Scritto con gli occhi

Di cosa soffriamo noi malati di Sla? Di un’inguaribile voglia di vivere

C’erano una volta, in quel di Cagliari, i fratelli Giuseppe, Paola e Gaetano. I tre vivevano felici e spensierati nella loro Cagliari, andavano alla spiaggia del Poeto, alla Chiesa di Bonaria, a fare shopping la sera. Non avevano problemi quando a un certo punto… decisero di occuparsi di Sla e dei problemi dei malati e, per loro sfortuna, incontrarono quello “tsunami” di Susanna che li incitò in questa grande avventura! Non si tirarono indietro e, coraggiosamente, intrapresero questo cammino molto in salita e poco in discesa! Hanno continuato a lottare tra mille difficoltà per il bene di tutti i malati, perché nel buio del bosco dove aleggia la Sla, i nostri “paladini” hanno intrapreso la dura lotta insieme ai malati e ai loro familiari, e – come in tutte le favole a lieto fine – andrà a finire che riusciremo a sconfiggere quell’orco cattivo della Sla! Ogni anno organizzano il convegno sardo sulla Sla, perché la Sardegna ha un triste primato: l’incidenza della malattia è tre volte superiore al resto dell’Italia. Infatti si stanno facendo degli studi sui malati sardi in modo che si possa arrivare presto a una cura. Mi preme dire che i nostri “paladini” si battono perché i malati sardi, e non solo, abbiano un’assistenza domiciliare adeguata che molte regioni ci invidiano e “lavorano” insieme al nostro assessore alla Sanità (una donna splendida) per poter migliorare sempre più la nostra vita. Anche io ho voluto partecipare al convegno del 9 giugno, con un video-messaggio, e spero di aver dato il mio contributo di speranza per tanti malati. La chiusura del convegno è riassunta nelle parole scritte da Chiara, figlia di Giuseppe, che inserisco di seguito e spero facciano riflettere tante persone.

