Centrafrica, islamisti bruciano chiese e sgozzano cristiani. E i soldati Onu? «Non fanno niente»

Di Leone Grotti
12 Novembre 2015
Duro rapporto dell'arcidiocesi di Bangui racconta gli attacchi subìti dalle comunità della capitale e accusa la missione Minusca di «complicità con gli estremisti»
epa04333244 A French soldier of the military Operation Sangaris stands guard at the St. Joseph Cathedral, the site of an attack by Seleka rebel fighters earlier in the month, during Sunday Mass in Bambari, Central African Republic, 27 July 2014. The attack on the church, where thousands of Christians had taken refuge, left an estimated 17 people dead and many others injured. Violence between the anti-Balaka and Seleka rebel groups continues despite the ceasefire agreement signed in Congo Brazzaville on 24 July. Thousands have been killed in the conflict since 2013 with nearly a million being forced from their homes. Bambari, controlled by the Muslim-majority Seleka, has seen some of the heaviest fighting in the country in the past month and is now considered a fault line dividing the Christian-dominated south from the mostly Muslim-dominated north. EPA/TANYA BINDRA

Mentre nella capitale del Centrafrica, Bangui, estremisti islamici bruciano chiese, sgozzano cristiani e seminano il terrore tra la popolazione, la missione dell’Onu (Minusca) incaricata di riportare la sicurezza nel paese dopo una sanguinosa guerra civile e falliti accordi di pace, non fa niente. A parte costare alle Nazioni Unite almeno un milione e mezzo di euro al giorno.

IL RAPPORTO. Gli scontri ricominciati a settembre sono tanti e tali, che pochi giorni fa l’arcidiocesi di Bangui li ha riassunti in un documento dettagliato inviato al governo, nel quale si chiede: «Più volte sono state riscontrate complicità tra i contingenti di Burundi, Ruanda, Francia e gli “estremisti”. Che cosa ne pensa il governo? Quando finirà il mandato della Minusca», che in base alla risoluzione 2149 dell’Onu deve pacificare il paese e disarmare le fazioni armate?

[pubblicita_articolo]CHIESA BRUCIATA. Nel documento, Padre Guy-Charly Mamoundayen, curato della parrocchia Saint-Michel, racconta come la sua chiesa sia stata assaltata il 26 settembre. «La parrocchia Saint-Michel è situata nel centro della capitale, in pieno quartiere senegalese. Quando il 26 settembre il corpo senza vita di un compatriota [musulmano] è stato trovato, un gruppo armato proveniente dal Km5 (quartiere musulmano, ndr) ha preso d’assalto la parrocchia e il personale ha trovato rifugio nei bagni e sul tetto. Gli uomini armati hanno devastato il presbiterio, hanno rubato un’auto e sono tornati nel Km5. (…) Il 27 settembre sono tornati a devastare le camere dei sacerdoti, incendiare la chiesa, il presbiterio e alcune sale. È un miracolo che il tabernacolo sia stato ritrovato intatto. Oggi non ci è rimasto più niente». Né il 26, né il 27 settembre i soldati dell’Onu sono intervenuti.

CRISTIANI SGOZZATI. Nel rapporto dell’arcidiocesi di Bangui è raccolta anche la testimonianza di suor Inès Badela. La religiosa spiega che nella capitale regna il caos, e racconta di un bambino di cinque anni rifugiatosi nella loro parrocchia dopo avere assistito al massacro di suo padre e dei suoi fratelli da parte di un gruppo di giovani. Padre Bonaventure Baou, vicario della parrocchia della Santa Trinità, ricorda invece: «La nostra parrocchia è situata vicino al Km5. Il 26 settembre un gruppo di uomini armati provenienti da lì ha preso d’assalto il nostro quartiere. Il signor Yakite, di fianco a noi durante l’assalto, è stato sgozzato insieme a sua moglie. Altre tre persone sono state uccise. Le ostilità sono cominciate alle 11, la Minusca è arrivata sul posto alle 17. Ora il quartiere è vuoto», tutti gli abitanti sono rifugiati a migliaia in altre parrocchie.

