Un altro problema per Joe. Ripartono le carovane di migranti verso gli Usa
15 poliziotti e soldati guatemaltechi sono stati feriti con pietre e bastoni da un migliaio di migranti honduregni e nicaraguensi che erano partiti cinque giorni prima nella prima carovana del 2022 da San Pedro Sula, nel nord dell’Honduras e tra le città più violente al mondo, con l’obiettivo di raggiungere gli Stati Uniti. Le forze dell’ordine del Guatemala hanno bloccato la carovana con la forza alla frontiera, impedendo l’accesso sul suo territorio. Secondo molti degli honduregni consultati, la mancanza di lavoro e l’insicurezza sono le ragioni principali per cui lasciano il loro paese. «Il sogno era quello di arrivare negli Stati Uniti e andare avanti, ma se avessi avuto un’opportunità in Messico, la avrei presa», ha detto all’agenzia spagnola EFE uno dei migranti bloccati al confine che faceva parte della carovana, organizzata sui social network.
«Biden ci farà entrare»
Quello delle carovane, infatti, è diventato un business, con tanto di gruppi su Facebook e su WhatsApp che appaiono giusto il tempo di organizzarle, per poi svanire nel nulla. La prima era partita proprio da San Pedro Sula il 13 di ottobre del 2018, a meno di un mese dalle elezioni USA di MidTerm, un test decisivo per Trump. Due fatti collegati per CNN, New York Times e tutta la sinistra globalista mondiale perché le politiche restrittive di The Donald sui migranti avevano, a detta loro, costretto i migranti a unirsi a migliaia per attraversare, insieme e in sicurezza, centroamerica e Messico con la speranza di arrivare, in gruppi di 3-5mila, negli Stati Uniti di Trump, che aveva chiuso loro le porte in faccia.
Peccato che adesso, con Joe Biden, il fenomeno sia ripreso con ancora più vigore. Basti pensare alla carovana partita pochi giorni prima dell’insediamento del neopresidente statunitense dall’Honduras, lo scorso gennaio, con novemila persone in tutto, un record, all’insegna dello slogan «Biden ci farà entrare».
Il doppio rischio della “carovane dei poveracci”
Il problema più preoccupante oggi è che dietro alle storie tragiche di tanti poveracci, queste carovane nascondono però un rischio doppio. Il primo è la presenza al loro interno di esponenti del crimine organizzato dei cartelli della droga, soprattutto delle temibili “maras”, l’altro che ci siano violenti disposti a seminare il caos una volta arrivati negli Stati Uniti. Questo almeno è il timore del pluripremiato giornalista Douglas Farah – fu lui il primo a denunciare i vincoli tra una ancora quasi sconosciuta Al Qaeda e i traffici di armi e diamanti – ex inviato del Washington Post nella guerra civile in El Salvador, nel Messico degli albori dei cartelli della droga e in molte guerre africane.
Ma Farah denuncia anche che una parte significativa dei finanziamenti alle carovane dei migranti proviene direttamente dal Venezuela: «Abbiamo documentazione che i soldi arrivano dal regime di Nicolás Maduro con il proposito di creare caos alla frontiera con gli USA. Caracas sta vivendo una grave crisi di emigrazione e vuole imporre la contro narrativa che anche da altri Paesi fuggono migliaia di persone per motivi umanitari».
Chi c’è dietro alle carovane
Le prove? È lo stesso Farah a esporle a Tempi. «Sono arrivati in El Salvador funzionari venezuelani di livello molto alto con voli privati di PDVSA, la compagnia statale del petrolio di Caracas, con scatoloni pieni di denaro che poi è stato distribuito anche in Honduras. Per il regime di Maduro portare migliaia di persone tutte insieme negli USA e così creare il caos è uno strumento asimmetrico».
Tra le persone coinvolte in questo business ci sarebbe Bartolo Fuentes, un sindacalista molto legato alle strutture della dittatura venezuelana proprio in Honduras. «È coinvolto – assicura Farah – così come abbiamo le prove del diretto coinvolgimento del regime di Caracas, ovvero tutti i voli privati di PDVSA, quante ore sono stati a terra, le persone alle quali hanno consegnato le casse con i contanti per finanziare la parte logistica di buona parte di queste carovane».
Naturalmente alcune di queste sono spontanee, mentre altre sono invece organizzate da ong e da gruppi politici con differenti finalità. Molti dei migranti che decidono di aggregarsi alle carovane fuggono dalla violenza, dalla disoccupazione e dalla mancanza di qualsiasi prospettiva nei loro paesi d’origine. «Vivono tutti in quartieri di classe medio bassa e quando arrivano là per controllare il territorio i membri delle maras Salvatrucha e del MS13 – questo avviene soprattutto in El Salvador e Honduras, spiega Douglas Farah – ti dicono “se non mi dai tua figlia uccidiamo te e lei”. Ma se la dai, prima la violentano e poi la fanno entrare nella mara».
L’illusione del sogno americano
Cambiare dunque casa? Impossibile perché anche trasferendosi in un altro quartiere, oramai queste due organizzazioni criminali controllano tutto il territorio delle grandi città dei paesi centroamericani. Per questo «non resta che la fuga per salvarsi, anche perché i governi di Honduras, El Salvador e Guatemala sono così corrotti e la Polizia è così infiltrata dalle stesse maras che davvero non ci sono molte alternative». Come sempre in questi casi, spiega l’ex inviato del Washington Post, chi organizza queste carovane racconta ai poveracci che non sono ancora convinti di tentare il “sogno americano” una grande quantità di bugie.
Tre quelle che vanno per la maggiore: «Se portate i bambini non vi succederà nulla, entrerete senza problemi negli Stati Uniti, durante il tragitto avrete cibo, acqua e alberghi dove dormire». Tutte balle legate a un business, quello delle carovane, destinato a dare molti grattacapi a Biden.
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