Intervista al presidente di Nomisma Energia dopo lo stop alle forniture dalla Russia: «L’aumento dei prezzi ci sarà, ma non come nel 2020 e 2022. Il vero errore è continuare a importare gas da posti lontanissimi e dai paesi sbagliati. Le rinnovabili? Una transizione totale è impossibile anche nel lungo termine»
Come la pensi Davide Tabarelli, fondatore e presidente di Nomisma Energia oltre che docente di ingegneria dell’Università di Bologna, sulle politiche italiane del gas è cosa nota. Quest’estate dalle colonne del Sole 24 Ore sentenziava: «È triste che importiamo ancora 63 miliardi di metri cubi l’anno su una domanda di 66 miliardi di metri cubi e che questo gas provenga spesso da oltre 10 mila chilometri di distanza, con un costo che si aggira sui 18 miliardi di euro. E questo significa minore Pil e un danno economico per il paese». All’indomani della cessazione delle forniture russe di gas all’Europa attraverso l’Ucraina e delle sue conseguenze sui prezzi e sulle bollette, viene naturale chiedergli come la vede.
Professore, è a causa della chiusura del gasdotto che porta il gas russo in Europa attraverso l’Ucraina che il prezzo del gas ha superato per la prima volta dopo 15 mesi i 50 euro per megawattora, o ci sono altre cause concomitanti?