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Cos’è l’8 per mille e perché è un bene per tutti gli italiani

Intervista a Matteo Calabresi, responsabile Cei della gestione dell'8 per mille. Cos'è, come viene calcolato, utilizzato, distribuito: «Uno strumento di libertà».

Leone Grotti
01/06/2012 - 14:45
Interni
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«Come ha fatto la Caritas ad aiutare gli aquilani che dovevano finire di pagare il mutuo per una casa distrutta che non c’era più? Da dove sono stati tirati fuori i 32 milioni di euro che gli hanno permesso di ripartire? Come può la Caritas fornire il suo aiuto fondamentale agli sfollati dell’Emilia? Da dove viene il milione di euro già devoluto dalla Cei ai terremotati? Come si finanzia il restauro della maggior parte del patrimonio artistico italiano? Con un meccanismo di libertà che tutto il mondo ci invidia». Matteo Calabresi è il responsabile del Servizio per la promozione del sostegno economico alla Chiesa cattolica e a tempi.it spiega perché «senza 8 per mille alla Chiesa, l’Italia si troverebbe con buchi incolmabili per lo Stato, che non ha abbastanza risorse».

L’8 per mille di cui gode la Chiesa…
Partiamo malissimo. Sono i cittadini che scelgono liberamente di anno in anno a chi affidare l’8 per mille, che è una quota del gettito complessivo dell’Irpef. La Chiesa può goderne, al pari di altre confessioni religiose e dello Stato, in seguito alla revisione del Concordato, che ha stabilito che lo Stato non pagasse più uno stipendio ai sacerdoti. Così la Chiesa è più libera dallo Stato e lo Stato alleggerito. Ora è il popolo italiano che decide se sostenere o meno la Chiesa.

Ricominciamo. Ogni cittadino può decidere a chi devolvere il suo 8 per mille.
Non proprio. L’8 per mille non è personale, ma globale: è come un grande referendum dove tutti gli italiani scelgono chi deve goderne. E la quota finale viene distribuita in base alle preferenze che ogni istituzione riceve.

Alla fine, però, è sempre la Chiesa a ricevere la fetta più grossa. L’accusa è nota: anche se non decido a chi devolvere l’8 per mille, va in automatico alla Chiesa.
L’accusa è tanto nota quanto infondata. Il meccanismo è come quello elettorale, chi prende più voti è premiato. L’8 per mille viene distribuito, a seconda delle percentuali di voto, a tutti i soggetti che concorrono. Nel 2011 l’83% delle persone che hanno “votato”, hanno scelto di devolvere l’8 per mille alla Chiesa cattolica. È la gente che l’ha voluto, non noi, ed è per questo che alla Chiesa spetta la percentuale più alta di finanziamenti. Non c’è nessun trucco. Anzi, noi ci assumiamo un grosso rischio, perché potremmo anche prendere solo il 30% dei voti e allora riceveremmo pochi fondi. Non c’è paragone rispetto a prima!

Perché, come funzionava prima?
Prima c’era la “congrua”, cioè uno stipendio fisso versato dallo Stato al clero, giustificato con il fatto che moltissimi beni ecclesiastici erano stati confiscati dallo Stato. Adesso, invece, c’è la possibilità di votare in un grande referendum tutti gli anni, il meccanismo esalta la libertà e infatti tutto il mondo ce lo invidia.

Quantifichiamo l’8 per mille alla Chiesa cattolica.
La cifra varia ogni anno perché dipende dal gettito dell’Irpef e da quante firme la Chiesa cattolica riceve. La Chiesa solitamente riceve una quota che si aggira intorno al miliardo di euro.

E nel 2012?
Per essere precisi, la Chiesa ha ricevuto un miliardo 148 milioni 76 mila e 594 euro (1.148.076.594,08), di cui euro 117.430.056,09 a titolo di conguaglio per l’anno 2009 ed euro 1.030.646.537,99 a titolo di anticipo dell’anno 2012.

Come li userete?
In base alla legge 222, la Chiesa usa i fondi dell’8 per mille per «esigenze di culto e pastorale della popolazione italiana», per il «sostentamento dei sacerdoti» e per «interventi caritativi in Italia e nei paesi in via di sviluppo».

Nello specifico?
Il 43% va per esigenze di culto e pastorale: aiutiamo le famiglie che sono in difficoltà, finanziamo strutture educative per ragazzi, tuteliamo i beni culturali italiani, la maggior parte dei quali sono appunto chiese e monumenti di proprietà della Chiesa, finanziamo la costruzione di chiese e di parrocchie laddove si presenta il bisogno. Il 33% va invece al sostentamento del clero e ad alcuni missionari. Quello per il clero è un contributo integrativo, viene utilizzato cioè per colmare la parte già elargita dalla Chiesa. Il 24%, infine, spetta agli interventi caritativi, sia in Italia che nel Terzo mondo.

Quando si parla di aiuti e carità la gente vede più di buon occhio la Caritas che la Cei.
E da dove crede che prenda i soldi la Caritas? Dall’8 per mille. Come ha fatto la Caritas ad aiutare gli aquilani che dovevano finire di pagare il mutuo per una casa distrutta che non c’era più? Da dove sono stati tirati fuori i 32 milioni di euro che li hanno aiutati a ripartire? Come può la Caritas fornire il suo aiuto fondamentale agli sfollati dell’Emilia? E da dove viene il milione di euro già devoluto dalla Cei ai terremotati? Glielo dico io: da quell’8 per mille che tanti criticano.

Chi gode davvero dell’8 per mille, allora?
Tutti gli italiani: ci sono miriadi di iniziative che vengono sostenute con quei soldi. Alcune a favore di chi cade vittima dell’usura, altri delle coppie che sono in difficoltà, altri ancora ai giovani del sud che sono disoccupati. Finanziamo pure la cittadella della pace ad Arezzo, dove si incontrano e dialogano anche israeliani e palestinesi. Sono infiniti i rivoli che vengono alimentati dal grande fiume dell’8 per mille.

Infiniti rivoli: è una cosa positiva che però ha anche un lato negativo. Non si sa mai davvero dove finiscono i soldi.
Vero, ed è per questo che abbiamo fatti grandi cambiamenti. Da un anno e mezzo esiste un sito, 8xmille.it, con una mappa interattiva in stile google navigabile, dove sono già presenti più di 8 mila voci che indicano, città per città, via per via, a chi e per quale scopo sono devoluti i soldi. Certo, non è segnato ancora tutto, perché ci vuole molto tempo e i progetti sono davvero tantissimi ma nessuno può accusarci di poca trasparenza. Posso concludere dicendo io una cosa?

Prego.
Senza 8 per mille alla Chiesa cattolica si perderebbe una forza di bene comune che appartiene a tutti e genera una positività incalcolabile sul terittorio. Senza, ci sarebbero buchi tali che lo Stato, con le risorse che ha, mai riuscirebbe a colmare.

@LeoneGrotti

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