Sea vs Romiti La storia è questa. Nell’aprile del ’97 il governo argentino emette un decreto per la privatizzazione di 33 aeroporti e successivamente regolamenta la gara d’appalto. La Sea vi partecipa e nell’ottobre di quell’anno si costituisce un consorzio, denominato Aeropuertos Argentinos 2000 di cui fanno parte, oltre alla Sea, il potente imprenditore argentino di origine armena Eduardo Eurnekian e la società americana Ogden. Il consorzio si aggiudica l’appalto sconfiggendo la cordata concorrente che vedeva alleata la potente dinastia imprenditoriale argentina dei Macrì e Impregilo, la maggiore società di costruzioni italiana, ex area Fiat, ora vicina a Cesare Romiti. Immediatamente il consorzio AA2000 si trasforma in società per azioni con queste percentuali: a Eurnekian il 35%, alla Sea il 28% come agli americani della Ogden, alla Simest, società governativa italiana costituita per sostenere le imprese che investono all’estero, l’8% (da subito l’accordo era che la Simest, dopo cinque anni, avrebbe girato le sue quote alla Sea), all’imprenditore argentino Riva 1%.
Giallo all’8% Va detto che il bando di gara conteneva una clausola per la quale l’aggiudicatario non poteva variare la composizione dell’azionariato nei primi cinque anni di gestione. Ed è a questo punto che nasce il primo giallo. Nelle scorse settimane emerge che nel marzo 1998, nel corso di un incontro a Stresa tra i soci del consorzio, Sea e Ogden si sarebbero impegnate a retrocedere di un 8% a testa a favore di Eurnekian, che così, con il 51%, avrebbe avuto la maggioranza assoluta. In effetti, la Ogden con il bilancio del 31 dicembre 1998 dichiara di possedere il 20% di AA2000, mostrando quindi di aver già ceduto il suo 8%. Ma, alla stessa data, il bilancio della Sea, invece, registra sempre il 28% iniziale. Cosa è successo? La Sea, nella persona dell’ex presidente Giuseppe Bonomi e degli amministratori che gestivano l’affare, ha ceduto come pattuito il suo 8% senza registrarlo nei bilanci commettendo, appunto, il reato di falso in bilancio e false comunicazioni ai soci? In realtà Bonomi, a suo tempo, aveva chiaramente spiegato al Consiglio di amministrazione le difficoltà a gestire un socio potente e agguerrito come Eurnekian, uomo a capo di un impero nel settore delle aziende agricole e delle imprese tessili, proprietario di una delle più importanti tv commerciali del paese, din un quotidiano economico di Buenos Aires, “El cronista”, e fino a poco tempo fa anche di una pay tv che ha venduto ad acquirenti americani per un miliardo di dollari cash. Eurnekian aveva chiaramente espresso la volontà di avere la maggioranza assoluta nell’impresa e l’opinione, condivisa dal consiglio di amministrazione, era che non fosse conveniente mettersi contro quello che era un alleato prezioso e un pessimo avversario, tanto più che c’era la possibilità di ridiscutere gli accordi all’interno della compagine societaria.
Affare al 100% Fu allora deciso, come risulta agli atti della società, di dare mandato a Bonomi di ridiscutere il patto con Eurnekian: la Sea offriva una “promessa di vendita” per quell’8% che avrebbe ricevuto dalla Simest scaduti i cinque anni rischiesti dal bando (una promessa, perciò, soggetta al consenso del governo argentino che, comunque, potrebbe sempre bloccare l’acquisto da parte di Eurnekian: in questo senso, assumono grande interesse le elezioni presidenziali del prossimo 24 ottobre che vedono contrapporsi Eduardo Duhalde del partito peronista come l’attuale presidente Carlos Menem, assai vicino a Eurnekian e Fernando de la Rua, sindaco di Buenos Aires dell’opposizione, indicato come vincitore); in cambio la società italiana riceveva una royalty del 2% sul fatturato (Eurnekian con il suo futuro 51% aveva il 3% e Ogden, che avrebbe ceduto ugualmente l’8, solo l’1%), oltre a un milione e mezzo di dollari di rimborso spese e un ulteriore premio di 400mila dollari in tre anni. In definitiva un buon affare, tenuto conto che se il profitto in una società può essere incerto, il fatturato invece è cosa certa: il primo anno il fatturato di AA2000 è stato di 300 miliardi e, quindi, solo la royalty ne ha fruttati 6 (a fronte di un investimento iniziale di 73 per una concessione di 30 anni) Ma perché il bilancio Sea del 31 dicembre ’98 non riporta nulla? Si tratta cioè di un caso di falso in bilancio? Come sottolineato anche dalle cronache di questi giorni e ribadito da più parti, esiste un principio contabile riconosciuto internazionalmente secondo cui, se un’informazione potrebbe arrecare danno al patrimonio societario, può non essere divulgata senza che si configuri il reato di falso in bilancio: l’interesse patrimoniale è ritenuto cioè superiore all’obbligo di informare. E che simili notizie potessero arrecare danno alla Sea è confermato proprio da quanto successo in seguito.
