia. Lo stesso era già stato al centro di un virulento attacco delle associazioni gay in occasione di una sua partecipazione ad “UnoMattina Estate”, durante la quale aveva messo in luce aspetti illiberali della legge anti-omofobia.
L’esclusione del giurista è duramente commentata da Massimo Introvigne. «Non è in questione – scrive il sociologo delle religioni torinese – la ferma condanna di chi aggredisce, minaccia o insulta le persone omosessuali, in qualunque contesto. Ma questa doverosa condanna non può portare a tappare la bocca, accusandolo di omofobia, a chiunque sulla base delle sue convinzioni religiose o filosofiche, senza insultare le persone omosessuali e anzi professando nei loro confronti rispetto e accoglienza, esprima però l’opinione che “gli atti di omosessualità sono intrinsecamente disordinati e in nessun caso possono essere approvati”, espressione contenuta nel “Catechismo della Chiesa Cattolica».
IL CASO DI TORINO. Il secondo fatto tocca la delicata sfera della libertà educativa. Pressioni e minacce hanno indotto ieri una scuola cattolica di Torino, l’Istituto Faà di Bruno, a sospendere un’iniziativa di formazione privata, non aperta al pubblico, riservata ai genitori della scuola sul tema dell’omosessualità. «Per evitare – spiegano dall’Istituto – di trasformare una riunione interna in una battaglia».
Appena si era diffusa la notizia che, in un ciclo d’incontri, ci sarebbe stata anche una lezione dell’infettivologa Chiara Atzori, nota sostenitrice della “terapia ricostituiva”, infatti, si è sollevato lo “sdegno” di tutto il côté progressista della città. Con tanto di pagina indignata nella cronaca torinese de La Repubblica.
Non sono mancati i messaggi ritorsivi, essendovi all’interno dell’Istituto anche una materna convenzionata che riceve un contributo comunale. Un gruppo di consiglieri di Pd e Sel ha prontamente bollato l’iniziativa come omofoba, intimando «al sindaco Piero Fassino di chiedere conto ai vertici della scuola e di prendere in considerazione l’interruzione della convenzione».
Angelo Pezzana, storico militante omosessuale, strenuo difensore della corretta informazione su Israele ma meno su altre faccende, non esita a definire «malati (di omofobia, ovviamente) i cattolici».
LE PAROLE DELL’ARCIVESCOVO. Chiare, però, anche visto il “fuoco amico” che era partito da settori cattolici, le parole dell’arcivescovo Cesare Nosiglia. «La Diocesi di Torino – scrive in una nota diffusa ieri – esprime apprezzamento per la posizione dell’Istituto paritario “Faà di Bruno”. Soprattutto perché in essa viene ribadito il riferimento fondamentale alla libertà d’espressione di ognuno, in una società pluralista come quella nostra di oggi. Libertà, dunque, che riguarda anche il “diritto di parola” dei cittadini che si ispirano alla fede e alla cultura cristiana! Un pluralismo autentico richiede infatti il rispetto di ogni persona e il dialogo franco e sereno sulle idee, in un contesto dove a nessuno sia consentito di esercitare “censure preventive”. Proprio per sottolineare la volontà di non alimentare contrapposizioni artificiose e strumentali è da apprezzarsi anche la decisione dell’Istituto di sospendere l’iniziativa nella specifica modalità».
La tv nazionalpopolare ed i salotti impegnati, quando c’è da togliere la parola con accuse di omofobia, la pensano allo stesso modo. Sicuri non ci sia nulla di cui preoccuparsi?