Come faremo senza i barbari?
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Articolo tratto dal numero di Tempi in edicola (vai alla pagina degli abbonamenti) – Da Coblenza a Cernobbio sola andata. Salvini e Di Maio alla tavola dei danarosi mi facevano un po’ pena. Volevano travolgere l’Europa delle burocrazie, delle banche, dei tecnocrati senza popolo, si sono ritrovati sotto esame in un circolo di cosiddetti potenti che a baffo moscio li ha bocciati mentre ingranavano una delle più esilaranti retromarce della recente cronaca politica. La loro unica forza residua è che un sistema informativo esausto, destituito di fantasia e spirito, continua ad accreditarli come giovani leoni. Invece in men che non si dica sono diventati dei gatti randagi.
[pubblicita_articolo allineam=”destra”]Un poco spiace. Il populismo alla fine ha dato una mano all’Europa panzona. L’ha obbligata a riconoscersi dopo una lunga fase di oblio. Hanno inoculato i bacilli della macronite e della merkelite a forza di giuramenti in nome del popolo, della nazione, del sangue. I popoli si sono stancati del popolo, hanno cominciato a invocare classi dirigenti, programmi compatibili con il benessere, l’individualismo, i diritti. Certo che la democrazia moderna globalizzata non basta a sé stessa, e comunque i congiurati di Coblenza ponevano questo tema, cercavano di mettere l’ipoteca di un’anima sulla costruzione gelida dell’Unione. La loro rotta penitenziale a Cernobbio priva di uno stimolo, per quanto buzzurro, le cancellerie sovranazionali e le loro tecnostrutture di Bruxelles.
L’apocalisse ci mancherà
Forse però c’è un’altra lezione da considerare. Il Novecento è davvero finito, certi fantasmi si dileguano, può darsi che ci siano colpi di coda, nuove crisi e crisette, ma il tono generale della vita pubblica europea sarà dato dalla sinfonietta della “soddisfazione” invece che dalla fanfara della rivolta. Qui bisognerà inventarsi qualcosa che prenda il posto delle ansie e delle paure e delle appartenenze, che dia un senso a quello che succede di anonimo, di fatale, nel mondo delle tecnologie che comunicano il contenuto vago di personalità anonime, senza ideologie né partiti. Non si può vivere con il ricatto populista, e bisognava liberarsene, ma nemmeno si può andare sempre avanti in nessun dove.
Il contributo alla bisogna i Salvini e i Di Maio non lo possono dare. Si sono squalificati per mancata resistenza. I ribelli non possono, pena la decadenza delle loro ambizioni, finire sul lago di Como tra manager e finanzieri e subire l’onta di un Mario Monti che li qualifica di “borghesi”. Ma i borghesi senza ribelli rischiano di ritrovarsi soli con sé stessi, che è poco. Reinventare qui motivazioni persuasive nella società di mercato, monetaria e tecnologica sarà affare di una nuova generazione di europei, ma per adesso non si vede da dove ricominciare. Ricominciare a litigare, a innescare conflitti produttivi, a definire nuovi fronti dopo la battaglia: pare facile ma non lo è.
C’era qualcosa di vitale nella repulsione verso il livellamento dell’euro, verso la cancellazione delle frontiere, e il multiculturalismo o il cosmopolitismo erasmiani, per quanto diffusi, sono sempre stati affare delle minoranze, i populisti che si sono arresi all’evidenza avevano in certo senso i piedi per terra e mentre calpestavano la logica, il realismo, la politica del possibile, imponevano un terreno di scontro che aveva una sua logica, motivazioni, argomenti. Siamo in una situazione alla Kavafis: come faremo senza i barbari? Li abbiamo tanto aspettati e ora ci manca la prospettiva apocalittica, quel tanto di disvelamento che promettevano.
I borghesi di Cernobbio di questo tema non si occupano, non lo si registra nei numeri della ripresa della crescita e del mercato del lavoro flessibile. È la borghesia dei criteri di vita mobili, la classe dei Gian Luigi Vacchi, gente che magari è seria, responsabile, ma non aspira alla guida della società, preferisce contabilità, rendita e ballo Instagram, e quando va bene investimenti ed export, ma per il resto non sembra avere molto da dire. Il mio modo di detestare i faticoni del populismo oggi è rimpiangerli, il che è paradossale ma non tanto. Ed è comunque un sentimento vano, perché andare da Coblenza a Cernobbio, sola andata, vuol dire affossare quella pulsione malaccorta che avrebbe bisogno di un sostituto e non lo trova.
Foto Ansa
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