«Del ddl anticorruzione non c’era bisogno. Ecco le sue criticità»

Di Matteo Rigamonti
27 Ottobre 2012
Il ddl che giace alla Camera presenta alcuni aspetti critici: concussione per induzione, corruzione tra privati e traffico di influenze illecite non convincono Mauro Ronco.

La nuova disciplina sull’anticorruzione cammina sul filo del rasoio. Dopo il via libera del Senato, il ddl è approdato alla Camera per procedere alla sua approvazione definitiva. Per meglio comprendere quali sono le novità degne di considerazione e quali invece i profili di maggiore criticità del testo, ne abbiamo parlato con Mauro Ronco, ordinario di diritto penale all’Università di Padova, che già aveva avuto modo di esporre le sue considerazioni in merito al ddl anticorruzione quando era stato ascoltato in audizione al Senato, il 16 settembre scorso. Dal dialogo con Ronco sono emersi alcuni punti fermi: primo, della nuova legge non c’era poi tutto questo bisogno, l’Italia possiede già una legislazione adeguata in materia; secondo, lo “spacchettamento” del reato di concussione in concussione vera e propria e in concussione per induzione rischia di andare a detrimento del concusso per induzione; terzo, l’idea della corruzione tra privati è un’idea astratta nata in ambienti burocratici e metterà in mano ai pm gli strumenti per sconvolgere il libero svolgimento dell’attività imprenditoriale; quarto, il nuovo delitto di traffico di influenze illecite, che anticipa la soglia di punibilità del reato di corruzione, comporta una overcriminalization eccessiva. Detto questo, soprattutto in Senato, non sono mancati interventi migliorativi in una direzione maggiormente garantista. Vediamo quali.

La Camera si appresta a chiudere i lavori sul ddl anticorruzione. Lei che idea si è fatto della norma? Ce n’era davvero bisogno?
A rigore, non vi è alcun bisogno sul piano tecnico di una riforma. La stessa è stata decisa per ragioni di immagine italiana all’estero. Infatti, dopo gli avvenimenti di corruttela verificatisi in Italia negli ultimi anni e dopo l’enorme amplificazione massmediatica che di tali episodi è stata data, all’estero si è ingenerata la convinzione che l’Italia avesse bisogno di una normativa che punisse finalmente in modo adeguato la corruzione e i reati a questa connessi. In realtà, l’Italia possiede una legislazione adeguata. Per converso, credo che l’Italia sia il paese nel quale maggiormente la magistratura ha affondato il coltello nella piaga della corruzione. In altri paesi, spesso anche vicini al nostro, la corruzione sembra quasi non esistere perché le procure degli Stati non hanno i mezzi investigativi e le risorse necessarie per perseguirla. In alcuni paesi, poi, la dipendenza dei pm dal potere esecutivo non consente indagini ficcanti e approfondite nei confronti della pubblica amministrazione e ancor meno nei confronti dell’apparato di governo. L’idea che in Italia non vi sia lotta giudiziaria alla corruzione e che non vi siano strumenti giuridici per svolgere questa lotta è contraria alla verità. Costituisce il frutto avvelenato di una polemica anti-italiana fomentata incoscientemente dai mass media nazionali. In ciò coadiuvati da un’opinione pubblica straniera che si compiace di luoghi comuni deteriori da molti decenni ripetuti nei confronti degli italiani.

Veniamo al testo di legge in via di definizione: come cambia il reato di concussione?
Il legislatore è intervenuto sul delitto di concussione, con lo “spacchettamento” dell’attuale art. 317 nella concussione per costrizione (art. 317) e nell’induzione indebita a dare o promettere utilità (art. 319 quater). Lo “spacchettamento” del delitto di concussione costituisce una risposta alle critiche internazionali che ritengono ingiustificata l’impunità del privato il quale, sia pure sotto il metus della pubblica autorità, dia o prometta denaro o altra utilità all’agente pubblico. La tradizionale figura della concussione è stata mantenuta nella sola ipotesi della costrizione, prevista al nuovo art. 317. Ciò merita apprezzamento perché evita la grave distorsione sistematica di consegnare il delitto di concussione per costrizione all’estorsione, concettualmente estranea agli illeciti degli agenti pubblici. I comportamenti rientranti nell’attuale concussione per induzione vanno invece a costituire la nuova fattispecie dell’induzione indebita a dare o promettere utilità (art. 319 quater). La norma punisce tanto il pubblico ufficiale e l’incaricato del pubblico servizio quanto il privato, con pene nettamente più miti per quest’ultimo.

