
Diversi non si nasce
Negli Stati Uniti ha fatto molto discutere. Perché il libro del noto psicoterapeuta Joseph Nicolosi ribalta il luogo comune che l’omosessualità sia genetica o, versione più sentimentale, ‘un altro modo di amare’. Nicolosi è il fondatore e il direttore sanitario della Thomas Aquinas Psycological Clinic e cofondatore dell’Associazione nazionale per la ricerca e la terapia sull’omosessualità. è da poco in libreria il suo Oltre l’omosessualità. Ascolto terapeutico e trasformazione (San Paolo), con prefazione di Claudio Risé.
Nell’opera sono raccolte otto testimonianze di liberazione dall’omosessualità indesiderata, trasformazione avvenuta attraverso un percorso di ascolto terapeutico. Perché, con buona pace dei pro-gay, fra quel 3 per cento di popolazione che vive tale orientamento, esistono molte persone che sperimentano un’omosessualità indesiderata (ego-distonica, dicono gli esperti). Sono storie vere, attinenti al vissuto reale di maschi omosessuali con variegato entourage esistenziale: ragazzi, giovani, mariti, brillanti manager e anche un consacrato, che hanno chiesto aiuto alla terapia riparativa, stufi di essere ghettizzati nel mondo dell”essere-gay uguale destino-ineluttabile’. Per Nicolosi l’assunto teorico di partenza è che l’omosessualità non è una malattia, ma il sintomo di una ferita dell’identità che affonda le sue radici soprattutto in bisogni affettivi inevasi.
Messaggi iperpubblicizzati
Oggi gli psicoterapeuti si sentono sempre più interrogati da persone che vogliono abbandonare la condizione omosessuale. Dice Nicolosi: «Abbiamo scoperto che più lo stile di vita gay viene promosso tra le persone, maggiore è il numero di chiamate d’aiuto da parte di persone che cercano di cambiare. Credo che il messaggio gay sia stato iperpubblicizzato, e che un numero sempre maggiore di uomini e di donne, soprattutto di adolescenti, all’inizio è attratto dal messaggio, ma ben presto rimane deluso da quello che trova nel mondo gay».
La terapia proposta da Nicolosi è detta ‘riparativa’: uno spazio ricostituivo, di ascolto empatico, in cui ricominciare a ritrovare se stessi attraverso la verbalizzazione di esperienze, emozioni ricordi attinenti al vissuto personale, non primariamente sessuale, in presenza di un terapeuta accogliente, che non ha già deciso che il paziente deve accettarsi e basta, convivere felice con la sua pulsione. Come spiega lo psicoterapeuta: «Il punto centrale è che l’omosessualità è il sintomo di bisogni emotivi insoddisfatti, quelli che noi chiamiamo le tre A: attenzione, affetto e approvazione, che ogni ragazzo desidera da suo padre, ma che gli sono state negate nella prima infanzia».
L’omosessuale maschio che vive con disagio la sua pulsione e si rivolge al terapeuta riparativo ritrova quell’accesso emotivo, finalmente non erotizzato, che gli mancava; si rimette in contatto con la sua vera identità, da cui era dolorosamente distaccato, senza più bisogno di ricercarla attraverso la fusionalità omosessuale. «Lo scopo della terapia – continua Nicolosi – è insegnare al cliente il modo in cui soddisfare questi bisogni necessari attraverso l’amicizia profonda, senza ricorrere a un comportamento sessuale».
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