Com’è che sono finito anch’io nella cartelletta mentale con su scritto “sovranista”
Articolo tratto dal numero di gennaio 2020 di Tempi. Questo contenuto è riservato agli abbonati: grazie al tuo abbonamento puoi scegliere se sfogliare la versione digitale del mensile o accedere online ai singoli contenuti del numero.
Stavo giusto finendo di spegnere la sigaretta che mi fa: «Vabbè, comunque io ti ho capito a te».
«Beato te che hai capito, spiegami che invece io di me ho le idee un po’ confuse».
«Tu sei un so-vra-ni-sta».
Silenzio.
«Scusa?».
«Sì, sì, sei un so-vra-ni-sta».
Mi sarebbe piaciuto continuare a parlarci, con il coglione trentenne, qui, fuori dal bar delle grandi speranze. Pensavo, quando l’ho iniziato, che il discorso sarebbe potuto continuare per ore. Invece lo stangone con il cappello di lana alla Manu Chao, ha deciso di chiuderlo.
Dopo il millesimo di secondo in cui mi è dispiaciuto che avesse deciso così, mi è venuta una voglia pazzesca di prenderlo a pugni. Ho pensato che mi avrebbe distrutto con una sberla, così, sempre in un millesimo di secondo, ho pensato a un calcio in mezzo alle gambe. Invece (sono un vigliacco) ho spento la sigaretta e senza una parola me ne sono andato.
Perché quando si incasella una persona, quello che dice quella persona non ha più alcun valore. Serve solo per confermare (mai per smentire) che la casella dove lo si è messo è quella giusta.
Di cosa stavamo parlando? Mah… in realtà non ricordo bene: credo che siamo partiti da «ce l’hai una siga?» per passare a «tu di cosa ti occupi» per arrivare all’Europa che finanzia progetti culturali e lì (pirla) ho detto che meno ho a che fare con l’Europa meglio è.
Ho avuto la netta sensazione che da un certo momento in poi il flusso delle mie parole venisse nella sua testa incanalato verso una cartelletta cerebrale che aveva scritto sul frontespizio “So-vra-ni-sta”.
Io, solo a guardarlo, avevo capito che era una sardina, uno di quelli che scende in piazza contro il (se ho capito bene) “populismo”, “odio”, “rancore”, “hate speech”. E proprio per questo mi interessava quello che diceva, capire come ragionava, da quale cultura arrivava, che cosa c’era di nuovo nel suo cervello e nella sua vita. Ero sinceramente interessato, poi il coglione se ne esce con “so-vra-ni-sta” e tutto è finito lì.
Questo è il danno della politica, dalla quale voglio stare il più lontano possibile: fornire alla gente cartellette nelle quali infilare le persone.
Io capisco che abbracciare la realtà in base alla totalità dei suoi fattori sia umanamente (quasi) impossibile, ma non capisco come si possa vivere con degli schemi in testa. Secondo me è una questione di Dio. Finito di credere in un Dio capace di abbracciare e dare un senso a tutto, a te restano solo delle cartellette in testa in cui infilare la realtà.
Foto Ansa
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