La concussione per induzione non rischia di recare danno a persone che non hanno commesso alcun tipo di reato?
La domanda meriterebbe una migliore determinazione. Ma se con essa si vuol mettere in luce che il concusso per induzione non meriterebbe la pena, si dice una cosa vera. Nell’attuale delitto di concussione si esprime proprio la scelta di non punire il soggetto concusso. Si tratta di una scelta storicamente caratterizzante la legislazione italiana in un apprezzabile sforzo di tipizzazione, non conosciuto in altre legislazioni, del disvalore del fatto. Tuttavia, è anche difficile distinguere tra il soggetto puramente concusso e il soggetto che trae vantaggio comunque da un’iniziale attività concussoria del pubblico ufficiale. Per questo soggetto che si determini a pagare l’indebito, non si può parlare di assenza totale di disvalore penale del fatto. In questo modo una preziosa distinzione tipica della legislazione italiana è andata perduta. Ma la colpa di ciò sta anche, se non soprattutto, nella disponibilità di molti cittadini a pagare comunque per ottenere vantaggi.

L’introduzione del reato di corruzione tra privati non rischia di nuocere al libero esercizio dell’attività d’impresa?
L’idea della corruzione tra privati è un’idea astratta nata in ambienti burocratici che non hanno alcuna cognizione del normale svolgersi degli affari. Ovvero in ambienti ideologicamente condizionati che vogliono contrastare a ogni costo il profitto individuale nell’esercizio dell’attività di impresa. Si tratta di un atteggiamento uguale e contrario a quello di coloro che, in un impeto di liberalismo assoluto, hanno propagandato per anni la falsa idea che non dovrebbero esserci limiti etici e giuridici all’esercizio dell’attività di impresa. Va detto comunque che il Parlamento italiano non ha accolto nella formulazione ultima approvata questa idea astratta di corruzione tra privati e ha riservato la pena agli atti illeciti di infedeltà patrimoniale nell’ambito societario. Su questo aspetto si può dire che il Parlamento non abbia lavorato male, avendo resistito alle pressioni mediatiche, e non soltanto mediatiche, che avrebbero voluto un’ulteriore estensione della punibilità anche all’interno di rapporti non societari, ma esclusivamente di tipo privatistico.

Non c’è il pericolo che amministratori e dirigenti possano trovarsi coinvolti in casi di illeciti più formali che reali?
Il pericolo non è tanto questo, quanto piuttosto che le ulteriori possibilità di indagini consentite dalla nuova legge permettano ai pubblici ministeri di sconvolgere addirittura il libero svolgimento dell’attività imprenditoriale.

Cos’è il reato di traffico di influenze illecite?
Il nuovo delitto di traffico di influenze illecite (art. 346 bis c.p.) dichiara punibile chiunque «sfruttando relazioni esistenti con un pubblico ufficiale o con un incaricato di un pubblico servizio, indebitamente si fa dare o promettere, a sé o ad altri, denaro o altro vantaggio patrimoniale, come prezzo della propria mediazione illecita verso il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio ovvero per remunerarlo, in relazione al compimento di un atto contrario ai doveri di ufficio o all’omissione o al ritardo di un atto del suo ufficio». Con questo reato si è anticipata la soglia di punibilità del delitto di corruzione ad atti meramente prodromici ed eventuali alla corruzione effettiva. Il Senato ha migliorato la norma uscita dalla Camera nel senso che ha ricollegato l’illiceità dell’attività del mediatore a un comportamento indirizzato a che il pubblico ufficiale compia un atto contrario ai doveri di ufficio. Se così è – ma la norma non è tecnicamente ben scritta – si è evitato il rischio immenso di incriminare ad libitum dei pubblici ministeri qualsiasi attività di rappresentanza lobbistica degli interessi e dei territori. Va detto che in ogni caso l’anticipazione della soglia di punibilità importa una overcriminalization veramente eccessiva.

@rigaz1

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