Disparità scolastica: sì del Senato Mercoledì 21 luglio, con 154 voti a favore, 88 contrari e 2 astenuti, il Senato ha la legge sulla parità elaborata dal governo. Di fatto, ricalca l’accordo raggiunto la settimana prima tra le forze di maggioranza: nascita di un sistema scolastico nazionale con scuole statali e non statali; sostegni finanziari, dati alle famiglie a basso reddito (con un reddito inferiore ai 30 milioni lordi) attraverso borse di studio o sgravi fiscali uguali per tutti gli studenti (circa 500mila lire) e indipendentemente dalla scuola frequentata; finanziamento diretto di 280 miliardi per le scuole materne non statali, di 60 per le elementari parificate con obbligo di gratuità, 7 miliardi per le scuole non statali che accoglieranno studenti con handicap; obbligo per le scuole non statali di reclutare docenti nelle liste degli abilitati e di garantire trasparenza ai bilanci, ma con il diritto di scegliere docenti che aderiscano al progetto educativo della scuola. Ora la parola passa alla Camera dove il disegno di legge arriverà a settembre.
Negli scorsi numeri, su queste colonne, la cosiddetta legge di parità è già stata ampiamente commentata. Ribadiamo solo che si tratta di un obolo di Stato che non scalfisce minimamente il monopolio statale sulla scuola e pertanto non favorirà affatto la crescita di un sistema scolastico moderno con scuole e progetti educativi in concorrenza tra loro. Tutt’altro. Come sottolinea Franco Nembrini, responsabile scuola della Compagnia delle Opere, questo, al contrario è un provvedimento che inchioda definitivamente i più poveri alle scuole di stato: “Una famiglia con due figli e un reddito inferiore ai 30 milioni annui, i soldi li usa per mangiare. Non sarà certo un’elemosina di stato a consentirle di mandare i figli in una scuola di libera scelta”. Appunto. Aspetteremo la battaglia finale alla Camera e controlleremo da che parte della barricata si schiereranno gli uni e gli altri.
Rocco e i suoi 5 fratelli Intanto, sabato 24 luglio, Rocco Buttiglione al consiglio nazionale del Cdu ha annunciato l’uscita dalla maggioranza in contrasto con le scelte del governo in materia di parità scolastica, ma anche “perché non c’è più una prospettiva politica”. Per ora l’esecutivo non è a rischio dal momento che seguono Buttiglione cinque deputati, mentre resta nel centrosinistra il ministro per i rapporti con il parlamento Gian Guido Folloni.
Dobbiamo pensare che le numerose punture di spillo tirategli dalle pagine di questo piccolo settimanale abbiano scosso, lassù nelle alte sfere della filosofia, una delle più luminose menti della politica italiana? Chissà. Per ora prendiamo atto del colpo di coda del buon Rocco.
Giustizia: un passo avanti (speriamo) Martedì 20 luglio la Camera, con 434 sì, 4 no e 50 astenuti, ha approvato il decreto sul giudice unico. Il decreto prevede il principio di incompatibilità tra gip (giudice delle indagini preliminari che si occupa del merito delle accuse) e gup (giudice dell’udienza preliminare che decide se dare vita o meno al processo); l’incompatibilità tra gip e gup entrerà in vigore dal 2 gennaio 2000, ciò significa che per i processi già avviati non potranno essere ritenuti incompatibili; tra l‘approvazione del decreto e il 2 gennaio 2000 sarà possibile però ricusare il gip nel caso quest’ultimo abbia espresso giudizi sulla colpevolezza dell’imputato; in caso di ricusazione però il processo non si ferma.
Un piccolo passo verso una giustizia un po’ più normale che, per esempio, non faccia coincidere il giudice che si occupa di seguire il lavoro dell’accusa e quello che decide se tale lavoro è stato fatto a dovere e, quindi, è necessario istruire un processo. Soprattutto si è trattato di un primo passo verso il ridimensionamento del ruolo dei pasdaran delle manette che, dopo la gloriosa revolucion delle Mani pulite, vorrebbero si proseguisse con un epico scontro tra le forze della Giustizia universale e quelle del Male. La politica, invece, per fortuna è anche (non solo) accordo, se questo permette di avanzare di qualche metro. E da questo punto di vista, l’atteggiamento di sconforto dei Di Pietrones e simili fa ben sperare. Che sia la strada giusta?
Caso Alpi: assolto l’unico imputato Martedì 20 luglio la seconda Corte d’assise di Roma ha assolto Omar Hassan Hashi, il somalo accusato di essere l’autista del commando che il 20 marzo 1994 ha assassinato a Mogadiscio della giornalista del Tg3 Ilaria Alpi e del suo operatore Miran Hrovatin. Il pm Franco Ionta aveva chiesto l’ergastolo, ma in sole cinque ore la corte ha sentenziato l’assoluzione per non aver commesso il fatto. Ora l’inchiesta dovrà ripartire da zero.
Una sentenza che, oltre a evitare la condanna di un innocente, di fatto fa anche giustizia di molti dei fantasiosi retroscena cresciuti all’ombra di un mitico complotto di trafficanti d’armi. Nel corso di questo processo si è sentito di tutto e c’è da sperare che l’assoluzione di Hassan cali come un pietoso silenzio su tutto ciò. Appena terminata l’udienza, la madre di Ilaria, Luciana Alpi, che dopo la sentenza ha dichiarato: “Sono amareggiata al massimo per me, ma sono contenta per Hassan, un giovane che si voleva condannare e che invece, grazie al presidente fabbri e alla giuria, è stato assolto. È stato un processo scandaloso perché ho notato come prove contro questo ragazzo non ce ne fossero. Mi auguro che, quando saranno pubblicate le motivazioni della sentenza, qualche altro pm le legga e istruisca subito un altro processo che possa individuare i mandanti e gli esecutori dell’omicidio di Ilaria e Miran”. Certo, si ricominci a indagare, si cerchino colpevoli e anche i mandanti, se ce ne sono. Si cerchi la verità, ma tutta, però, e non una qualsiasi. Perché, normalmente, le verità di comodo non servono a far riposare i morti e fanno del gran male ai vivi.