
Cronache dall’Europarlamento: camicie da notte e scuola libera
Fra le tante leggi emanate dalla Commissione ve n’è una che è un caso da riportare. Essa riguarda esclusivamente la camicia da notte e stabilisce che il Governo dell’Europa (la Commissione) avendo accertato che “l’indumento in questione, per le sue caratteristiche oggettive, può essere portato indifferentemente a letto e in altri luoghi e pertanto non è destinato a essere usato esclusivamente o essenzialmente come indumento da notte”, trae le seguenti conseguenze: vista la legge 2658/’87 del Consiglio (dei Ministri) del 23 luglio ’87- modificata dalla legge 1835/’89 della Commissione; viste le leggi 548/’89 e 812/’89 che specificano alcune misure relative alla classificazione nella nomenclatura combinata, fra l’altro, di indumenti di maglieria; considerate le sentenze L-3387’95 della Corte del 20 novembre ’97, le leggi 548/’89 e 812/’83, e considerato il codice doganale, stabilisce che la legge 548/’89 e la legge 812/’83 sono così modificate: “la camicia da notte è esclusa”.
Da che cosa sia esclusa la nostra o altrui camicia non è facile comprendere. Sappiamo però che abbiamo una legge in più che in Europa si chiama Regolamento, ma che tutti i 370 milioni di europei debbono rispettare tanto che la Commissione all’art. 2 della legge ne fa seguire un altro che recita: “ Il presente Regolamento entra in vigore dal giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale delle Comunità europee”. Con un’aggiunta. “Il presente Regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Bruxelles, il 15 ottobre 1999”.
La pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale L 268 è, come detto, di lunedì 16 ottobre. Lo spirito europeista che ci anima e il rispetto che dobbiamo alla persona di Prodi è immutato e si accrescerà perfino se inviterà i 17.090 dipendenti della Commissione a produrre meno leggi, meno regolamenti. Non vorremmo passare dal sogno all’incubo europeo.
La Riforma Berlinguer é una statalizzazione senza contenuto Dal discorso pronunciato dal Papa il 30 ottobre sul tema della libertà di educazione è emerso in forma rinnovata il contrasto tra Chiesa e Stato, il cui unico precedente è forse riscontrabile nelle insorgenze anti-giacobine della fine del XVIII secolo. Questo non era mai accaduto al tempo dei Governi democristiani, perché l’esistenza del Partito cattolico bloccava la Chiesa in nome della governabilità. L’ex-Presidente Scalfaro è stato l’unico a cogliere il conflitto che si è aperto fra lo Stato italiano e la Chiesa ed ha scelto, difendendo la “sacralità dello Stato”. Il partito unitario dei cattolici è dunque davvero finito e la Chiesa ha ripreso a difendere attraverso i propri organi le questioni attinenti alla propria dottrina sociale. Peraltro Giovanni Paolo II il 30 ottobre non ha chiesto libertà per la suola cattolica, ma si è impegnato per la libertà della scuola e basta! In questo, il Pontefice si è distinto dall’atteggiamento di molti ecclesiastici che hanno trattato esclusivamente concessioni dal Governo, mentre il Papa ha ricondotto la questione della parità scolastica nel suo ambito proprio, cioè quello dei diritti umani (fatto di importanza storica). Lo Stato non può assumere come propria finalità l’educazione, altrimenti diventa totalitario.
Il problema sollevato dal Papa è stato quello della non statalizzazione della scuola. Si dovrebbe infatti parlare di scuola pubblica e privata, ma non di scuola statale. La scuola appartiene alla società e solo sussidiariamente allo Stato.
Il concetto di scuola statale è stato introdotto dal giacobinismo francese, ma in Italia ha avuto radici più solide e ha resistito fino ai giorni nostri con il monopolio dello Stato nell’istruzione. Vi è piena continuità fra comunismo e post-comunismo proprio attraverso la statalizzazione dell’istruzione.
