Articolo tratto dal numero di Tempi in edicola (vai alla pagina degli abbonamenti) – Charlie Hebdo ha pubblicato una vignetta dove si parla – in francese – di pasta al sugo. Da francesista, come tutti i russi di una certa cultura, Boris ammira la civiltà dei lumi à la Parisienne. E dunque ha letto di “penne al pomodoro”, di “penne gratinate” e soprattutto di “lasagna” con un certo godimento intellettuale e soprattutto un disinvolto appetito. Come quando nelle vignette iraniane si parla di “forno”, e gli vengono in mente i biscotti. Uno non immagina, in questo secondo caso, che si alluda scherzosamente agli ebrei, e che si possa giocare con il sentimento di chi da quei camini di Auschwitz ha visto uscire un fumo, che era lo spirito delle loro madri e dei loro padri.
Passando dalle didascalie al disegno di Felix su Charlie Hebdo, Boris non poteva credere che le lasagne avessero per ragù i morti all’amatriciana, poveri uomini e donne e bambini schiacciati dentro la vignetta per far ridere e per attaccare – come spiegava un’altra esibizione di satira parigina – gli italiani mafiosi.
Boris, che è reduce da alcune ribellioni in Russia dove si impalavano i nemici del popolo cristiano, avrebbe voluto organizzare qualcosa di un po’ forte, obbedendo all’indicazione del Papa per cui si può menare chi insulta tua madre. Maltrattare i morti per far ridere fa schifo. Grida vendetta al cospetto di Dio, perché è ammazzare per la seconda volta i morti e, con essi, chi li piange. La cosa ha suscitato la solita discussione sui limiti della satira: non c’è n’è e non ce ne devono essere. Pierluigi Battista, sul Corriere della Sera, è stato limpidissimo. Lo riduco in tre righe facendogli torto, ma è per rendere l’idea. Scrive che quella vignetta è disgustosa, ma non possiamo farci niente. È la satira, bellezza. E in Occidente non ha confini scanditi dalla legge, non ci possono essere, salvo scardinare il diritto alla libera opinione. C’è una sola reazione possibile: non acquistare il prodotto offensivo, il mercato farà chiudere questi mascalzoni.
Non riesco a essere d’accordo. Perché si contraddirebbe il principio di uguaglianza, se fosse vero quanto sostiene Battista. Infatti quello di chi campa di satira, o la pratica come hobby, sarebbe l’unico mestiere al mondo con l’impunità incorporata, e avrebbe l’autorizzazione previa a fare del male senza pagarne il prezzo. Se sei idraulico o ingegnere o medico o falegname o taxista quello che fai è soggetto alla legge. Se sbagli paghi. Puoi ammazzare o ferire le persone con dolo (fare apposta un ponte cedevole) oppure per negligenza o inettitudine (lasciare una pinza nella pancia di un malato). E la vittima è tutelata dalla giustizia, anche e soprattutto in uno Stato liberale e democratico. Il giornalista può scrivere apposta o per negligenza una menzogna, e per questo esiste il reato di diffamazione. Ma se lo fa utilizzando gli strumenti della satira, è a posto, si può fare. Il satiro è princeps legibus solutus.
Senza rischio non c’è gusto
E chi dà la patente per uccidere, cioè quella di esercitare la satira, che a quanto pare anche se usa piombo è innocente a priori? C’è una giuria di savi o di super-ottimati che decida che una menzogna è satirica, dunque legale, e un’altra criminale?
Io, se fossi uno che fa satira, mi arrabbierei. Esigerei di essere trattato come un uomo tra gli altri uomini, non come un deficiente o un super-uomo per cui le comuni leggi (non uccidere, non dire falsa testimonianza) non possono essere applicate. Che gusto c’è a fare un mestiere dove non esiste il rischio? È come arrampicarsi in montagna al computer o in un video gioco. Splash, ho mancato un appiglio, tre punti di meno.
Boris ha rinunciato a spedizioni punitive, ha fatto prevalere la ragione. Ma siamo sicuri che in questo mondo di diritti umani non esista anche quello delle vittime inermi di essere rispettate? In questo mondaccio dove è reato penale – giustamente – rovesciare un secchio di pattumiera, forse andrebbe vietato e punito trattare il corpo sacro di nostri fratelli come carne trita per il ragù di un branco di nichilisti.
Foto Ansa