DOPO IL PRIMO MASSACRO. Anche padre Giorgio Aldegheri accusa i soldati dell’Onu di essere inutili. «Dopo che nel 2014 la nostra parrocchia Nostra Signora di Fatima ha subìto un primo massacro, abbiamo messo in piedi delle attività per assicurare di nuovo un avvenire alla nostra gente. Poi però un gruppo armato proveniente dal Km5 ha distrutto il piccolo mercato di Kete-Nguéré, vanificando tutti i nostri sforzi, e bruciando le case degli abitanti. Una nuova ondata di sfollati è stata provocata e i soldati del Burundi, che proteggono la nostra chiesa lì vicino, ci hanno detto che non erano autorizzati a fare niente al di fuori dei cancelli della chiesa. Ma lì nessuno in quel momento aveva bisogno di loro!».

SOLDATI A PASSEGGIO. Il 30 ottobre 2015, mentre alcuni soldati della missione francese Sangaris passeggiavano per il quartiere dove si trova la chiesa San Giuseppe Mukassa, «un gruppo di uomini armati provenienti dal Km5 ha iniziato a fare fuoco nel quartiere, spingendo tantissime persone a rifugiarsi nella chiesa», racconta il sacerdote Albert Toungoumale Baba. «Quando gli uomini armati hanno capito dove erano scappati tutti, si sono diretti verso la nostra parrocchia e i fedeli hanno dovuto aprire una breccia nel muro per salvarsi. I soldati della Sangaris intanto passeggiavano per il quartiere».

«LA MINUSCA NON HA MEZZI». L’ultima testimonianza è di suor Simone Bemba, della congregazione delle suore oblate del cuore di Gesù. Avendo assistito personalmente all’assalto della parrocchia di San Giuseppe Mukassa, ha telefonato subito al responsabile del contingente congolese per chiedere un aiuto immediato, «ma lui ci ha fatto capire che la Minusca non disponeva dei mezzi per venire in nostro soccorso».

L’ONU RISPONDA. Alla luce di queste testimonianze, l’arcidiocesi chiede al governo: «Quando sarà disarmato il Km5 come annunciato nel 2014 dopo il massacro di Fatima? Quando nascerà un nuovo esercito nazionale? Quali accordi ci sono tra il governo centrafricano, la Sangaris e le forze Onu? Perché i malfattori non vengono fermati? Perché alcuni civili possono disporre di armi? Quando finirà il mandato della Minusca?». Lo stesso documento è stato inviato al rappresentante Onu in Centrafrica con queste domande aggiuntive: «Qual è il mandato di Minusca e Sangaris? Perché i soldati arrivano sempre in ritardo? Perché gli estremisti sono lasciati liberi di agire? Che cosa pensa di questa complicità acclarata? Volete davvero portare la pace in Centrafrica?».

@LeoneGrotti

Foto Ansa

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9 commenti

  1. leo aletti

    Come fai a vincere la guerra se non ti prepari a dare battaglia; per questo l’ONU è inutile, tanto i soldi li prendono ugualmente e la gente indifesa muore.

  2. GD

    Raider: devo meditare su quanto scrivi perché io avevo sempre pensato soltanto ai moventi economici. Persone come El-Bashir, Saddam e Gheddafi sono o erano sostanzialmente a-religiose, governate solo da appetiti terreni insaziabili. Sanno (o sapevano) accendere e spegnere le reazioni fondamentaliste della loro gente con un cinismo strumentale degno dei peggiori (io ricordo per esempio l’attacco contro la nostra ambasciata a Tripoli seguente l’episodio della maglietta di Calderoli; innescato e subito represso nel sangue da Gheddafi. O il Tourabi che citi tu, acceso e spento da El Bashir a suo piacimento). Dico che ho visto mobilitare in un attimo la parte più fondamentalista della gente, e fa paura vedere come sono disposti a ogni cosa. Ma appunto: non pensano, sono mandati e manovrati da chi li usa. E’ una macchina irrazionale.
    L’ ONU, a pensarci, riflette il mondo che siamo, soprattutto per debolezza e, a volte, vigliaccheria.