Il comunismo ha in testa una verità e vuole cambiare l’uomo costringendolo a parlare con le parole del comunismo anche se non le capisce. Il post-comunismo non è più totalitario, ma si crede superiore e quindi vuole controllare la società attraverso metodi non più ideologici, ma amministrativi (controllo non più della mente, ma della vita amministrativa, controllo sulla società attraverso la penetrazione amministrativa che sostituisce quella ideologica). I post-comunisti credono di essere la Verità, perciò qualunque sconfitta elettorale, è sempre attribuita ad un’arma impropria (mafia, televisione, ecc.), perché non possono ammettere che i comunisti vengano sconfitti in regolari elezioni. Per loro vale l’equazione democrazia=comunismo. La riforma Berlinguer è un sistema che viene imposto dall’alto con l’obiettivo di statalizzare presto i cittadini, a partire dal primo segmento: la scuola di base che sostituisce la scuola elementare. Berlinguer ha costruito un imbuto pubblico per parcheggiare tutti indistintamente, rinviando la selezione delle eccellenze al secondo livello degli studi universitari e mantenendo l’iniquità sociale per cui solo chi può pagare si garantirà percorsi di studio qualitativamente alti… Siamo di fronte a un caso di statalismo puro senza una proposta pedagogica. Principio statale puro se non quello ministeriale. La riforma Berlinguer è una statalizzazione senza contenuto. È difficile criticare Berlinguer perché non ha un progetto pedagogico proprio.
A Forza Italia spetta una critica culturale e politica che metta a nudo la pericolosità della riforma.
Liberi di educare… Come in Olanda Iniziamo in questo numero una panoramica dei sistemi educativi degli altri Paesi europei con lo scopo di marcare le differenze con l’arretratezza e le contraddizioni della nostra scuola. Una delle caratteristiche del sistema scolastico olandese è la libertà di insegnamento garantita dall’articolo 23 della Costituzione. Essa significa libertà di istituire scuole, libertà di scegliere su quali principi sceglierne l’impostazione e libertà di organizzazione. La libertà di costruire scuole, presente nella Costituzione fin dal 1848, implica che qualsiasi persona fisica o giuridica ha il diritto di fondare una scuola, senza preventiva approvazione delle autorità pubbliche. La libertà di scelta dei principi su cui basare la scuola significa che l’autorità competente (con tale termine si intende il responsabile della gestione e dell’amministrazione della scuola) può dare all’istruzione impartita dalla scuola un orientamento ed una impostazione corrispondente alle sue concezioni religiose, filosofiche o pedagogiche.
Questo diritto fondamentale ha portato alla nascita di una grande varietà di istituti scolastici pur rimanendo possibile la distinzione fondamentale tra scuole pubbliche e scuole private. La varietà delle scuole si traduce anche in un numero molto elevato di autorità competenti. Le scuole pubbliche dipendono dai Comuni. L’autorità competente, in tal caso, è il consiglio municipale o il collegio dei borgomastri e viceborgomastri. I pubblici poteri devono garantire un numero sufficiente di scuole pubbliche che permetta a tutti di seguire un insegnamento di qualità. L’istruzione pubblica è aconfessionale. Le scuole private sono frutto di iniziative individuali e sono gestite da un Consiglio di gestione che assume spesso la forma di associazione e fondazione. L’istruzione privata può avere sia carattere confessionale che laico. La libertà di insegnamento è menzionata in tutte le leggi relative all’istruzione e si applica sia all’insegnamento privato che a quello pubblico. Dal 1917, i due sistemi d’istruzione, quello pubblico e quello privato sono finanziati al 100% dalle autorità pubbliche. Questa parità di trattamento è un principio fondamentale della società olandese. Applicata in origine solo all’istruzione primaria, la parità di finanziamento è stata progressivamente generalizzata a tutti i livelli scolastici, fino a comprendere l’istruzione universitaria (a partire dal 1970). La parità di finanziamento è regolata in modo preciso per tutti i tipi di istruzione. Una modalità tipica della sua applicazione è la regola detta di “trasgressione”: se nel corso di un anno le spese correnti pagate da un Comune alle scuole pubbliche sono più elevate della sovvenzione statale accordata alle scuole private, il Comune è tenuto a versare alle scuole private l’ammontare della differenza. Le sovvenzioni accordate agli istituti privati vengono determinate sulla base delle spese per locali, attrezzature, personale e dei costi correnti delle scuole pubbliche di pari livello. Ciò significa, in particolare, che gli stipendi del personale docente e tecnico sono pagati dai pubblici poteri all’autorità competente di ciascun istituto. Le scuole private hanno spesso entrate provenienti da contributi dei genitori o possono anche avere entrate proprie. Questi fondi non possono in alcun caso essere usati per l’assunzione di personale supplente né essere versati a integrazione dello stipendio del personale.
Perché una scuola ottenga il finanziamento statale è necessario che l’autorità competente soddisfi un certo numero di requisiti stabiliti da leggi e regolamenti specifici.
Le condizioni generali sono il rispetto delle norme relative all’ammissione degli allievi, l’assenza di ogni scopo di lucro e l’adesione del Consiglio di gestione scolastica alla Commissione di appello. Si applicano inoltre norme qualitative per quanto riguarda insegnanti, materie obbligatorie per tipo di scuola ed esami finali.
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