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Deficit, tasse e «nessuno sconto dall’Ue». La nuova manovra è già vecchia

Zingaretti, inaugurando il governo giallorosso, disse: «Adesso cambia tutto». Invece non cambia niente a giudicare dalla manovra

Redazione
01/10/2019 - 11:06
Politica
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conte gualtieri manovra

Non basta dire che «adesso in Italia si cambia tutto» (Nicola Zingaretti) perché qualcosa cambi davvero. È passata appena una manciata di mesi da quando il Pd accusava il governo gialloverde di realizzare una irresponsabile manovra in deficit. Ma la manovra 2020 uscita ieri dal Consiglio dei ministri del Conte bis non solo «è finanziata con un aumento del deficit, ma quest’anno addirittura metà sarà coperta in deficit».

BEN «20 EURO IN PIÙ» IN BUSTA PAGA

Nella nota di aggiornamento al Def (Documento di economia e finanza, NaDef) varata ieri, «non c’è nessuna svolta», commenta Enrico Marro sul Corriere della Sera. Su una manovra da 30 miliardi, tre quarti saranno utilizzati per impedire l’aumento dell’Iva, ipotizzato inizialmente dal governo e poi rinnegato per non fare «un favore da Salvini», come dichiarato da Matteo Renzi, che discuteva domenica della Legge di stabilità con gli altri maggiorenti del governo mentre guardava la vittoria della Fiorentina sul Milan.

Con un approccio «molto più prudente rispetto a quello di pochi mesi fa», nota il Corriere, il governo pensa di stanziare 6-7 miliardi per il taglio del cuneo fiscale (cioè 20 euro a testa in busta paga), il salario minimo e il piano famiglia. Il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri fa affidamento su uno «sconto» dell’Ue da oltre 14 miliardi sul deficit previsto, prevedendo un aumento del deficit dall’1,4 al 2,2 per cento. Le misure saranno finanziate, debito a parte, da 7 miliardi di maggior gettito provenienti dalla lotta all’evasione e da 2 miliardi di tagli alla spesa, 1,8 dalla riduzione delle agevolazioni fiscali (aumento delle accise sul diesel), altri 2 miliardi da altre misure fiscali. È previsto anche un taglio del cuneo fiscale per 2,5 miliardi, la proroga delle agevolazioni «Industria 4.0», investimenti verdi, un Family act per le famiglie.

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«MANOVRA DI GALLEGGIAMENTO» CON TANTI SLOGAN

Secondo Marro, « la storia delle «clausole di salvaguardia», che si trascina dal 2011, dovrebbe aver insegnato che sarebbe prioritario sbarazzarsi delle clausole una volta per tutte e non per un solo anno. Ma ci vorrebbe un governo ambizioso e dallo sguardo lungo». E poiché il Conte 2 non lo è, «anche questa volta, dovremo accontentarci di una manovra di galleggiamento, dove agli slogan sul rilancio della crescita e sui vari piani strutturali seguiranno provvedimenti limitati mentre le grandi aspettative di riduzione delle tasse andranno deluse».

Il giornalista esprime dubbi sulla lotta all’evasione, che dovrebbe portare 7 miliardi («Nessuno ci è mai riuscito»), e nota come sul fronte dell’indebitamento «le cose non sembrano destinate a cambiare un granché»:

«Da molti anni ormai contiamo su quella che i governi, con una buona dose di ipocrisia, definiscono “flessibilità”, ossia quanta parte della manovra Bruxelles ci concede di finanziare con un aumento del deficit anziché con maggiori entrate o minori spese. Quest’anno addirittura metà della manovra sarà coperta in deficit. Non riusciamo a cambiare rotta. Anche per questo la crescita è ferma da un ventennio e il debito pubblico continua ad aumentare. Forse un governo che la smettesse di vendere la NaDef e la prossima manovra come fossero una svolta e dicesse la verità su come stiamo messi avrebbe già posto le premesse per i cambiamenti necessari. Si spera».

«NESSUNO SCONTO DALL’UE»

Anche Stefano Lepri, sulla Stampa, si mostra scettico sulla manovra, notando che la presunta svolta dei rapporti con l’Ue non ha portato a nessun cambiamento:

«Non è che al governo Conte 2 l’Unione europea farà lo sconto. Le regole di bilancio europee sono scritte per tener conto dell’andamento dell’economia, e permettono (sia pur in modo insoddisfacente) di spendere di più quando l’economia non va bene, come adesso».

Nonostante il calo dei tassi di interesse promosso dalla Bce, continua, «per l’Italia indebitarsi resta relativamente costoso rispetto agli altri Paesi dell’euro. L’Italia ha riconquistato un po’ di fiducia, non abbastanza. Veniamo ancora considerati più rischiosi degli altri. È improbabile che a rassicurare serva una manovra 2020 di scarse ambizioni come quella che si profila. Tagliare le tasse nelle buste paga (molto poco, per ora) è un segno verso i dipendenti e anche verso le imprese, ma non sarà certo risolutivo. Per far tornare i conti si mette in bilancio una cifra troppo elevata, 7 miliardi, di recupero dell’evasione fiscale. Incentivare i pagamenti con carte aiuterà, ma meglio attendere i risultati. Nell’insieme, non si distingue il progetto. Il governo Conte 1 ha fallito. Il Conte 2 per ora sembra impaurito di pestare i piedi a chiunque».

«PIÙ TASSE, PIÙ SPESE, PIÙ DEFICIT»

Riassume così in sintesi la manovra Francesco Forte sul Giornale:

«Maggiori tasse, maggiori spese correnti non produttive e maggiore deficit. I soldi vanno al reddito di cittadinanza che rappresenta un premio a chi non lavora o lo fa in nero». Dov’è la svolta promessa da Conte, dal Pd e da Renzi? Dove sono, come afferma Lepri, gli interventi sui «maggiori freni alla crescita economica», che «stanno nello scarso livello di istruzione, nella burocrazia, nella giustizia civile, nella malavita organizzata, nell’allocazione inefficiente della spesa a scopo di consenso politico»? Finora non si vedono.

Foto Ansa

Tags: cuneo fiscalemanovranadef
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