Caso marò, nuovo rinvio. Il governo indiano non applicherà legge antiterrorismo
La settimana per i due marò Salvatore Latorre e Massimiliano Girone si apre con una nuova udienza di rinvio. La Corte suprema a New Delhi oggi ha ascoltato le argomentazioni del governo indiano, proposte dal procuratore generale che rappresenta in aula l’accusa: usare nel processo dei marò le conclusioni delle indagini della polizia antiterrorismo Nia, ma senza usare il Sua act, la legge antipirateria e antiterrorismo. A chiederlo è stato direttamente il ministro della Giustizia indiano che ha fatto pervenire alla Corte suprema un parere scritto.
L’OPPOSIZIONE ITALIANA. Il nostro Paese sin qui però si è opposto a questa linea di condotta: in primo luogo per un motivo puramente tecnico, dato che il Sua act dà alla Nia la giurisdizione per indagare in vicende avvenute anche in acque internazionali, come la morte dei due pescatori. Non usare quella legge però automaticamente significa riconoscere anche che la Nia non ha competenza sul caso di Latorre e Girone. Inoltre l’Italia naturalmente non accetta che i due marò siano trattati alla stregua di terroristi (la polizia Nia è una forza speciale dedicata al contrasto del terrorismo). Tali opposizioni sono state ribadite oggi dalla difesa davanti alla Corte, che ha deciso di rinviare di nuovo l’udienza al 7 marzo, quando accusa e difesa dovranno presentare le rispettive posizioni: entro 15 giorni la Corte suprema deciderà anche sulla questione Nia. È il ventisettesimo rinvio dall’inizio del processo a Latorre e Girone. In questi giorni il nuovo governo Renzi dovrà decidere se – questa la rotta più probabile – continuare la linea di fermezza del governo Letta, opponendosi a tutte le richieste dell’India e aprendo la via dell’internazionalizzaione, oppure no. Qualsiasi “cedimento” della difesa dei due marò, in questo frangente, comporterebbe però una cedimento complessivo della linea dell’internazionalizzazione.
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