
Il richiamo allo Stato italiano del Vaticano, secondo cui il ddl Zan viola alcuni punti fondamentali del Concordato, ha scatenato un putiferio. «Non accettiamo ingerenze, il Parlamento è sovrano», grida il presidente della Camera, Roberto Fico. «Sono incredulo, ingerenza senza precedenti», strilla il deputato del Pd Alessandro Zan. Gli fa eco la solita carrellata di vip (Fedez, Elodie, Turci) e l’immancabile Michela Murgia sulla Stampa in un editoriale more solito pieno di strafalcioni: «Sono allibita».
«La Chiesa esercita un suo diritto»
Se non c’è dubbio che la Santa Sede sia intervenuta in modo deciso, parlare di «ingerenza» denota una scarsa conoscenza della Costituzione italiana e del diritto internazionale. Come afferma infatti al Corriere l’ordinario di Diritto internazionale all’Università Sapienza di Roma, Enzo Cannizzaro,
«se la Santa Sede ha ritenuto violato l’accordo con l’Italia del 1984, ha esercitato un suo diritto. Dal punto di vista procedurale non si tratta di un’interferenza», anche perché «la laicità dello Stato consiste nell’astenersi dall’imporre una ideologia» e non è chiaro se il ddl Zan «criminalizzi la propaganda di idee. Ogni dubbio va eliminato altrimenti l’omelia domenicale di un sacerdote che si esprima a favore del matrimonio fondato sulla diversità di gener potrebbe essere intesa come violazione della legge».
Il ddl Zan viola la libertà di pensiero
Dello stesso avviso Gennaro Acquaviva, consigliere politico di Bettino Craxi quando si arrivò alla revisione del Concordato nel 1984. Sempre al quotidiano di via Solferino dichiara: «Sono sincero. Penso che la Santa Sede abbia le sue ragioni: dal suo punto di vista la libertà e l’autonomia della scuola cattolica vengono messe a rischio se è obbligata a fare qualcosa che va contro la propria coscienza, i propri principi».
Come si legge nel testo della nota verbale consegnata all’ambasciatore italiano presso la Santa Sede, il Vaticano lamenta che il ddl Zan arrecherà danni «alle libertà assicurate alla Chiesa e ai suoi fedeli». Si contesta in particolare che le scuole cattoliche non siano esentate dal celebrare la Giornata nazionale contro l’omofobia e che la legge attenti alla libertà di espressione, laddove fa «riferimento alla criminalizzazione delle condotte discriminatorie per motivi fondati sul sesso». Infatti, continua il Vaticano, «ci sono espressioni della Sacra Scrittura e della tradizione ecclesiale del magistero autentico del Papa e dei vescovi che considerano la differenza sessuale secondo una prospettiva che la Chiesa cattolica non ritiene disponibile perché derivata dalla stessa rivelazione divina».
«Ingerenza? No, c’è un patto»
Come sottolinea il cardinale Camillo Ruini a Repubblica, «come dice la nota stessa, il ddl Zan contrasta con l’articolo 2, comma 1 e comma 3, del testo di revisione del Concordato, nel quale la Repubblica italiana riconosce alla Chiesa cattolica la piena libertà di svolgere il proprio Magistero e garantisce alla Chiesa stessa e ai cattolici piena libertà di pensiero e di espressione. In sostanza, si tratta di quello che la nostra Costituzione garantisce a tutti, cioè della libertà di parola e di pensiero. La Chiesa ha il dovere di difendere i propri diritti, non è ingerenza».
Parole quasi scontate in bocca a un cardinale, confermate però anche al Dubbio dall’ex presidente della Corte Costituzionale Cesare Mirabelli: «Non si tratta di un atto di protesta o di contestazione ma di un gesto di cooperazione. È intrusivo segnalare il rischio che un patto sia violato? È un tentativo di prevenire un contenzioso». Mirabelli sottolinea che «gli articoli 4 e 7 del ddl Zan dovrebbero fornire garanzie per la libertà di pensiero e religiosa ma in realtà lasciano un ampio margine interpretativo sulle eventuali conseguenze penali. Serve chiarezza. Non si tratta dunque di una ingerenza, dal momento che c’è un patto che vincola le parti».
Il ddl Zan è nudo
Ora toccherà al premier Mario Draghi mediare per evitare che l’incidente diplomatico diventi ancora più grave. Nel frattempo, gli editorialisti italiani, come Michela Murgia o Ezio Mauro, farebbero meglio a rileggersi la Costituzione, che riconosce la validità del Concordato. Vale la pena, inoltre, fare un’ultima osservazione: se davvero il ddl Zan vuole solo punire gli atti violenti e di discriminazione verso gli omosessuali, e non invece restringere la libertà di espressione e imporre l’indottrinamento gender a scuola, perché non cancella il riconoscimento dell’identità di genere dall’articolo 1, tutti i “salvo che” dall’articolo 4 e l’imposizione di una Giornata nazionale contro l’omofobia nelle scuole dall’articolo 7? Mistero della fede.
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