«Siamo noi la salvezza dell’Europa». Chi sono e dove vogliono arrivare quelli del Gruppo di Visegrad

Di Max Ferrari
27 Luglio 2017
Idee, intenzioni, elettorato e faccia tosta dei quattro paesi dell'Est Europa che sfidano apertamente Bruxelles su temi caldi come immigrazione, identità e non solo

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«Una nazione incapace di difendere i propri confini non è una nazione e, se anche oggi esiste, domani sparirà». Chissà a chi pensava Viktor Orbán pronunciando queste parole. Poco prima Paolo Gentiloni, sdegnato, aveva rispedito al mittente la lettera di “consigli” su come respingere l’immigrazione scrittagli dai premier del Gruppo di Visegrad (Ungheria,Polonia, Cechia e Slovacchia) detto V4.

IDENTITÀ DA DIFENDERE. Ma cos’è e dove va questa sigla ai più sconosciuta, prima derisa dai mandarini di Bruxelles e oggi incubo dell’Unione Europea? Lo spiega indirettamente Orbán dicendo: «Noi popoli usciti dall’incubo sovietico guardavamo all’Unione Europea come alla salvezza, ma al contrario ci siamo accorti che i nostri Paesi uniti sono l’unica ancora di salvezza per l’Europa». Marchiati a fuoco da secoli di dominazione turco-ottomana prima e sovietica poi, questi popoli della Mittel-Europa che vedevano Bruxelles come faro di libertà si sono trovati nuovamente imprigionati in un super-Stato che, come i precedenti, vorrebbe imporre regole e costumi a cominciare dall’abbandono della cristianità in favore di una laicità che “nasconde” il ritorno dell’islam. Inaccettabile per coloro la cui fede è un tutt’uno con l’identità nazionale e impensabile nella Polonia uscita dalle galere comuniste grazie alla Chiesa in versione Giovanni Paolo II e, ancor prima, salvatrice dell’Europa cristiana con il miracoloso intervento della cavalleria polacca guidata da Jan Sobieski sotto le mura di Vienna quasi caduta in mano al Sultano.

[pubblicita_articolo allineam=”destra”]REALTÀ E NARRAZIONE. Storia trasversalmente ricordata perché non c’è solo il leader magiaro a dire che «i musulmani non si sono mai integrati in alcuna nazione», ma tra i più decisi oppositori alla «redistribuzione dei migranti ad est» c’è Robert Fico, premier slovacco e socialista. Certo la sinistra danubiana ha poco a che fare con la nostra “al caviale”, tant’è che i comunisti ungheresi sono contrari all’immigrazione, ma i media nascondono e dipingono un quadro, vedi la Polonia, di paesi spaccati tra gruppetti di xenofobi al potere e masse popolari progressiste in rivolta contro la “dittatura”. Peccato che in Polonia la destra cattolica abbia stravinto le elezioni, la sinistra non abbia conquistato neppure un seggio e in piazza vi siano poche migliaia dei soliti noti militanti di cui il principe William e sua moglie Kate, in visita nel paese la settimana scorsa, non si sono neppure accorti. Così, mentre i media raccontavano una quasi guerra civile a Varsavia per la tentata riforma giudiziaria, il futuro re d’Inghilterra si complimentava col presidente “populista” Duda e lodava la capacità polacca di resistere ai tentativi di invasione e ingerenza esterna.

DAL V4 AL V11? Purtroppo in Italia arriva solo la versione di quelli che Orbán definisce i “media di Soros” e per questo è bene sentire qualche voce dissonante a cominciare da Ferenc Almássy, giovane direttore del Visegrád Post, edito in varie lingue. «È innegabile – dice – che una realtà snobbata e sconosciuta come il V4 sia stata in grado di chiudere la famigerata rotta balcanica da cui l’anno scorso passavano milioni di migranti e stia impedendo all’ Unione Europea di destabilizzare demografia e identità dell’Europa orientale. Bruxelles pensava di soffocare il V4, ma oggi è una entità ascoltata da politici come Trump, Netanyahu e persino dal governo cinese». L’anno scorso l’allora candidato del Partito della Libertà (Fpö) alla presidenza austriaca, Norbert Hofer, intervistato dallo stesso Almássy, disse che avrebbe voluto l’Austria nel V4, e oggi il discorso è tornato alla ribalta visto che alle elezioni anticipate di ottobre potrebbe vincere un “sovranista” come Heinz-Christian Strache. L’allargamento del Gruppo non è una priorità, ma non è nemmeno escluso, visto che già esiste un gruppo Visegrad Plus che comprende altri 7 aspiranti, dal Baltico ai Balcani. Non c’è l’Italia naturalmente, ma la Lega del lombardo-veneto, come abbiamo raccontato, sogna una qualche forma di partnership.

