Camera Penale di Milano bastona Corriere e legale della ragazza che accusa La Russa jr

Di Caterina Giojelli
12 Luglio 2023
Dalla pubblicazione delle chat alla "caccia ai testimoni" del presunto stupro: «A chi giova tutto questo? Non alla persona offesa, non all’indagato, non alle indagini e all’eventuale processo, che rischieranno di essere compromessi»
Ignazio La Russa con il figlio Leonardo
Ignazio La Russa con il figlio Leonardo (foto Ansa)

«È appena stata depositata la denuncia-querela in Procura e già il processo mediatico è iniziato senza risparmiare nessuno. Da tre giorni non si parla di altro. Il Corriere della Sera (e non è il solo) dedica le prime pagine alla vicenda della presunta violenza: pubblica le chat della ragazza con l’amica, riporta le dichiarazioni dell’avvocato di lei, accompagna gli articoli con fotografie a tutta pagina tratte dai profili social. Si cercano e si forniscono dettagli sulle abitudini dei ragazzi, si intervistano gli amici, i conoscenti e gli esperti; alcuni quotidiani già titolano “è caccia ai testimoni”».

Caso La Russa jr, interviene la Camera Penale di Milano

Non fa sconti a magistrati, forze dell’ordine, avvocati e soprattutto ai giornalisti il comunicato della Camera Penale di Milano che entra a gamba tesa sul caso di Leonardo Apache La Russa, figlio del presidente del Senato, accusato di violenza sessuale da una ventiduenne: «Davvero ci chiediamo a chi giovi tutto questo. Non alla persona offesa, la cui vita verrà scandagliata per poter scrivere ancora qualche pagina di giornale o per poterla screditare. Non all’indagato, il cui diritto ad essere rappresentato come innocente è stato calpestato senza tante remore da chi aveva il dovere deontologico di rispettarlo. Non alle indagini e all’eventuale processo, che rischieranno di essere compromessi dalle notizie diffuse e dal clamore mediatico (come verificare l’attendibilità di testimoni che verranno sentititi dopo avere letto tutti i dettagli sui giornali?)».

Impossibile non sottoscrivere ogni riga, non dopo aver letto le chat inviate dalla ragazza a un’amica la mattina seguente il presunto stupro e pubblicate spietatamente dal Corriere (non le riprendiamo, e poi il problema sarebbero le frasi di Facci) insieme ai referti della Mangiagalli, agli appelli enfatici del di lei avvocato e soprattutto ai pezzi da segugio di Andrea Galli: «Più che difese argomentate, son difese a prescindere», stabilisce a caccia di testimoni della serata incriminata e di informazioni sul dj «presunto autore insieme a Leonardo dello stupro contro la coetanea». Qualche informazione rubata ai ragazzi, ma «non riceviamo conferma definitiva sul fatto che il soggetto in argomento (…) sia lo stesso giovane del quale abbiamo parlato con un suo amico. Ma che le identità coincidano è altamente probabile». Di più, «il rifiuto del diretto interessato, della famiglia e di una buona cerchia di conoscenti di rispondere alle nostre domande — beninteso le nostre — potrebbe avvalorare l’ipotesi di un coinvolgimento, da capire in quale misura».

Le chat e le “indagini” del Corsera

Le indagini condotte dal Corriere dopo la pubblicazione delle chat della ragazza si scontrano con una sottintesa omertà delle parti in causa, «ci riferiscono infatti di riunioni di famiglia e di incontri collegiali negli uffici di avvocati “influenti”, in preparazione dell’iter giudiziario. Con una rara, maniacale attenzione a ogni riga uscita sui giornali, anzi a ogni singola parola» in quel contesto di «alta se non altissima borghesia, genitori con impieghi di rilevante peso»; «figli unici», «condivisioni di segreti», «le sigarette (elettroniche) sono un vezzo più che un vizio», «solidi legami con le mamme e i papà degli amici, al netto della frequenza di coppie separate», «tra le mete aumentano quelle arabe». Tutto è scandagliato, fino all’interrogatorio della testimone: «È la medesima mamma a rispondere al telefono e da subito i toni sono di fastidio e di rabbia, con le scandite minacce di azioni legali. La donna non fornisce neanche lo spazio per una minima presentazione. Una reazione legittima da genitore, nella supplementare ma non minore consapevolezza che la figlia sia un testimone chiave».