«Sabato 9 giugno seguendo i percorsi in un mare di speranza di tante persone provenienti da zone diverse del nostro paese e della nostra isola, ma mosse da una motivazione comune, si sono riunite per testimoniare che la “Sla non Isola” e per dimostrare quanto sia doveroso e necessario muoverci per aiutare chi non può muoversi. Un connubio perfetto tra figure politiche e religiose, tra ammalati, parenti, amici, conoscenti e uomini di scienza.
Fin dai primi interventi, sia attraverso le parole dell’arcivescovo Monsignor Miglio che di quelle pronunciate dall’Assessore all’Igiene e Sanità Simona De Francisci, si è parlato di sfida. Parola forte e impegnativa da applicare all’interno dell’Aisla, della società e della politica. Sfida per superare le difficoltà e gli inconvenienti che un ammalato di Sla deve quotidianamente affrontare, e per non arrendersi a un corpo che non risponde, ma, come sostiene Susanna Campus attraverso la sua video- testimonianza carica di energia, far trionfare una mente lucida e attiva che continua ad elaborare fantasie, speranze e desideri da realizzare.
Attraverso gli occhi attenti e vivaci, e lo sguardo scrutatore, curioso e penetrante nel cuore e nella mente di chi gli osserva, i nostri ammalati comunicano un inguaribile voglia di vivere. Ogni malato è unico e singolare, è innanzitutto una persona che ha il diritto di poter continuare a manifestare il proprio estro.
Convinti di questo siamo stati abbracciati e avvolti dalla musica dell’anima di Walter Piludu, un bravissimo musicista affetto da Sla, che ha esternato, attraverso il movimento dolce e sinuoso delle sue mani sul piano, una calorosa melodia.
Il Prof. Mario Melazzini ha specificato l’importante compito del medico nell’unificare la figura dello scienziato a quella di uomo che patisce con il paziente.
La nostra isola, come più volte è stato ribadito, è una terra carica di cultura e storia, caratterizzata da un popolo accogliente, purtroppo anche nei confronti di diverse patologie multifattoriali, dove la genetica e l’ambiente svolgono un ruolo rilevante.
Nel corso della mattinata hanno preso la parola neurologi e genetisti, che hanno presentato i nuovi progressi in ambito scientifico.
Prof. Francesco Marrosu, Responsabile del Reparto Neurologia-Policlinico di Monserrato, insieme al Dott. Giuseppe Borghero, Neurologo del Policlinico di Monserrato, e al Dott. Sandro Orrù, genetista del Binaghi di Cagliari, hanno presentato le ultime scoperte relative alla mutazione di una proteina, la TDP-43, che suggeriscono un ruolo fondamentale di questa nel processo neurodegenerativo presente nella Sclerosi Laterale Amiotrofica.
Hanno contribuito all’arricchimento scientifico della giornata, mediante i loro interventi, anche il Prof. Mario Sabatelli, Responsabile del reparto di Neurologia-Policlinico Gemelli Roma; la Dott.ssa Anna Ticca, Responsabile Neurologia-San Francesco-Nuoro; il Dott. Vincenzo Mascia, Neurologo Commissione Regionale Sla; il Dott. Salvatore Pala, Rianimatore Presidente Commissione Regionale Sla; il Dott. Mariano Cabras, Rianimatore Sirai-Carbonia e lo splendido intervento relativo alle cure palliative dell’ Ing, Stefania Bastianello.
Il Dott. Marco Calligari ha presentato i diversi sintetizzatori vocali, trasmettendo con grande entusiasmo i traguardi che si stanno raggiungendo, tra le ultime innovazioni il BCI (Brain Computer Interface).
Tutti i relatori sono riusciti a rendere i loro interventi interessanti e coinvolgenti grazie ad un’importante dote, che ogni medico e persona dovrebbe avere, la compassione.
Compatire, dal latino cum (insieme) patior (soffro), ha un significato originale tanto più nobile e di respiro tanto più ampio rispetto a quello che oggi viene utilizzato, inteso come pietà con accezione dispregiativa. La compassione è la partecipazione alla sofferenza dell’altro. Non un sentimento di pena che va dall’alto in basso. Si tratta, invece, di una comunione intima e difficilissima con un dolore che non nasce come proprio, ma che se percorsa porta ad un’unità ben più profonda e pura di ogni altro sentimento che leghi gli uomini.
Il pomeriggio è stato caratterizzato dall’ascolto attento e partecipato delle testimonianze di parenti e ammalati, che si sono fatti portavoce di quello che una famiglia vive quotidianamente quando la Sla ne entra a fare parte.
Erika Carta attraverso il suo percorso di figlia di un ammalato di Sla, che non voleva accettare la malattia del padre, ha compreso che condividere con amore la sofferenza e le lacrime, dare alle persone che si incontrano un po’ del proprio aiuto, cura la fragilità, lenisce un po’ del dolore provato e asciuga le lacrime. Nonostante rimanga forte la tentazione di isolarsi, perché fa male guardare in faccia la sofferenza in altre famiglie, quando ha invaso la propria.
Un gruppo di 22 giovani ha donato volontariamente e gratuitamente il proprio tempo per prestare servizio durante l’intera giornata e accogliere con un significativo sorriso amorevole coloro che hanno partecipato al convegno.
Un ringraziamento speciale è rivolto a tutti i membri di Aisla Sardegna che hanno organizzato con meticolosa cura ogni momento e hanno dato un importante possibilità di condivisione e arricchimento umano.
Spero che tutti possano comprendere fino in fondo che la Sla non deve isolare, piuttosto la Sla ci deve insegnare quanto sia importante iniziare a fermarsi in un mondo che più non lo consente, perché frenetico e illusionista nei confronti del tempo che passa e che in verità non è eterno, ci deve insegnare il silenzio dell’ascolto e così tutti potremmo iniziare a sentire il battito del nostro cuore, a riordinare i pensieri che diventerebbero più lenti, ordinati, chiari ed eccelsi, e potremmo davvero conoscere quell’io profondo che ci caratterizza, non rimanendo più estranei a noi stessi, ma con la luce e la felicità negli occhi che ogni ammalato di Sla manifesta».
Chiara Lo Giudice (Aisla Sardegna)

Cari amici, avete letto il resoconto del convegno del 9 giugno a Cagliari, e spero vi sia stato utile, perché noi malati non abbiamo bisogno di pietismo ma vogliamo essere considerati come persone con i loro desideri e i loro sogni, perché vogliamo vivere come chiunque di voi! Chiara ci ricorda che è doveroso muoverci, per aiutare chi non si può muovere. La nostra sfida deve essere la sfida di tutti: malati, familiari, politici, istituzioni, mondo religioso, ricercatori, e tutti quelli che lottano contro le “diversità”! Sfida per superare le difficoltà quotidiane che devono affrontare i malati e i loro familiari. Ogni malato è una persona a sé, con desideri e sogni, non possiamo generalizzare! Ognuno ha diritto di manifestare la sua voglia di vivere! La condivisione della sofferenza tra malato e medico, porta a una forza comune, che non è un sentimento pietistico fine a se stesso, ma una vera solidarietà fra uomini.
Il pomeriggio è stato caratterizzato dagli interventi dei malati e dei loro familiari, un momento particolarmente toccante perché dalle loro parole si è sentita la gioia per la vita. Basta guardare gli occhi di ogni singolo malato per capire quanta sia la sua gioia di vivere, nonostante la Sla gli abbia bloccato il loro corpo. Noi amiamo la vita anche se con qualche “difficoltà” in più. Grazie a Dio, io ho un piccolo esercito di amici che mi aiutano a realizzare i miei “sogni”! E non vi immaginate che “elenco” ho scritto delle cose che devo fare! La sla dovrà aspettare. Prima devo finire tutto il mio elenco!

Bacioni,
Susanna

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