Scatta “Ali pulite”
D’altra parte non si trattava di una vendita, ma di una promessa di vendita. Ma su questo punto si è scatenata la bagarre. Sul fronte argentino si è cominciato a sollevare il dubbio che dietro a questo “misterioso” passaggio di azioni si nascondessero altrettanto misteriosi interessi personali. Immediatamente il Corriere della Sera (notoriamente controllato da Romiti) si è lanciato sulla notizia, il sindaco Albertini è subito intervenuto chiedendo che si facesse chiarezza su tutta la vicenda e ha consegnato alla procura la documentazione, affidata alle esperte mani di Francesco Greco, Paolo Ielo e Piercamillo Davigo che, in effetti, si è già recato in Argentina. Per ora si tratta di un procedimento contro ignoti che, però, da quanto si intuisce dovrebbe indagare sulla trasparenza delle scelte operate. E nel mirino chi c’è? Il vecchio consiglio di amministrazione dimessosi con l’uscita di scena di Bonomi all’inizio di agosto quando è stato nominato Fossa? I manager che hanno gestito in prima persona l’intera vicenda?
Per ora, tutti sono intenzionati a far chiarezza in una storia che sembra essere stata gestita nell’oscurità. Ma è effettivamente così? Il sindaco non sapeva nulla dell’affare argentino? In realtà, l’ex presidente Bonomi, nominato dalla vecchia giunta leghista e forse per questo sentendosi in bilico, si domostrava più realista del re e manteneva un rapporto strettissimo sia con Albertini che con Parisi. Inoltre, il sindaco aveva inviato in Sea un suo superconsulente, Bruno Ermolli, per stilare un quadro completo dell’organizzazione della società. Infine, nel vecchio consiglio di amministrazione c’erano due uomini di fiducia del sindaco, Massimo Sordi e Giuseppe Bencini, scelto dallo stesso Albertini come presidente dell’Amsa e unico confermato consigliere della Sea anche sotto Fossa. È possibile, perciò, che il sindaco di Milano non sapesse niente, senza contare che lo stesso Albertini ha avuto modo di incontrare Eurnekian?
Un boccone da 4mila miliardi In ogni caso, Bonomi e il suo consiglio di amministrazione sono stati sollevati dall’incarico dopo che anche il direttore generale Mario Brianza era stato destituito dallo stesso Bonomi e ora sembra venuto il momento di mettere le cose a posto. Certo, quella che aveva tutte le caratteristiche per diventare una grande occasione di sviluppo rischia di diventare un boomerang capace di minare le possibilità di sviluppo della Sea. Ma gli aeroporti argentini erano un grande affare o, come si lascia intendere anche in ambienti comunali, era una bufala? Che sugli aeroporti si stiano dando battaglia e concentrino le strategie (anche in Italia) tutti i grandi potentati economici è un fatto, a chiara dimostrazione che il settore si sta rivelando come uno dei grandi business del futuro. Anche in questo caso si scontravano due dei principali protagonisti economico-finanziari argentini e sul fronte italiano l’avversario Sea era Impregilo. Ed è stata battaglia vera, come dimostra il fatto che Sea-Eurnekian l’hanno spuntata di poco su Macrì-Impregilo. D’altra parte i numeri parlano da soli: la gestione trentennale di 33 aeroporti con investimenti per 4mila miliardi significa lavoro e indotto da migliaia di miliardi. Si può aggiungere che il recente bando per aggiudicarsi la gestione degli aeroporti in Messico (paese che non ha certo le possibilità e i trend di sviluppo argentini) richiedeva investimenti assai più alti, mentre da quanto risulta dai documenti i risultati di gestione del primo anno sono stati nettamente superiori al previsto.
Cui prodest?
Perdere un simile affare sarebbe perciò una brutta battuta d’arresto per la Sea. Senza contare il danno di immagine tanto in campo internazionale (negli affari, soprattutto se grossi, l’affidabilità è tutto e nei prossimi due anni sul piatto ci sarà la privatizzazione di oltre 80 aeroporti) che nazionale (uno dei primi atti del nuovo consiglio di amministrazione è stato annullare il progetto del network italiano che doveva federare alla Sea molti aeroporti di terzo livello, quale per esempio quello di Rimini). Oltre all’enorme sacrificio di risorse e uomini nella vicenda bruciati senza speranza.
Ma a chi gioverebbe tutto ciò? Certo non favorirebbe la privatizzazione della Sea in tempi rapidi che, come sottolinea Giuseppe Arcadu, avvocato civilista milanese, vicepresidente Sea dal ’72 al ’76 e poi presidente dal ’76 all’82, infine presidente degli azionisti di minoranza Sea dal novembre ’98 allo scorso 14 luglio quando si è dimesso “a questo punto va rimandata. Prima la Sea deve essere quotata in Borsa in modo che possa avere un riferimento di mercato reale, come è stato per Aeroporti di Roma che da quando è entrata in borsa ha visto il valore delle sue azioni triplicato. Del resto che ci siano pressioni forti da parte di gruppi potenti in vista della privatizzazione mi sembra evidente e anche normale. Ma proprio per questo va rimandata”. Che Romiti sia a capo di una delle cordate (con Impregilo, appunto, Falck, Italpetroli, Bc Partners e Mc Donald’s) interessata alla società che gestisce Linate e Malpensa (mentre per Adr ormai sembra in pole position la cordata Tronchetti Provera-Benetton-Caltagirone-San Paolo-Imi) è noto, ma un ridimensionamento della Sea, con una sua uscita dal ricco affare argentino, farebbe felici soprattutto coloro che finora ne sono rimasti esclusi. E se Eurnekian sembra in grado di resistere agli assalti interni, potrebbe sempre decidere di accettare un nuovo partner italiano, interessato all’affare e finora escluso, e pronto a levar le castagne dal fuoco a tutti: Sea, Comune di Milano…. Naturalmente nel nome della trasparenza.