Tutto ha valore di fatto nelle cronache del Corriere, «era stata appunto lei, in precedenza, a condividere frammenti della serata prima dell’arrivo all’Apophis e magari, ma è una mera ipotesi, anche condividere, oppure essere una spettatrice dell’evento, l’assunzione di sostanze stupefacenti», ipotesi avvalorate da digressioni del giornalista, «Successivi tentativi di acquisire sue parole non hanno sortito risultato. Parimenti alle ricerche su quell’amico di La Russa: personale del locale non proferisce verbo sull’argomento nonostante fosse un cliente assiduo».

«Continueremo a denunciare gli effetti perversi del processo mediatico»

Delle ragazze, scrive il segugio del Corsera, «si intuiscono gli stati d’animo dall’esitazione nel dialogo, dalla volontà di spiegare che sanno ma insieme non sanno tanto. A maggior ragione, forse, in quanto alla fine tutti e quattro, anzi tutti e cinque – loro, Leonardo, la coetanea – hanno condiviso numerosi passaggi della giovinezza, e hanno dei legami reciproci più o meno intensi, ma comunque legami che coinvolgono anche le rispettive famiglie». C’è da chiedersi, come hanno sottolineato i penalisti di Milano, «come verificare l’attendibilità di testimoni che verranno sentititi dopo avere letto tutti i dettagli sui giornali?», chat e informazioni che obbligherebbero tutti a una riflessione sui rapporti tra diritto di cronaca, presunzione di innocenza e doveri deontologici (e non solo) di giornalisti e legali al lavoro su un presunto caso di stupro.

«Non è certo la prima volta e purtroppo non sarà l’ultima, ma noi continueremo a denunciare gli effetti perversi del processo mediatico, a sostenere che la indebita diffusione di atti di indagine e la conseguente anticipazione di giudizio rispetto ai processi sia dannosa per tutti i soggetti coinvolti e per la credibilità della giustizia stessa. Il diritto di cronaca non è un diritto assoluto ma deve essere contemperato con altri diritti di pari rango, in primis i diritti individuali dei singoli: dignità, reputazione, vita privata, presunzione di innocenza».

La stilettata al legale della ragazza che accusa La Russa

Non manca la stilettata a Stefano Benvenuto, il legale della ragazza che ha accusato La Russa junior di violenza sessuale, per nulla restio a interviste enfatiche su tv e giornali («Stiamo lavorando anche di notte. Ieri sono andato a letto alle 3. L’obiettivo è chiudere il cerchio identificando i soggetti che possano portarci alla verità. Per noi è prioritario. Li stiamo cercando uno ad uno. Questa è una promessa che ho fatto alla famiglia in prima persona»), che sempre al Corriere ha proclamato: «Se c’è una persona coinvolta, e questo lo può sapere solo la persona coinvolta, che venga fuori perché prima o poi noi lo cercheremo. E lo troveremo. Solo che se viene fuori spontaneamente beneficia di tutte le agevolazioni che la legge gli può dare qualora sia circostanziato un reato. Se si nasconde, lo troviamo noi e poi venisse fuori che è stata veramente compiuta un’attività criminale ovviamente sarebbe un po’ più pesante la sua figura». «A volte il silenzio è d’oro – commenta il comunicato dei penalisti -. E questo vale per tutti, compresi noi avvocati».

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1 commento

  1. Luigi Fedrighelli

    Da parte di Tempi mi sarei atteso almeno un riferimento, magari anche fuggevole, all’uso di droga a iosa tra quei giovani, figli di classe dirigente, che dovrebbero essere il futuro di questo Paese. Invece niente.

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