Dal fondo

Di Persico Roberto
24 Maggio 2007
Padre del decadentismo, esteta, perfino satanista. Ma a scuola non si studia che morì benedettino. Huysmans, l'inquieto scrittore ossessionato dal reale. Dal naturalismo all'approdo del cattolicesimo, passando per i più oscuri abissi dell'umano

Cent’anni fa, il 12 maggio del 1907, moriva a Parigi Joris-Karl Huysmans. I maggiori mezzi di informazione italiani, sempre attenti a ogni tipo di anniversario, non gli hanno dedicato una riga. Eppure, in tutte le antologie scolastiche c’è scritto che il suo romanzo A ritroso è il manifesto del decadentismo europeo; ma quel che i libri nostrani non dicono è che il “languoroso esteta” è morto cattolico, vestendo l’abito degli oblati benedettini. E anche le scarne biografie reperibili on line, costrette a raccontare tutta la vita, cianciano di “crisi mistiche” e di “fase religiosa” di un “temperamento instabile”. Macché “crisi” e “fasi”, «dallo scrittore naturalista, vicino a Zola, all’oblato di Ligugé, non c’è mai stato che un solo Huysmans: un uomo animato dalla passione del vero, che ha visto sorgere l’inatteso dagli orizzonti grigiastri della città moderna. Il reale fu il suo vangelo, dal gusto acre, affascinante». A parlare è Emmanuel Godo, professore di letteratura all’Università cattolica di Lille, che alla vicenda umana e culturale dello scrittore ha appena dedicato un saggio.
Professor Godo, chi è per lei Joris-Karl Huysmans?
Generalmente di Huysmans non si conosce che il suo romanzo A ritroso, pubblicato nel 1884, emblema del decadentismo. Ora, questo romanzo non è che una tappa di un lungo cammino che conduce Huysmans dal naturalismo al cattolicesimo. Se si perde di vista l’insieme del suo percorso ci si condanna a non comprendere la personalità profonda di Huysmans e il senso della sua opera. Io l’ho scoperto, come tutti, leggendo A ritroso, prima di rendermi conto che l’immagine dell’esteta decadente era falsa, abusivamente riduttiva.
Lei scrive che «Huysmans chiede alla letteratura di mostrarci la realtà nella sua verità più cruda». Come si documenta questo attaccamento così lontano dall’immagine dell’esteta decadente?
Ho intitolato il mio saggio Huysmans e il Vangelo del reale perché è davvero il reale quel che ha convertito Huysmans. All’inizio della sua carriera letteraria, Huysmans fa parte del movimento naturalista. Partecipa alle Serate di Médan con Zola e Maupassant. I romanzi che scrive allora dipingono la vita degli operai – Le sorelle Vatard – delle prostitute – Marta – o degli impiegati – Alla deriva. Huysmans è un “pittore della vita moderna”, per dirla con Baudelaire. Vede nella letteratura un mezzo per posare uno sguardo vero sul mondo, lontano, per esempio, dall’idealismo romantico.
Come ha fatto quest’uomo ad entrare negli abissi del satanismo e infine a uscirne?
Huysmans ha una visione molto pessimista dell’uomo. Il suo romanzo Alla deriva si chiude con la cupa massima «arriva solo il peggio». Il satanismo, che mette in scena nel romanzo Sul fondo, il cui protagonista svolge una ricerca sul mostro Gille de Rais, è per lui l’occasione per sondare gli abissi umani. Scopre in Gilles de Rais non un volgare “serial killer” medievale, ma uno spirito macerato in cerca di conoscenza: Gille de Rais vuole, attraverso l’abominio, aprire uno spiraglio nel mistero dell’essere. Io penso che Huysmans abbia avuto bisogno di questo passaggio nell’abisso per meglio convincersi della necessità imperativa per l’uomo di costruire la propria salvezza. Se vuole, è il Diavolo che l’ha condotto a Dio. È stato il suo primo intercessore.
Cosa si può dire della sua conversione, ossia la parte meno conosciuta della vita di Joris-Karl Huysmans?
La conversione di Huysmans non fu improvvisa come quella di Claudel. Huysmans la racconta nel suo romanzo più bello, In cammino. Lanciando uno sguardo pessimista sulla miseria umana, sulle proprie contraddizioni, Huysmans finisce per sentire in sé quello che definisce «un bisogno sordo di supplicare l’Incomprensibile». Sono il disgusto e la nausea a convertire Huysmans: a forza di guardare il fango degli uomini, si ritrova di fronte all’urgenza della fede. La chiesa che ama di più a Parigi è quella di Saint-Séverin, nel Quartiere latino, nel bel mezzo delle abitazioni dei poveri.
C’è chi dubita della sincerità di questa conversione, dice che ha qualcosa di strano, di ambiguo. Cosa ne pensa?
La conversione di Huysmans disturba solo gli spiriti dogmatici – sono numerosi in Francia – che preferirebbero un Huysmans decadente e satanista. La conversione di Huysmans non è quella di un uomo che si mette a cantare che la vita è bella e che tutto va bene; è la conversione di un uomo profondamente afflitto per la meschinità umana. Noi preferiamo i convertiti solari. Essere cattolico e cupo contraddice una certa immagine – edulcorata – della fede. Huysmans non è un’immaginetta. è questo che trovo formidabile in lui. È per questo che disturba i conformisti.
Inesorabilmente attratto dalla realtà e insieme dalla bellezza totalmente spirituale del canto gregoriano.
Sì, Huysmans ama il canto monastico, la bellezza aerea del gregoriano; ma non perde mai di vista la mediocrità di quelli che cantano. Gli uomini rimangono uomini, anche se sono religiosi. È per questo che il suo sguardo sulla Chiesa rimane profondamente critico. Basta pensare alla descrizione della domenica di Pasqua in In cammino: i monaci celebrano una grande messa, poi si ritrovano a tavola a mangiare un agnello di cui Huysmans fa una descrizione ripugnante. E i buoni monaci lo divorano con un’avidità che non ha niente di celeste. Capisce? Huysmans vede sempre la realtà per quel che è: non c’ è spazio per nessun “angelismo”.
Uno degli aspetti meno conosciuti di Huysmans è la sua lotta in difesa della bellezza della liturgia: cosa direbbe a questo proposito ai cattolici di oggi?
Huysmans fuggirebbe le chiese che trasformano la parola di Dio in sciroppo per malati. Chiede alla religione emozioni forti, non una vaga distrazione. Griderebbe senza dubbio alla demagogia e correrebbe a rifugiarsi in qualche chiesa risparmiata dalle mode del tempo. Non oso immaginare cosa direbbe dei cattolici di oggi.
In cosa consiste l’anima, il punto sintetico della sua vita e della sua personalità?
Io mi sento di dire che Huysmans è lo scrittore che ha voluto guardare il mondo in faccia, dipingerlo con la stessa esigenza, lo stesso desiderio di verità nel suo aspetto visibile e in quello invisibile.

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