Davvero Renzi ha un piano per tagliare le tasse? Certo, lo spiega Padoan: «Stiamo valutando»

Di Redazione
22 Luglio 2015
Il ministro dell'Economia conferma l'intenzione di alleggerire la pressione fiscale da parte dell'esecutivo. Ma sulle coperture le ipotesi sono ancora vaghe

renzi-padoan-governo-ansa

Riuscirà Matteo Renzi nell’impresa “berlusconiana” di tagliare le tasse in Italia? Tre giorni dopo la solenne promessa tv del premier, e dopo le tante reazioni sdegnate della minoranza Pd (è dai vari Bersani, Fassina e Visco che sono arrivati i primi paragoni tra l’annuncio di Renzi a quelli ormai celebri del Cavaliere), il suo ministro dell’Economia conferma che l’intenzione di diminuire la pressione fiscale da parte di questo governo a maggioranza Pd esiste veramente. Almeno a parole.

UNA NON-QUESTIONE. In una intervista concessa al Foglio, Padoan spiega che ormai è evidente a tutti, a destra come a sinistra, il fatto che il fisco nel nostro paese ha raggiunto livelli intollerabili. «Che l’Italia abbia una pressione fiscale tra le più elevate in Europa è noto», dice il ministro al Foglio. «Economicamente è un non issue», ovvero una non questione. E pur essendo espressione della sinistra, anche questo governo ha capito che la nostra tassazione esorbitante rappresenti ormai «uno degli ostacoli principali agli investimenti e quindi a crescita e creazione di lavoro. Questo paese si merita meno tasse». Lo vedono tutti e chi lo dice non è da marchiare come “amico degli evasori”. Solo «una tradizione passata e un po’ inaridita della sinistra», spiega Padoan, può ancora inseguire l’ideologia del “tassare di più per spendere di più” e sostenere che «alleviare le tasse e contrastare l’evasione siano strategie in conflitto tra loro» quando «invece sono complementari».

«ABBIAMO TEMPO». Al di là del livello politico, comunque, il tema principale resta quello delle coperture. Con quali soldi il governo Renzi intende tagliare le tasse? La «rivoluzione fiscale» annunciata dal premier prevede, ricorda l’intervistatore Marco Valerio Lo Prete, «45 miliardi di euro di tasse in meno dal 2014 al 2018: dopo gli 80 euro, via la tassa sulla prima casa (Tasi), Imu agricola e imbullonati dal 2016; poi Ires e Irap; infine Irpef più leggera dal 2018». E visto che bisogna trovare 45 miliardi, non si scappa, le possibili strade sono tre: «Aumentare altre tasse, ridurre in misura più importante del previsto la spesa pubblica, o aumentare l’indebitamento». Quale strada imboccherà il governo? Le risposte di Padoan sono abbastanza evasive: «Da qui alla Legge di stabilità in autunno ci sarà il tempo per lavorare nel dettaglio sui numeri». «Stiamo valutando». Ma nella testa del ministro sembra prevalere la terza via.

TAGLIARE IN DEFICIT. «È indubbio che cancellando la Tasi occorre pensare anche a come garantire le risorse per i comuni», spiega Padoan. Ed è indubbio anche che occorre dimagrire la spesa pubblica, visto che bisogna «anche dinnescare le clausole di salvaguardia (e cioè l’aumento automatico dell’Iva in caso di mancato raggiungimento dell’obiettivo di spending review, ndr)». Tuttavia è sull’ipotesi di “tagliare le tasse in deficit” che il responsabile delle Finanze si sofferma di più con il Foglio. «Esiste, dallo scorso gennaio, una clausola europea sulla flessibilità consentita sui conti pubblici nei paesi che fanno riforme», ricorda. «L’Italia ne ha già chiesto l’attivazione, e non a caso l’ha ottenuta», grazie alle riforme già approvate. Questo non vuol dire, però, che si possa coprire il taglio delle tasse con più debito: «I tagli delle tasse – precisa il ministro – devono essere credibili, finanziati in tutto o in parte con tagli di spesa. Le riforme consentono di beneficiare della flessibilità». I vincoli relativi al rapporto deficit/Pil rimangono dunque, ma «da 12 mesi a questa parte è completamente cambiato il modo in cui Bruxelles guarda al nostro paese. Siamo diventati un esempio, è passato il momento in cui si discuteva del decimale di aggiustamento in più o in meno».

LAFFER E L’AUTOFINANZIAMENTO. Padoan non esclude poi che il taglio delle tasse nel tempo si “ripaghi da solo”, almeno in parte, con «il maggior gettito fiscale che potrà discendere da una crescita maggiore del previsto in ragione dello sgravio». Da uomo di sinistra, il ministro non disdegna nemmeno di «chiamare in causa Laffer», ovvero la famosa curva inventata dal consigliere economico di Reagan per dimostrare che l’equità fiscale giova anche al gettito dello Stato, ma ci aggiunge «anche Keynes e le minori tasse che lasciano più reddito nelle mani dei cittadini, agendo così da stimolo attraverso il moltiplicatore». Tanto è vero che – ricorda Lo Prete – «nel 2013, da capoeconomista dell’Ocse, Padoan diceva che l’Imu sarebbe stata “l’ultima tassa da tagliare per stimolare la crescita”; oggi, da ministro, Padoan abolisce la Tasi (ex Imu)».

Foto Ansa

 

Articoli correlati

2 commenti

  1. SUSANNA ROLLI

    Perchè sono prossime le elezioni politiche? Non mi risulta…

  2. Orazio Pecci

    «nel 2013, da capoeconomista dell’Ocse, Padoan diceva che l’Imu sarebbe stata “l’ultima tassa da tagliare per stimolare la crescita”

    Non che servissero conferme del fatto che gli economisti sono spazio rubato alla coltivazione dei carciofi…

I commenti sono chiusi.