Dire qualcosa di destra? Il fascismo è pop, ‘popolare’

Di Ansaloni Andrea
01 Giugno 2006

Saranno stati dieci anni di berlusconismo a mettere in crisi l’egemonia (vera? presunta?) della sinistra sull’immaginario del paese, sarà che questa sinistra lacerata tra timidi tentativi riformisti e ben più consistenti derive massimaliste appare in profonda crisi d’identità, ma è una destra sdoganata, entrata ormai nell’immaginario collettivo e non più una scoria da espellere, quella che racconta in modo brillante e documentato il nuovo libro di Angelo Mellone Dì qualcosa di destra. Da Caterina va in città a Paolo Di Canio (Marsilio). Mellone, editorialista del Secolo d’Italia, collaboratore del Riformista e ricercatore alla Luiss, in 200 pagine prova a spiegare che l’idea di una destra «antropologicamente bacchettona», «socialmente reazionaria» minoritaria e culturalmente arretrata è una falsa rappresentazione. In realtà, spiega, esiste una destra «italianissima» e radicata nella società, creativa, serenamente post-ideologica. Una destra né neo, né post, ma «pop-fascista», capace di muoversi tra i fenomeni di costume, le mode giovanili, nel dibattito culturale, il cinema, la televisione, le curve degli stadi, le nuove tendenze gastronomiche.
Perché un libro come Dì qualcosa di destra? E perché proprio ora?
Era da tempo che volevo scrivere un libro che ribaltasse un luogo comune del dibattito culturale: che la destra oggi in Italia è solo un sottoprodotto politico privo di una sua ramificazione sociale e una sua consistenza culturale. E mi è sembrato giusto scriverlo quando si conclude l’esperienza di governo della Casa delle Libertà.
Quali i segnali di un fascismo non post, né neo, ma pop?
La società italiana ha metabolizzato il suo rapporto con il fascismo, e il suo significato storico-simbolico, in maniera più compiuta della classe politica. Il fascismo, oggi, è de-ideologizzato, ma sopravvive come cultura “pop” contemporanea: ragion per cui, ad esempio, Benito Mussolini è un pezzo di primo piano dell’immaginario popolare italiano e non una scoria da espellere, i libri o le videocassette sul fascismo vanno a ruba così come le magliette delle squadre con il fascio littorio o gli occhiali da sole stile anni Trenta, si fanno le fiction sul Ventennio e fanno record di ascolti. Gli esempi possibili sarebbero moltissimi.
Quanti e quali sono i nuovi tipi umani di destra?
Premessa: la parola “destra” va presa per quello che è, un’etichetta debole – tanto quanto quella di sinistra – ma comunque utile per orientarci nella politica e nella società. Su questa base nel libro ho identificato diverse categorie di “tipi di destra”, pescati anche nel mondo dello spettacolo o della cultura: si va dai “moloch” come Raimondo Vianello o Franco Cardini ai “mods” come Lando Buzzanca, dai riformisti di destra come Mauro Mazza o Bud Spencer, dai “qualunquisti cazzuti” come i fratelli Vanzina agli anarchici come Teodoro Buontempo, ai conservatori come Franco Battiato. E così via, senza pretendere di aver inventato categorie assolute.
Cosa li accomuna?
Un rapporto sereno con la storia italiana, la ritrosia a essere irreggimentati dall’ideologia.
Il saluto romano del calciatore Paolo Di Canio: residuo del passato?
Quello di Di Canio non è stato un atto di nostalgismo ma una manifestazione di appartenenza rispetto al “popolo” della curva laziale. In questo senso, un gesto contemporaneo pop-fascista. Chi si è scandalizzato non ne ha capito il significato.
Angelo Mellone è di destra?
La prossima domanda?
Dì qualcosa di destra.
L’Italia vince il mondiale tedesco e riscatta in terra germanica l’Otto settembre.

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