Quando insistiamo a “chiamare le cose con il loro nome” non lo facciamo per una sorta di fissa nominalistica, ma perché ci pare che, oggi più che ieri, si giochi con le parole, le si nasconda per celare la verità, le si abbellisca per mascherare – sotto montagne di bla bla, ninne nanne e chiacchiericci da talk show – la realtà nuda e cruda, quella che si presenta agli occhi. Da questo punto di vista, il romanzo della trattativa Stato-mafia è stato il più macroscopico, solare, evidente depistaggio che si sia realizzato in Italia. Per dieci anni, la formidabile combinazione magistratura-stampa ha raccontato, rappresentato, recitato una fiction che coinvolgeva le più alte cariche del nostro Stato e i più crudeli malviventi siciliani tra loro in combutta per ammazzare giudici-eroi, mantenere il potere, governare un Paese che gli italiani – questi cretini disinformati – s’illudevano di chiamare “democrazia”.
Il romanzo della trattativa Stato-maf...
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