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La più grande ambizione in politica estera di un Donald Trump detentore di un secondo mandato presidenziale sarebbe senz’altro quella di poter mettere il sigillo a una seconda Yalta, che restauri e ridefinisca le rispettive sfere d’influenza degli Stati Uniti e dei loro alleati europei e asiatici da una parte, della Russia e dei suoi alleati bielorussi e nordcoreani dall’altra; la seconda più grande ambizione sarebbe una terza Yalta, stavolta con la Cina, però alle condizioni di Washington, da imporre non con l’uso delle armi, ma con le pressioni commerciali e finanziarie.
Le maniere forti sarebbero riservate a Teheran, l’unica capitale per la quale i trumpiani immaginano seriamente un “regime change”. Ma anche in questo caso il lavoro sporco sarebbe affidato prevalentemente a Israele e a qualche attore non convenzionale, mentre gli Usa si dedicherebbero a fare terra bruciata attorno a pasdaran e ayatollah rafforzando il sistema delle sanzioni e operando per far abbassare i corsi ...
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