USCIRE DALLA UE? L’efficientissimo portavoce di Orbán, Zoltán Kovács, ci conferma dal canto suo che il V4 è felice di creare nuove sinergie e d’altra parte il ministro della Difesa István Simicskó disse al sottoscritto, che chiedeva se le frontiere magiare si sarebbero aperte a eventuali rifugiati in fuga da una Unione Europea islamizzata: «Certo, ma dobbiamo lavorare insieme per prevenire una catastrofe simile che sarebbe un domino mortale. Salviamoci insieme». Anche a costo di uscire dall’Unione? Sì, secondo Olivier Bault, giornalista franco-polacco firma di testate “populiste” come Do Rzeczy. Bault cita i sondaggi: «A maggio – spiega – il 73 per cento era contrario all’arrivo di immigrati o rifugiati musulmani e un più recente sondaggio commissionato a IBRiS da un giornale di sinsitra come Polityka ha svelato che il 56,5 per cento è disposto a rinunciare ai fondi europei pur di non avere migranti musulmani. Il 51,2 per cento (con un altro 11 per cento di indecisi) sarebbe disposto anche a uscire dalla Ue. Nota che si parla di rifugiati, perché menzionando i migranti economici le percentuali sarebbero anche maggiori».

NESSUN RICATTO. Ma chi sono questi elettori? I famosi “vecchi ignoranti delle campagne” sprezzati dalla sinistra europea? «No», dice Bault. «È vero che il partito del premier (Diritto e Giustizia – PiS) domina nei piccoli centri e nelle campagne, ma è anche vero che secondo i sondaggi ha il gradimento del 63 per cento dei giovani tra i 18 e i 24 anni, cui va aggiunto un 10 per cento che vota per Kukiz’15, ancor più nazionalista. Le polemiche sulla magistratura appassionano Bruxelles e le élite, ma la gente normale appoggia il ricambio di una casta che ha fatto carriera ai tempi del comunismo ed è esente da ogni controllo e provvedimento disciplinare». Quel che traspare leggendo i giovani blogger e giornalisti “sovranisti” come i già citati e la più famosa ungherese Mariann Őry‏, firma importante di Magyar Hírlap, popolare quotidiano vicino a Orbán, è il rifiuto totale del ricatto dell’Unione Europea che dice: o prendi i migranti o taglio la tua parte di sussidi comunitari. Una follia, spiegano, perché se l’Est è stato distrutto dai sovietici e ha avuto bisogno d’aiuto è per colpa delle nazioni occidentali che regalarono quei paesi a Stalin (cosa che noi dovremmo conoscere, vista la sorte di Istria e Dalmazia) e queste minacce da parte di Berlino che prima ci ha invaso, poi svenduto e oggi vorrebbe ri-colonizzarci sono inaccettabili.

POLITICHE CONTROCORRENTE. Chissà se l’Europa sopravviverà, si chiede Orbán, ma è certo che “oltrecortina” si vede una gioventù sana, tanti bambini e il premier magiaro ha dichiarato che ridurrà i mutui per le famiglie con più figli, investirà in asili, taglierà i prestiti studenteschi eccetera. Varsavia ha già abbassato l’età pensionabile (65 anni) e alzato le pensioni per far sì che i nonni si prendano cura dei nipoti, risparmiando sugli asili e rafforzando il rapporto bambino-anziano-società. Oltre a ciò, ci sono sussidi di 120 euro al mese dal secondo figlio in poi (per i poveri anche dal primo) e locazioni facilitate. Tutto questo ha già portato a un incremento delle nascite e a una diminuzione dei divorzi. Ricette eretiche per l’Unione Europea, ma non per la Polonia dove ancora nel novembre scorso, in occasione della Giornata dell’Indipendenza, monsignor Stanisław Dziwisz, benediceva i soldati in prima fila che «difendono la Patria e la Tradizione».

@MaxFerrari

Foto Ansa

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