«Per favore metti a Garò la giacchettina blu, ha ancora un po’ di raffreddore», è l’ultimo gesto di premura di una giovane madre che, uscendo di casa in una bella mattina di maggio, scomparirà per sempre insieme alla sua famiglia. Il nuovo romanzo di Antonia Arslan, Il destino di Aghavnì (Edizioni Ares), s’incunea in un vuoto della storia, nella vita di quattro armeni svaniti nel nulla nell’Anatolia del 1915, poco prima dei tragici eventi che portarono alla deportazione e al genocidio di questo popolo.
Una madre, un padre e due figli piccoli, svaniti ma non del tutto. Di Aghavnì, la protagonista del romanzo, rimase una piccola traccia che cent’anni dopo l’autrice trovò in America a casa di un parente. «Mi mostrò una fotografia, e c’erano tre ragazze: Veron, Azniv e una terza, che seppi in quel momento chiamarsi Aghavnì: “Quella che scomparve, e non fu mai più vista”, disse il cugino. È da allora che la sua storia, il suo sconosciuto desti...
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