Peggio di chi fischia Donnarumma c’è chi fa la morale sui fischi a Donnarumma

Di Roberto Perrone
08 Ottobre 2021
Non è bello insultarlo quando indossa con la maglia Azzurra, ma la predica su come ci si deve comportare allo stadio (e il paragone con il razzismo) no, vi prego
Donnarumma durante Italia-Spagna
Gigio Donnarumma, portiere della Nazionale e del PSG, è stato fischiato a San Siro dai suoi ex tifosi del Milan (foto Ansa)

C’è qualcosa di peggio di chi fischia o insulta negli stadi? Chi fa il “discorso” sui fischi e gli insulti, i moralisti in servizio permanente effettivo, gli “spiegatori” che passano in scioltezza dalla spiegazione del perché l’Italia ha perso con la Spagna a strapparsi le vesti perché Gigio Donnarumma è stato sommerso dalle contumelie per aver mollato il Milan. Ecco, ho due premesse.

Una vicenda ridicola

La prima: qui non si parla dei fischi a Donnarumma ma del solito, stolido atteggiamento perbenista-moralista che ci avvolge come una nebbia assassina. La seconda: sui fischi al portiere della Nazionale durante Italia-Spagna dissento pure io, non per moralismo ma per patriottismo. Sono una specie di ragazzo del ’99, un fantaccino del Piave, per me la Nazionale ci rappresenta tutti e quindi, cari milanisti inviperiti, se volete sommergere di insulti “Dollarumma” aspettate che indossi la maglia degli sceicchi del Psg.

Chiarito tutto ciò, innanzitutto parliamo del senso del ridicolo di questa vicenda: molti di quelli che criminalizzano i fischi sono quelli che poi parlano male dell’Italia in ogni occasione e non fanno altro che denigrare sempre questo paese, anche quando combina qualcosa di buono. Poi non sopporto la mannaia politicamente corretta usata a seconda delle persone o dell’argomento. Il più importante partito del Parlamento italiano – che speriamo non lo sia più next time –, cioè i Cinque Stelle, è cresciuto a botte di “vaffanculi” e insulti assortiti, caratterizzando la sua battaglia politica con la denigrazione dei nemici, deridendoli spesso per i propri difetti fisici, per il loro aspetto, per le loro vicende private. In queste ore molti degli indignati speciali per i fischi a Donnarumma vengono da lì, da quella cultura. Hanno smesso di fischiare i loro rivali per piangere sul trattamento a Donnarumma.

I fischi fanno parte del gioco

Se andassi in uno stadio (non ci vado più, sono anziano e cerco di andare solo dove ci sono bagni comodi e puliti) ogni tanto qualche parolaccia mi scapperebbe. Mi scappa a casa, davanti alla tv, perché non dovrebbe scapparmi allo stadio? Perché così turberei le vostre coscienze? Ma per favore. Vi preoccupate dello stadio e non guardate i talk-show, di tutte le reti, con una compagnia di giro chiamata per il ruolo in commedia che indossa, e tutti i conduttori sperano nell’effetto Donnarumma e cioè in fischi e insulti per alzare l’audience.

E quando avviene uno scontro i siti dei grandi giornali, non solo quelli di gossip, riprendono le scazzottate più o meno metaforiche per alzare il numero dei contatti. Però se fischiano Donnarumma tutti alla processione dei frati flagellanti di breriana memoria. Ormai lo stadio e i suoi abitanti, non tutti delle belle persone, eh, questo sia chiaro, sono diventati lo spunto per descrivere un paese peggiore di quello che è. Vabbè, che non c’è miglior notizia di una cattiva notizia, ma si sta esagerando. Io Donnarumma non lo fischierei neanche con la maglia sceiccosa ma ci può stare, fa parte del gioco.

Sul razzismo, meno discorsi e più fatti

Anche sul razzismo, bisogna intervenire in maniera chirurgica facendo meno discorsi e più fatti. Bisogna cacciare chi dice bestialità, bisogna punire chi non ha capito che per quello che dice c’è gente che sta male, che soffre. Meno indignazione e più azione. E bisogna punirlo due volte perché ci fa sommergere di discorsi di cui non abbiamo bisogno. Il razzismo si combatte nel quotidiano, nella vita di tutti i giorni. Senza derive moralistiche, senza strapparsi i capelli. Riconoscendo che l’educazione non si impara negli stadi, anzi, negli stadi, come sosteneva il bastian contrario Massimo Fini, si può lasciare un po’ di libertà allo “spirito del Colosseo”. Sempre con juicio. E, infine, un professionista strapagato deve saper convivere con i fischi. Fa parte del gioco, del ruolo, della vita in genere.

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