  3. Sebastiano

    Non sorprende affatto: le regole di ingaggio sono state date da quello stesso organismo di parassiti dell’ONU che ha posto l’Arabia Saudita a capo della Commissione per i Diritti Umani.
    I conti tornano perfettamente.

    1. Menelik

      Ecco, parassiti è la parola giusta.
      Vogliamo fare un bene all’umanità?
      Smantelliamo quella banda di parassiti chiamata ONU !

  4. GD

    Sono abbastanza d’accordo con quanto scrive Raider. L’ ONU è spesso pilatesca nelle sue risoluzioni e sempre tardiva. In effetti l’esempio che riportavo io del Darfur in Sudan ha le dimensioni del genocidio (si stimano circa 500.000 morti, per non parlare di altri orrori) anche se, nel caso, di musulmani verso altri musulmani. L’incapacità dell’ ONU di intervenire seriamente (il governo del Sudan di El Bashir in modo subdolo ma inequivocabile ha sempre sostenuto gli assalitori assassini) è figlia degli interessi economici e dei veti che si esercitano nel Consiglio di Sicurezza (i cinesi hanno interessi economici enormi in Sudan, per dire).

    1. Raider

      Solo una cosa, GD, il Darfur è uno degli episodi del ihadismo di Stato – che trovò in Tourabi il teorico in un Paese che nel mito del mahdi il mito fondatore – al potere nel Sudan, che la guerra contro animisti e cristiani del Sud, oggi, indipendente, durò vent’anni e provocò milioni di morti: e mentre gli U.S.A. premevano all’ O.N.U. per un intervento nel Darfur, a opporsi erano il blocco dei Paesi islamici e la Cina, che accusavano gli U.S.A. di avere messo gli occhi sul petrolio dell’area, su cui i Cinesi avevano messo le mani.
      Sì, vero, si trattava di difendere islamici, ma questo genere di problemi andava regolato a modo loro, all’islamica: fossero stati i cristiani o più genericamente, gli Occidentali a steminare islamici, per di più, dalla pelle nera, ah, no! La storia sarebbe andata del tutto diversamente ovvio, anche se la N.A.TO. aveva bombardato Belgrado pur di salvare i musulmani bosniaci.
      Del resto, si può immaginare gente come Assad, Gheddafi – che nel Sudan ci aveva messo zampino e zampone, come tentò in tutta l’Africa saheliana -, Sauditi, Iraniani o per carità!, quel fior di galantuomo di Saddam, andare col cuore in pappa perché legittimi regimi dittatoriali fondati sul Corano e sulla sharya maltrattavano un tantinello i propri “sottomessi?”
      E infatti, con tutto quello che c’è voluto, il petrolio dell’area se lo beve la Cina. Prosit.

  5. Raider

    Vero che le regole d’ingaggio dei Caschi Blu sono quelle che sono, sbagliate per ragioni “umanitarie”, ma è vero anche che a nessuno è venuto in mente di cambiarle visto che non servono contro chi non rispetto regole né di diritto né di codici militari né di semplce umanità.
    Inoltre, abbiamo visto il comportamento dei Caschi Blu olandesi a Srbrenica: e sappiamo dei crimini commessi dai soldati dell’O.N.U. un po’ dovunque, come è il caso dei soldati dell’India sotto le insegne O.N.U. che l’India rifiuta di processare e estradare, mentre fa ciò che vuole dei nostri marò.
    Rimane il fatto che, ancora una volta, gli aggressori sono islamici: e su questo, si glissa, all’O.N.U. e in tutte le sedi, sante e laiche e sui media. E diversamente da quanto avvenne in Bosnia, quando l’Occidente intervenne per fermare lo sterminio dei musulmani, non sembra che i Paesi islamici vorranno rischiare un solo uomo per salvare un solo cristiano. La cosa non li riguarda.

    1. SUSANNA ROLLI

      Tutto ciò è tremendo!!

  6. GD

    Credo che dipenda dalle regole di ingaggio, ma di solito i soldati dell’ ONU non possono sparare. Ricordo quanto accadeva non molti anni fa durante i massacri nel Darfur, in Sudan. Anche lì si finiva con il chiedersi a cosa servisse un tale spiegamento di forze inerti: i massacri durarono ancora a lungo.

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