Contro il populismo anticasta si voti “No”
Se stanno insieme ci sarà un perché. Parafrasare il verso della canzone di Riccardo Cocciante chiarisce uno dei motivi per cui votare “no” al referendum sul taglio del numero dei parlamentari.
Nei due tentativi precedenti, la riforma Berlusconi del 2005 e quella di Renzi 2015 il taglio dei parlamentari era la ciliegina sulla torta della riforma della seconda parte della Costituzione: fine del bicameralismo perfetto, riforma delle competenze divise tra Stato e Regioni, elezione del presidente della Repubblica, poteri del premier e altro ancora. A completare il tutto, anche una nuova legge elettorale. La riduzione del numero dei parlamentari stava insieme a una riforma complessiva, giusta o sbagliata che fosse.
Ora invece c’è solo il taglio secco di più di un terzo dei rappresentanti del popolo. Stop. È la vendetta contro la “casta”, il trionfo del populismo pentastellato della democrazia diretta (che è sempre diretta da qualcuno), l’ennesima pessima eredità del governo Lega-Cinquestelle, la prova d’amore concessa dalla sinistra (che per tre volte aveva votato contro) ai grillini per far nascere il governo Conte bis.
Una cosa del genere non è votabile. Io non l’ho votata alla Camera e ora invito a fare altrettanto al referendum. L’unica argomentazione usata dai sostenitori non grillini del sì è che questa riforma è l’inizio di altre riforme costituzionali. Argomentazione insostenibile. Una maggioranza divisa su tutto e incapace di un dialogo serio con l’opposizione non è in grado di poter nemmeno pensare a una riforma complessiva delle istituzioni.
Rimane la realtà di una riforma che sarà resa pienamente democratica (!) dalla ipotetica nuova legge elettorale, come ha detto Nicola Zingaretti. Una legge ordinaria, modificabile facilmente dalla maggioranza di turno che rende democratica una riforma della Costituzione.
Non si può accettare. Si può solo votare e far votare “No”! No per difendere la rappresentatività popolare, no perché la democrazia non è un costo, no per ribadire che la politica è servizio a un ideale e tentativo di bene comune.
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Antonio Palmieri, autore di questo articolo, è deputato di Forza Italia
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Foto Ansa
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