Cina. Il partito avverte: se gli ufficiali abbracciano «il cristianesimo, crolla il comunismo»
Se i «membri del partito comunista» potessero aderire al cristianesimo, «non potremmo più chiamarci “partito comunista cinese”. Crollerebbe tutto». Recita così un articolo pubblicato dal Global Times, quotidiano molto vicino al Pcc, e firmato da Zhu Weiqun, capo della commissione Affari etnici e religiosi del “Parlamento” cinese.
«RELIGIONE VIETATA». Zhu ha voluto ricordare che «un membro del partito comunista non può assolutamente aderire a una religione. Questo è un principio ideologico e organizzativo che il partito ha sempre sostenuto fin dalla sua nascita. Non ci possono essere dubbi su questo». Come mai il giornale semi-ufficiale del partito si è preso la briga di ricordare con questa chiarezza tale principio? È presto detto.
CAMPAGNA ANTI-CORRUZIONE. La campagna anti-corruzione «per evitare la fine del partito comunista» è il marchio di fabbrica della presidenza dell’attuale segretario generale Xi Jinping. Grazie a questa campagna Xi sta lentamente ma inesorabilmente eliminando tutti i suoi avversari politici, accentrando allo stesso tempo sempre di più il potere nelle sue mani. Diversi osservatori, infatti, già affermano che neanche Mao Zedong aveva mai avuto un potere simile. La corruzione in Cina, diffusa a livello endemico, purtroppo non si può eliminare facilmente, essendo generata dal sistema stesso del partito unico, che non deve rispondere a nessuno. Ma non è questo il punto.
RELIGIONE È CORRUZIONE. Negli ultimi mesi, molti opinionisti in Cina hanno timidamente osservato che forse se gli ufficiali del partito potessero aderire a una religione, sarebbero facilitati ad abbandonare la corruzione. La risposta ufficiale a questa teoria è arrivata ben prima del citato articolo: la potentissima Commissione centrale per le ispezioni disciplinari ha da poco finito un secondo giro di controlli e ha criticato con forza molti membri locali del partito «perché aderiscono a una religione».
Il problema sta tutto qui. Lo scopo della campagna anti-corruzione è sempre stato uno solo: non il benessere delle «masse», ma la sopravvivenza al potere del partito. E siccome aderendo al cristianesimo, come affermato da Zhu, «crollerebbe tutto», bisogna evitare in ogni modo questo rischio.
CROCI E CHIESE. Il cristianesimo è diventato dunque più pericoloso di qualunque bustarella. Sarà un caso che in sette mesi nella provincia di Zhejiang siano state demolite dal governo comunista centinaia e centinaia di croci e chiese in una campagna «che non si era mai vista neanche durante la Rivoluzione Culturale»?
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3 commenti
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E’ incredibile come l’essenza del cristianesimo sia spesso colta più lucidamente dai suo nemici che dai suoi amici. Questo articolo di Zhu Weiqun dovrebbe essere fatto imparare a memoria dai cattocomunisti di casa nostra.
A quanto pare, i laicissimi difensori della libertà di Pensiero Unico non hanno nulla da commentare, nulla da recriminare, nulla di democratico e radical-nichlista da obiettare al Partito Comunista Cinese. Chi tace, acconsenet. E i gay cinesi vadano pure a finire nei lao-gay